(Ecco i dati del precedente Osservatorio sul precariato)
I dati fotografano le tendenze occupazionali dei soli dipendenti del settore privato, esclusi i lavoratori domestici e gli operai agricoli. A differenza dei numeri forniti dal Ministero del Lavoro (ricavati dalle comunicazioni obbligatorie) quelli dell’Istituto di previdenza comprendono anche le missioni presso i soggetti utilizzatori nell’ambito dei contratti di somministrazione di lavoro.
Il dato che balza subito all’occhio è la crescita delle assunzioni a tempo indeterminato. Nel primo quadrimestre 2018 sono stati attivati 443 mila nuovi “posti fissi” rispetto ai 426 mila dello scorso anno, segnando un +4%.
A crescere sono anche le trasformazioni a tempo indeterminato. Nei primi quattro mesi del 2017 si erano attestate sulle 95 mila unità, quest’anno si è arrivati a 160 mila (+68%), nonostante ci sia stato un rallentamento dai 57 mila rapporti trasformati a gennaio rispetto ai 38 mila di aprile.
Se i dati sulle assunzioni e trasformazioni a tempo indeterminato sono positivi, lo stesso non si può dire dell’impatto che fin qui ha avuto l’esonero triennale giovani. Introdotta con la L. 205/2017 (cosiddetta Legge di Bilancio 2018) l’agevolazione ha l’obiettivo di promuovere l’occupazione giovanile “stabile”, dal momento che possono farne richiesta solo i datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato soggetti che non abbiano compiuto i 30 anni di età (per il solo 2018 il limite sale a 35 anni). Il giovane, che non deve essere mai stato occupato a tempo indeterminato presso qualsiasi datore, porta in dote a chi lo assume una riduzione del 50% dei contributi previdenziali carico azienda per 36 mesi, sia pure nel limite massimo di 3 mila euro annui. Come denunciato nel precedente Osservatorio, l’esonero sembra aver attecchito poco nel tessuto produttivo italiano se è vero che sulle 604 mila assunzioni / trasformazioni avvenute nei primi quattro mesi dell’anno in appena 38 mila casi si è richiesto lo sgravio (6,34%).
Rimanendo sulle giovani generazioni, scende il numero di aziende che stabilizza gli apprendisti a tempo indeterminato: 28 mila nel primo quadrimestre 2017 contro i 22 mila del 2018 (-19,5%). In controtendenza i nuovi rapporti di apprendistato: da gennaio ad aprile ne sono stati attivati 106 mila rispetto ai 92 mila del 2017 (+14,5%). Un dato che comunque fa ben sperare per il futuro.
Nonostante crescano indeterminati ed apprendisti, non si arresta l’avanzata dei rapporti “precari”. Nei primi quattro mesi dell’anno sono stati attivati 1 milione e 36 mila contratti a termine (+8,6% rispetto al 2017). Nel frattempo, i rapporti di lavoro intermittente toccavano le 187 mila unità in aumento dell’11% contro lo stesso periodo dello scorso anno.
Interessante il balzo dei contratti di somministrazione. Sebbene il dato non sia arricchito dalla distinzione tra indeterminati e a termine (idem per gli intermittenti), nel periodo gennaio – aprile sono state attivate 480 mila somministrazioni a fronte delle 390 mila del 2017 (+23%). Sintomo che cresce l’interesse delle aziende verso meccanismi professionali di incontro tra domanda ed offerta di lavoro.
Capitolo a parte il nuovo lavoro occasionale. Nonostante stia per festeggiare il primo anniversario il ricorso all’erede dei voucher è modesto: nei primi quattro mesi del 2018 il numero di lavoratori impiegati con i Contratti di Prestazione Occasionale si è attestato tra le 15 mila e le 19 mila unità con un importo medio mensile lordo pari a circa 253 euro.
Per coloro che vengono invece pagati con il Libretto di Famiglia ad aprile si è superata quota 6 mila rapporti con un importo mensile lordo di euro 325.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento