La Cassazione torna sull’intrusione nel sistema informatico

Stefano Aterno 24/04/12
Scarica PDF Stampa
E’ necessario verificare, indipendentemente dalle finalità, eventualmente illecite, perseguite, se vi sia stata da parte degli indagati la violazione delle prescrizioni relative all’accesso ed al trattenimento nel sistema informatico contenute nelle disposizioni organizzative impartite dal titolare dello stesso. La Corte ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare con rinvio proprio per consentire di accertare, escludendo le finalità perseguite dagli agenti, il superamento, su un piano oggettivo, dei limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema”.

Dopo la pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (n. 4694/12 del 27 ottobre 2011) la dibattuta questione dell’intrusione abusiva in un sistema informatico o telematico torna all’attenzione dei giudici di legittimità e questa volta lo fa con riferimento ad una vicenda verificatasi presso l’Agenzia delle Entrate e caratterizzata da accessi abusivi al sistema informatico per il rilascio di codici fiscali fittizi, false certificazioni e truffe perpetrate dal responsabile di una agenzia di pratiche fiscali in concorso con altri.

Con il ricorso per cassazione gli indagati hanno impugnato l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Roma che ha applicato loro la misura degli arresti domiciliari per il reato di accesso abusivo in quanto esso è ravvisabile, secondo il Tribunale, anche quando l’agente, pur titolare di una password di servizio, vi si introduce per finalità estranee alle ragioni di istituto ed agli scopi sottostanti la protezione dell’archivio informatico.

La Suprema Corte nell’esaminare il motivo concernente la sussistenza o meno del delitto di cui all’art. 615 ter cod. pen. richiama brevemente il contrasto giurisprudenziale degli anni scorsi ma soprattutto ricorda come le Sezioni Unite sopra richiamate hanno recentemente composto tale contrasto sottolineando che il dissenso del dominus loci non deve essere desunto dalle finalità che animano la condotta dell’agente bensì dalla oggettiva violazione delle prescrizioni del titolare in ordine all’uso del sistema.

Sostanzialmente, concludono i giudici di legittimità, la motivazione impugnata dalla difesa appare insufficiente e quindi l’ordinanza deve essere annullata con rinvio per un nuovo esame al Tribunale di Roma.

Ciò in quanto, alla luce del principio stabilito dalle Sezioni Unite e posto che i due indagati erano abilitati al rilascio di codici fiscali, è necessario  verificare, indipendentemente dalle finalità, eventualmente illecite perseguite,  se vi sia stata da parte loro la violazione delle prescrizioni relative all’accesso ed al trattenimento nel sistema informatico contenute nelle disposizioni organizzative impartite dal titolare.

Qui il testo integrale della sentenza n. 15054 depositata il 18 aprile 2012

Stefano Aterno

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento