Kazakistan, non c’è solo Alfano: anche la Bonino rischia insieme al governo

Redazione 17/07/13
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Continua a tenere banco il caso del Kazakistan e dell’espulsione di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente Mukhtar Ablyazov, insieme alla figlioletta. Ora, tutti sono in cerca dei responsabili, tra ministeri, uffici di polizia, autorità di pubblica sicurezza e centri di identificazione. Sicuramente, l’esponente più in vista dell’affaire kazako è Angelino Alfano, ma dietro di lui, resta, un po’ in sordina anche il ministro degli Esteri Emma Bonino, meno nell’occhio del ciclone rispetto al collega, ma in qualche modo coinvolta nelal vicenda che sta mettendo in crisi il governo.

Ieri, il titolare del Viminale si è presentato in Senato per negare la propria responsabilità sull’accaduto, additando come unici fautori dell’operazione i funzionari amministrativi e di polizia. Una mossa che ha prodotto, ancor prima di essere realizzata, le dimissioni del capo di Gabinetto del Ministero, Giuseppe Procaccini.

Peccato, però, che a distanza di poche ore, lo stesso Procaccini abbia seccamente smentito Alfano, affermando che il ministro fosse al corrente dei raid eseguiti dalle forze dell’ordine nella villetta nei pressi di Roma, dove si pensava si stesse annidando il dissidente kazako, mentre vi si trovavano soltanto i suoi famigliari.

Come noto, l’input iniziale alla vicenda è arrivato dalle pressioni esercitate dall’ambasciatore kazako in Italia, che avrebbe chiesto a gran voce l’arresto e la deportazione dell’avversario politico del presidente-dittatore in carica Nazarbayev. Un’operazione lampo, concentrata in pochissimi giorni nei quali sono stati eseguiti due blitz nella villa romana, con arresto e separazione forzata della madre dalla figlia, prima dell’espulsione che ne ha favorito il rimpatrio il 3 giugno.

La posizione ufficiale del governo è “nessuno sapeva”, ma in realtà basta vedere la velocità con cui tale pratica è stata evasa per comprendere come, assai difficilmente, un dirigente o responsabile abbia potuto muoversi in libertà su un terreno così scivoloso senza avere il completo appoggio politico.

Dunque, naturale che il primo indiziato sia lo stesso Alfano, ministro degli Interni e autorità massima per la sicurezza sul territorio nazionale, nonché deputato al controllo degli ingressi e in grado di ratificare i provvedimenti di espulsione. 

Alcuni, però, iniziano a puntare il dito contro Emma Bonino, ministro degli Esteri rimasta a lungo silente sulla faccenda, al punto da non presenziare, ieri sera, alle dichiarazioni di Alfano a palazzo Madama. Mentre è noto come la Farnesina non abbia competenza in materia di espulsioni, si difende l’esponente radicale affermando che l’unico potere che avrebbe avuto in tutta la faccenda sarebbe stato quello di attestare l’immunità diplomatica di Alma Shalabayeva.

In realtà, però, l’accondiscendenza dell’apparato statale a un ambasciatore straniero, chiama in causa anche il responsabile dei rapporti con quel dato Paese, che vede una delle sue dirette e naturali controparti insinuarsi con preoccupante spazio di libertà tra le istituzioni nazionali e in grado di chiedere -e ottenere – lo svolgimento di azioni al limite della legalità.

Così, ora, a tremare non è solo Angelino Alfano, per il quale è in arrivo la mozione di sfiducia dei grillini, cui alcuni senatori del Pd potrebbero votare a favore – sempre più largo il fronte dei renziani avversi all’ex Guardasigilli – ma anche la leader radicale: una posizione ingombrante, che mette sempre più in pericolo la tenuta del governo di Enrico Letta.

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