Il segretario comunale serve? Il caso di Roma

Scarica PDF Stampa
Un’interrogazione parlamentare chiede al Ministro degli Interni di conoscere quali provvedimenti il Governo intende adottare per la mancata nomina del segretario generale del comune di Roma, perché tale figura è indispensabile per il funzionamento della macchina amministrativa. A presentare l’interrogazione è stato il deputato Michele Anzaldi, il cui partito (Pd) ha votato compatto per l’abolizione del segretario. A rispondere al quesito sarà quel Governo che ha approvato, in prima lettura, il decreto legislativo che, nelle grandi città, sostituisce la figura del segretario comunale, con un soggetto scelto dal sindaco, fuori anche dal ruolo dei dirigenti locali.

Totò ne era sicuro: la serva serve. Ed il segretario comunale? Nel Pd il dubbio esiste. Il deputato, Michele Anzaldi, che verosimilmente ha votato, insieme a tutto il suo partito, in maniera compatta, per l’abolizione del segretario comunale, ha presentato un’interrogazione urgente sul ritardo con il quale la sindaca Raggi sta selezionando questa figura.

Giacché il Comune di Roma attualmente risulta sprovvisto di tale figura nonostante il bando sia scaduto e i termini di nomina previsti dall’articolo 99 del Tuel stiano per terminare (non oltre 120 giorni dall’insediamento del sindaco), il buon Anzaldi scrive al Ministro dell’Interno, rilevando che “Una città come Roma necessita di tale figura in quanto indispensabile per il funzionamento della macchina amministrativa questione emersa nella sua drammaticità anche a mezzo stampa con i dirigenti impossibilitati a svolgere il proprio lavoro con conseguenze che si ripercuotono sulla quotidianità dei cittadini. L’attuale amministrazione sembrerebbe concentrare la propria attenzione esclusivamente sugli uffici di diretta collaborazione trascurando aspetti ben più rilevanti come appunto al scelta del segretario generale”.

In effetti, la presenza di una figura come il segretario generale sarebbe stato molto utile al neosindaco pentastellato, Virginia Raggi, anche per evitare di incorrere in errori dovuti all’inesperienza o all’affidarsi a soggetti con poca dimestichezza a districarsi all’interno dell’ordinamento degli enti locali.

L’interrogazione termina con la richiesta di conoscere se il Governo sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative intenda assumere al fine di monitorare con attenzione tale criticità e come intende verificare il corretto funzionamento della macchina amministrativa della capitale.

Qualcuno avrebbe dovuto avvertire Anzaldi, che evidentemente ha a cuore le sorti di Roma, che quel Governo cui si è appellato è lo stesso che ha recentemente esitato una riforma della pubblica amministrazione che prevede, oltre all’abolizione della figura del segretario comunale, anche un grande ruolo per i dirigenti scelti direttamente dal sindaco.

Il segretario comunale è una figura da sempre presente negli enti locali e rappresenta l’evoluzione storica della figura del cancelliere del comune, sorta in età comunale e mantenutasi fino all’epoca moderna. Una figura analoga era già presente in tutti gli stati italiani preunitari.

Con la legge 15 maggio 1997, n. 127, la cosiddetta Legge Bassanini, la nomina del segretario comunale e provinciale è divenuta una prerogativa del sindaco e del presidente della provincia che hanno la possibilità di selezionarlo nell’ambito di un albo appositamente istituito.

L’iscrizione all’albo avviene unicamente in seguito ad un corso al quale si accede per concorso pubblico. Al termine del corso c’è un esame finale che dà titolo all’iscrizione all’albo, per la fascia di comuni fino a tremila abitanti. Dopo due anni di esperienza nei piccoli comuni si acquisisce il diritto a partecipare ad un corso-concorso per il passaggio alla fascia demografica superiore. Due anni in un comune tra 3.000 e 10.000 abitanti e poi si può assumere la titolarità dei comuni fino a 65.000 abitanti. Dopo due anni in una segreteria generale si può partecipare al terzo corso-concorso per accedere ai comuni più grandi ed ai capoluoghi di province.

Un percorso formativo che ha pochissimi uguali nella pubblica amministrazione.

Nella relazione della Commissione di studio su trasparenza e corruzione nella P.A. (30 gennaio 2012), veniva riconosciuto come “il Segretario è sempre stato anche strumento di garanzia della legalità e dell’imparzialità nelle amministrazioni locali … l’affidamento dei nuovi compiti anticorruzione non farebbe che esaltare questo ruolo”. La Commissione, inoltre, rimarcava la necessità di apportare alcune modificazioni alla vigente disciplina dello status del Segretario comunale e provinciale al fine di garantire in maggior misura la sua posizione d’indipendenza, ed inoltre “oltre ad una rivisitazione specifica dei compiti e dei doveri di comportamento, si dovranno rivedere le procedure di nomina al fine di ridurne l’attuale tasso di fiduciarietà ed ancora la legge deve prevedere che il piano possa stabilire l’attribuzione al Segretario, per specifici settori di amministrazione, di più penetranti poteri di controllo di legittimità e regolarità amministrativa”.

A pensarla come l’interrogante Anzaldi sono stati tantissimi sindaci, moltissime giunte e consigli comunali, i consigli regionali di Lombardia, Liguria, Campania, Marche, Basilicata, Toscana e Sicilia, oltre che docenti universitari ed esponenti politici di diversi schieramenti.

A non condividere il pensiero dell’interrogante Anzaldi (oltre che, forse, lo stesso Anzaldi, che potrebbe avere votato la legge delega di abolizione) sono, però, il partito di Anzaldi (Pd), la maggioranza che appoggia il Governo, il Consiglio dei Ministri e, soprattutto, Matteo Renzi.

Il Parlamento ha approvato la legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche) che prevede l’abolizione dei segretari comunali e provinciali. L’attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo della legalità dell’azione amministrativa viene demandata ai “dirigenti apicali”, che avranno anche la funzione rogante.

La norma prevede anche la possibilità, per le città metropolitane e i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, di nominare, in alternativa al dirigente apicale, un direttore generale, in tale ipotesi, la funzione di controllo della legalità dell’azione amministrativa e della funzione rogante a un qualsiasi dirigente di ruolo.

Recentemente il Governo ha approvato, in prima lettura, il decreto legislativo, attuativo della riforma Madia, che istituisce il Ruolo dei dirigenti locali, ed abolisce la figura del segretario comunale e provinciale, con la correlata soppressione del relativo albo.

Al posto del segretario comunale, i Comuni avranno il “dirigente apicale”, selezionandolo all’interno del Ruolo dei dirigenti locali.

I segretari comunali e provinciali già iscritti nell’albo nazionale nelle fasce professionali A e B confluiranno nel Ruolo dei dirigenti locali (quelli di fascia C e i vincitori dei concorsi da segretario saranno inseriti in servizio per due anni come funzionari).

Nei grandi comuni con popolazione di almeno 100.000 abitanti e nelle città metropolitane (Roma su tutte) il comando della burocrazia sarà assunto da un uomo di fiducia del primo cittadino.

Non sarà obbligatorio nominare né il segretario comunale (ormai scomparso) ma nemmeno un dirigente apicale selezionato all’interno del Ruolo dei dirigenti locali.

A quel punto, forse, molti deputati, come Anzaldi, si accorgeranno che il segretario comunale è come la serva: serve.

 

Luciano Catania

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento