Dunque la patata bollente, perché di questo si tratta, se la ritrova fra le mani Maria Chiara Carrozza il nuovo ministro dell’Istruzione che dovrà decidere come procedere su questa tematica così complessa e delicata. Lo sciopero fissato dai Cobas contro le prove Invalsi in corso, oggi per la scuola secondaria di primo grado e il 16 maggio per quella di secondo, ha ottenuto una percentuale minima di adesioni da parte degli insegnanti, meno dell’1%.
Tuttavia ciò che pesa negativamente è l’umore nelle scuole, dal momento che se la somministrazione dei test è obbligatoria è altrettanto vero che numerosi insegnanti non condividono le finalità del test Invalsi, che privilegiano un lavoro sul successo del test e non sull’apprendimento, e molti genitori pongono l’attenzione sul nuovo aggravio di impegni per i ragazzi, che sono visti recapitare anche la richiesta di un contributo per l’acquisizione di test preparatori.
Il ministro, al momento, è cauto; va ridimensionato l’impatto che si attribuisce al test Invalsi, ha affermato ” è un test di valutazione che verrà usato anche per finalità conoscitive, per capire il mondo della scuola e le sue peculiarità territoriali”. Il mezzo da impiegare per poter riaprire il provvedimento che disegna il sistema nazionale è fornito da quei rilievi sollevati dalle commissioni parlamentari, dal Consiglio di stato e dal Cnpi e che il governo Monti, in sede di approvazione del decreto, ha in gran parte ignorato.
Ad esempio il ruolo dell’Invalsi, la marginalizzazione degli ispettori, e la scarsa revisione degli obiettivi di apprendimento che valorizzino la personalizzazione dell’apprendimento, ma anche la confusione tra valutazione del sistema e valutazione dei dirigenti delle scuole. Quale debba essere il prossimo futuro della valutazione in Italia è ancora da definire.
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