La poco considerata valenza dell’attestazione SOA ai fini della partecipazione ad una gara pubblica

Sara Cataleta 23/09/13
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La sentenza del Consiglio di Stato n. 974 del 18 febbraio 2013 offre l’occasione per approfondire la questione poco dibattuta della valenza della certificazione SOA ai fini della partecipazione ad una gara. In particolare l’attenzione va posta sulla legittimità o meno dell’esclusione da una procedura di gara di una società o di un Raggruppamento Temporaneo di Imprese per ragioni connesse alla validità dell’attestazione SOA. Più specificatamente, può ad esempio assumere rilievo, soprattutto nella vita pratica delle imprese, comprendere il valore dell’indicazione della certificazione di qualità nell’attestazione SOA, così da predisporre tutta la documentazione amministrativa necessaria ai fini della valida partecipazione alle procedure di gara.

1. Si tratta innanzitutto di valutare quale incidenza abbia l’indicazione della validità del certificato di qualità all’interno dell’attestazione SOA sulla validità delle attestazioni SOA stesse ai fini della partecipazione alle gare pubbliche.
A tal riguardo merita subito rilevare come la giurisprudenza amministrativa che vuole il requisito della qualità comprovato esclusivamente a mezzo dell’attestato SOA debba ritenersi minoritaria e comunque ormai superata. Infatti, più di recente è stato ad esempio affermato che “è onere della stazione appaltante verificare, eventualmente anche tramite l’accesso ai siti ufficiali degli organismi certificatori,l’effettiva vigenza degli attestati e dei documenti presentati in sede di gara”. Nel caso di specie tali verifiche non sono state compiute dalla stazione appaltante, con la conseguenza che “l’omissione della semplice verifica indicata rende illegittima l’esclusione” .
Infatti, l’art. 15, comma V, D.P.R. 34/2000 dispone che la durata dell’efficacia dell’attestazione di qualità aziendale “è pari a cinque anni con verifica triennale del mantenimento dei requisiti di ordine generale, nonché dei requisiti di capacità strutturale di cui all’art. 15-bis”. Inoltre, ex art. 40, comma IX-ter, d.lgs. 163/2006 le SOA che accertino che l’attestazione di qualificazione sia stata rilasciata in difetto dei requisiti prescritti o che i requisiti siano in proseguo venuti meno, hanno l’obbligo di dichiarare la decadenza dell’attestazione (la violazione di tale obbligo delle SOA è sanzionato con la decadenza dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività): in caso di inerzia della SOA soccorre il potere sostitutivo dell’Autorità di vigilanza, che può annullare o sospendere l’attestazione di qualificazione (art. 6, comma VII, lett. m, d.lgs. 163/2006).

Infatti, i soggetti accreditati per il rilascio delle certificazioni di qualità (in Italia il SINCERT) hanno l’obbligo di comunicare all’Autorità, entro cinque giorni, la decadenza della certificazione di qualità ai fini dell’inserimento nel casellario informatico; nel medesimo termine la stessa comunicazione è inviata alle SOA. La regolarità dei certificati di qualità deve essere riscontrata dalle SOA mediante il collegamento informatico con gli elenchi ufficiali tenuti dagli enti partecipanti all’European Cooperation for Accreditation (EA).
Pertanto, se alla data di scadenza della validità della certificazione di qualità la Società SOA, dietro comunicazione del SINCERT, avesse riscontrato il venir meno di tale requisito, avrebbe obbligatoriamente dovuto farne comunicazione all’Autorità di Vigilanza, la quale in mancanza avrebbe dovuto intervenire ex officio. In questa ipotesi sarebbe seguita la decadenza dell’attestazione, ma se ciò non si è verificato (e il SINCERT non ha comunicato alcunché) e l’attestazione non è venuta meno, pur riportando una data di validità della certificazione di qualità ormai scaduta, si deve desumere la piena e totale validità dell’attestazione SOA presentata dalla concorrente, pur se riportante una data di validità della certificazione di qualità scaduta.
Un’ulteriore conferma di quanto appena detto deve rinvenirsi nell’art. 15, comma VIII, D.P.R. 34/2000, il quale statuisce che non costituiscono rinnovo di attestazione e non producono conseguenze sulla durata di efficacia dell’attestazione le variazioni che non producono effetti diretti sulle categorie e classifiche oggetto della relativa qualificazione: dunque, se la variazione di durata della certificazione di qualità non comporta alcun effetto sulle categorie e classifiche oggetto della qualificazione, per cui non costituisce, né implica, un rinnovo dell’attestazione, allora neppure produce conseguenze sulla durata di efficacia dell’attestazione, che, pertanto, resta valida ed efficace, appunto. A ciò si aggiunga che l’attestazione SOA ha un contenuto essenziale (requisiti di ordine generale e di carattere economico-finanziario e tecnico-organizzativo) e un contenuto meramente eventuale (possesso da parte dell’impresa di una certificazione di sistema di qualità ).
Dunque, è illogica e in contrasto con le norme che disciplinano la gara di appalto, e in particolare con l’art. 4 D.P.R. 34/2000, l’esclusione della società che, pur avendo dimostrato il possesso della certificazione di qualità, sia stata estromessa dalla gara di appalto per il solo fatto che l’attestazione SOA non riporta la validità aggiornata della predetta certificazione di qualità : infatti, come emerge in particolare dall’art. 2, lett. i) e l), e dall’ultimo comma dell’art. 4, D.P.R. 34/2000, il possesso di un sistema di qualità aziendale non è accertato ed attestato dalle SOA, bensì dagli appositi organismi di certificazione accreditati ai sensi delle norme europee (in Italia, come detto, il SINCERT), con la conseguenza che l’attestato SOA si limita a riportare la presenza della certificazione di qualità rilasciata dall’organismo competente. L’esibizione di detta certificazione non può non avere una valenza probatoria superiore al mero richiamo contenuto nell’attestato SOA. A fronte di ciò l’amministrazione ha l’onere di effettuare la necessaria attività istruttoria integrativa .
E qui veniamo al secondo punto delle argomentazioni di diritto.

2. In secondo luogo si tratta di considerare quali poteri/doveri abbia una stazione appaltante nella fase della valutazione delle offerte.
In proposito va innanzitutto rilevato come il mancato aggiornamento sull’attestazione SOA della validità della certificazione di qualità non dovrebbe portare all’esclusione del partecipante, ma ad una richiesta di chiarimenti ed integrazioni, ex art. 46 d.lgs. n 163/2006 , con la conseguenza che l’eventuale esclusione dovrebbe ritenersi illegittima, tanto più se il bando di gara risulta lacunoso nella parte in cui nulla dice circa l’ipotesi di attestazioni SOA del tutto valide per la sussistenza dei requisiti alla base, ma riportanti una data di validità della certificazione di qualità non aggiornata, non consentendo in modo esplicito, cioè palesato dal bando stesso, l’integrazione documentale e/o l’autocertificazione. Ed, infatti, non si tratta di un’ipotesi remota, ma anzi assai frequente: avendo le attestazioni SOA validità quinquennale con verifica intermedia triennale, ben può accadere che nel corso dei tre anni taluni requisiti subiscano modificazioni, e non necessariamente in peggio, senza che l’attestazione venga modificata e senza che di fatto incidano in modo significativo sulle attestazioni SOA determinandone la caducazione (si pensi alle inevitabili variazioni di bilancio).
A proposito dell’autocertificazione di cui sopra va, inoltre, sottolineato come ai fini della partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica, la certificazione di qualità e l’attestazione SOA possano essere presentate anche tramite autocertificazione, in adempimento del principio di semplificazione in materia di documentazione amministrativa, risultando, quindi, illegittimo il disciplinare di gara che esclude o non prevede in sede di redazione del bando la possibilità di utilizzare l’autocertificazione in sostituzione delle suddette certificazioni : per orientamento giurisprudenziale ormai consolidato anche le certificazioni di qualità cadono sotto il disposto dell’art. 19 D.P.R. 445/2000 in materia di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, giacché gli organismi deputati a tale certificazione, sebbene di natura privata, rilascerebbero attestazioni aventi contenuto vincolato e rilievo pubblicistico , e che, quindi, il certificato di qualità bene potrebbe essere prodotto in gara tramite una autocertificazione , o, come ritenuto dall’Autorità di vigilanza del settore, tramite copia conforme all’originale. Posto ciò, risulta ulteriormente ed evidentemente illogica ed irragionevole l’esclusione di un concorrente per un difetto formale quale il mancato aggiornamento della validità della certificazione di qualità nell’attestazione SOA, quando non solo avrebbe dovuto essere onere della stazione appaltante verificare il requisito de quo, ma sarebbe stata sufficiente (e necessaria) anche la sola autocertificazione ex D.P.R. 445/2000, nella quale sarebbe stato autocertificato, in rispondenza della verità dei fatti, il possesso valido della certificazione di qualità. Senza poi considerare il caso in cui il concorrente abbia di sua iniziativa fornito a priori la documentazione di integrazione (certificato di qualità valido). A tal riguardo non può non ricordarsi la Deliberazione n. 270 del 26.07.2007 dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, nella parte in cui dichiara: “Con deliberazione n.198/2007 l’Autorità… ha espresso l’avviso secondo il quale, laddove il concorrente… alla data di scadenza per la presentazione delle offerte abbia allegato ai documenti di gara oltre alla copia dell’attestazione SOA riportante l’indicazione del possesso del sistema di qualità scaduta, anche copia conforme della nuova certificazione di qualità in corso di validità, l’impresa… ha adempiuto all’onere di diligenza prescritto dall’Autorità con la citata determinazione n. 29/2001: infatti, la presentazione in gara della copia conforme del nuovo certificato di qualità deve essere interpretato, al di là di una posizione di mero formalismo, come attestante e dimostrativo dell’effettivo possesso del sistema di qualità””. Come sostenuto dalla predetta deliberazione dell’Autorità, ciò non costituisce una violazione del principio della par condicio dei concorrenti, in quanto l’impresa in sede di gara ha dimostrato l’effettivo possesso del sistema di qualità, con la conseguenza che venivano a sussistere i presupposti affinché la Commissione di gara verificasse la sussistenza della certificazione di qualità con gli strumenti a sua disposizione, in adempimento del principio di non aggravamento del procedimento amministrativo ex art. 1, comma II, Legge 241/1990. E veniamo così alla terza questione.

3. In terzo luogo, nell’ambito della questione in esame, è utile ed opportuno ricordare i principi ispiratori dell’attività amministrativa, prima di trarre le dovute conclusioni del caso.
Innanzitutto nel caso di specie viene in considerazione il principio di proporzionalità ed adeguatezza dell’azione amministrativa, per il quale l’amministrazione (la stazione appaltante) deve adottare la soluzione più idonea ed adeguata comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi coinvolti. Ciò comporta che l’amministrazione non può imporre obblighi e restrizioni alle persone (fisiche e giuridiche) in misura superiore, cioè sproporzionata, a quella strettamente necessaria nel pubblico interesse per il raggiungimento dello scopo che l’autorità è tenuta a realizzare. Tale principio discende, ed è perciò strettamente connesso, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.. Ne segue che nel fissare i requisiti di qualificazione e nel valutare le offerte la stazione appaltante non deve operare discriminazioni, illogicità e sproporzioni rispetto all’oggetto dell’appalto: in altri termini non deve restringere oltre lo stretto indispensabile la platea dei partecipanti, così violando l’altro principio dell’azione amministrativa consistente nel c.d. favor partecipationis, a sua volta strettamente connesso al principio di par condicio, di cui all’art. 1 d.lgs. 163/2006.
Nella loro attività le stazioni appaltanti devono, infatti, assicurare il principio di parità (c.d. par condicio) e di non discriminazione, di derivazione costituzionale (art. 3 Cost.), in base al quale esse devono garantire la parità di trattamento dei concorrenti, garantendo la massima partecipazione alla gara (c.d. favor partecipationis). A tal fine le stazioni appaltanti sono tenute a consentire e/a domandare l’integrazione documentale, anche in virtù del principio di non aggravamento di cui all’art. 1 Legge 241/1990: in tal modo viene consentita la regolarizzazione della partecipazione del concorrente alle procedura di gara, nel rispetto dei principi di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa di cui agli artt. 1 legge 241/1990 e 2 d.lgs. 163/2006.
L’integrazione documentale, infatti, non solo è prevista dall’art. 46 d.lgs. 163/2006, in base al quale le stazioni appaltanti invitano ove necessario i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, dei documenti e delle dichiarazioni presentati, ma anche dall’art. 6 della Legge 241/1990 s.m.i. (che, come noto, disciplina il procedimento amministrativo), che prevede che il responsabile del procedimento può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni e istanze erronee o incomplete, potendo altresì esperire accertamenti tecnici e ispezioni e ordinare esibizioni documentali. Pertanto, risulta ulteriormente chiaro e chiarito l’onere della stazione appaltante di procedere alle verifiche del caso. È pur vero che tali compiti del Responsabile del procedimento sono formulati dal legislatore nel senso di una facoltà e non di un obbligo, ma è altrettanto vero che essi diventano obblighi laddove le stazioni appaltanti debbano rispettare il principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost.: infatti, per garantire il buon andamento dell’attività amministrativa la stazione appaltante può e deve permettere e richiedere l’integrazione dei documenti presentati al fine di non pervenire a decisioni illogiche e sproporzionate, così ledendo i principi di parità di trattamento, economicità, massima partecipazione alla gara, adeguatezza e buon andamento dell’azione amministrativa .
Come anche autorevole dottrina sostiene , nell’ambito di una gara di appalto quando un concorrente fornisca una documentazione comprovante il possesso di determinati requisiti ritenuta insufficiente dalla commissione di gara, questa deve richiedere un’integrazione documentale .
Si tenga, infine, conto che l’ammissione dell’integrazione documentale nel corso dell’esame dei documenti di ammissione alla procedura è strettamente collegato al principio della sanabilità delle irregolarità formali di derivazione comunitaria, secondo il quale è consentito attenuare il rilievo di prescrizioni formali che non incidono sull’assetto sostanziale degli interessi coinvolti nella procedura di gara, né alterano le regole riguardanti la par condicio tra i concorrenti. In proposito è di supporto la giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V, 06.09.2005 n. 4559) secondo cui: “…nel caso in cui i documenti prodotti dai concorrenti siano sufficienti a dimostrare il possesso dei requisiti di partecipazione richiesti dal bando di gara, ma manchino soltanto delle precisazioni o chiarimenti relativi al possesso di tali requisiti, oppure un aggiornamento, la commissione non può escludere l’impresa concorrente ma deve richiedere una integrazione documentale poiché è presente la documentazione fondamentale, utile alla dimostrazione del possesso dei requisiti. Per questo motivo la prescrizione contenuta nel bando che esclude il concorrente dalla gara per ogni carenza documentale deve ritenersi riferita soltanto alla documentazione fondamentale ”.

4. In conclusione, considerato quanto sopra, non si può ritenere – a modesto avviso di chi scrive – legittima l’esclusione dalla procedura di gara del concorrente che abbia fornito un’attestazione SOA riportante un’indicazione scaduta della certificazione di qualità, a maggior ragione qualora il ricorrente abbia provveduto all’integrazione documentale e/o all’autocertificazione del caso. Infatti, la certificazione di qualità aziendale deve comunque ritenersi posseduta e comprovata nell’attestazione SOA anche se riportante una validità non più attuale, in quanto tale attestazione non sia stata dichiarata decaduta né dalla SOA né, in sostituzione, dall’Autorità di Vigilanza, non essendo pervenuta alcuna comunicazione da parte del SINCERT della decadenza della certificazione di qualità, come peraltro facilmente verificabile da chiunque sul sito dello stesso organismo. Pertanto, in mancanza di decadenza dell’attestazione SOA e a monte in mancanza della decadenza della certificazione di qualità, anzi in presenza del rinnovo della certificazione di qualità, l’attestazione SOA non può non ritenersi pienamente valida ed efficacie, anche laddove continui a riportare una data di validità scaduta in quanto non ancora aggiornata. Infatti, solo l’esito “negativo” di una verifica della certificazione di qualità costituisce il titolo per l’esclusione dalla gara .
Infatti, il legislatore affida alle SOA il limitato compito di verificare e attestare l’eventuale esistenza della certificazione o dichiarazione di elementi del sistema di qualità, in aggiunta agli altri requisiti, ma non riconosce loro alcuna capacità certificativa in ordine al requisito della qualità aziendale, il che se da un lato fa sì che al fine di ritenere qualificata un’impresa non basta che questa presenti l’attestato di qualificazione della SOA, dovendosi scendere invece all’esame del contenuto dell’attestato e verificare se in esso si verifichi l’esistenza della certificazione di qualità, dall’altro lato è consentito che l’impresa dimostri di avere in itinere l’adeguamento della propria attestazione. L’impresa ha infatti l’onere di attivarsi per gli opportuni adeguamenti dell’attestazione SOA, essendo pacificamente ammessa, se non addirittura richiesta, a livello giurisprudenziale la prova da parte dell’impresa di aver domandato alla società SOA l’aggiornamento dell’attestazione. Ma, come detto sopra, ben si può ritenere e sostenere che tale aggiornamento, seppur utile per la futura partecipazione alle gare, non sia nei fatti indispensabile, per tutte le ragioni già esposte, tra cui principalmente quella per la quale il mancato aggiornamento, e di conseguenza anche la “tardiva” richiesta di aggiornamento, non fanno venir meno l’efficacia dell’attestazione, continuando a sussistere la certificazione di qualità. A ciò si aggiunga il fatto che non a torto potrebbe ritenersi comunque superfluo detto aggiornamento, anche se opportuno e, comunque, consigliato.
La stessa Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici ha affermato con Deliberazione n.139 del 15.05.2002 (e già con determinazione 56/2000) che il possesso del sistema di qualità aziendale si intende dimostrato qualora il relativo certificato o dichiarazione è stato rilasciato da un organismo accreditato.

Sara Cataleta

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