Il principio di pareggio del bilancio in Costituzione

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La crisi economica globale ha portato forti turbamenti all’interno delle democrazie europee, mettendo a dura prova l’azione e la credibilità dei governi (veri protagonisti di questa delicata fase storica a discapito dei parlamenti), a causa degli umori e mal di pancia dei mercati finanziari.

Sia in paesi con una stabilità finanziaria claudicante come Grecia e Spagna, sia nei paesi con situazioni economiche più floride e avanzate, come la Gran Bretagna, abbiamo assistito a preoccupanti violenze di piazza, con protagonisti soprattutto studenti, giovani lavoratori e operai, categorie sulle quali la crisi ha colpito maggiormente.

L’Europa, meno che mai unita, si è piegata alla prassi dei vertici bilaterali e ha cercato, con misure precarie, di tamponare il più possibile le cicliche crisi dei debiti sovrani .

Impegnarsi in una più rigorosa gestione dei conti pubblici si è mostrata un’impellente necessità e alcuni stati, tra cui la virtuosa Germania, hanno voluto adottare, nelle loro carte costituzionali, il principio di stabilità di bilancio.

Tale principio non è nuovo nell’ordinamento europeo, in quanto è espressamente citato nell’art. 310 del TFUE ( Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea) in tema di disciplina di bilancio dell’Unione, e comporta un sostanziale pareggio tra entrate e stanziamenti di pagamento.

In Italia, è stato introdotto con la legge costituzionale del 20 aprile 2012 n. 1, che va a novellare gli artt. 81, 97, 117 e 119 della Costituzione.

In base alla nuova normativa, sono stati imposti non solo allo Stato, ma anche alle Regioni, ai Comuni, alle Province e alle città Metropolitane, nonché alla Pubblica Amministrazione, una serie di vincoli sulla gestione delle risorse pubbliche, che culminano nel massimo divieto ( o massima di buon senso?) di spendere più di quello che effettivamente si ha nelle proprie casse.

Quando si discute di parità di bilancio, ci troviamo di solito nel campo della disciplina delle S.p.a, S.r.l e S.a.p.a, che devono, a tale scopo, sottoporre i propri bilanci al controllo di società di contabilità esterne.

Nel campo invece della “pubblica ricchezza”, il controllo del rispetto di tale vincolo è affidato al Parlamento, coadiuvato in questa azione di controllo dalla Corte dei Conti, che dovrà approvare la legge di bilancio con maggioranza assoluta ( metà più uno dei membri di ciascuna camera rappresentativa ).

Lo Stato e gli altri enti pubblici potranno eludere tale ostacolo solo in quelle ipotesi che la legge costituzionale chiama ‘casi avversi’, individuati nei periodi di crisi finanziarie, recessioni economiche e calamità naturali, che una legge ordinaria rafforzata provvederà a definire più nel dettaglio, determinando anche i limiti massimi entro i quali si potranno aumentare la quantità di spesa.

Riguardo le Regioni, la novella legislativa andrà ad incidere ulteriormente sulla loro disponibilità di spese, già fortemente vincolata dal patto di bilancio interno ( introdotto con la legge 23 dicembre 1998, n. 448 ) e non potrà da solo risolvere i gravi problemi di bilancio che alcune regioni, come Lazio e Lombardia, presentano.

Nel campo della Pubblica Amministrazione, le nuove norme andranno ad inserirsi in un quadro in cui dominavano già da tempo i principi di economicità, efficacia ed efficienza, e più che rinnovare, avrà un’azione di rinforzo dell’operatività di tali principi.

Si discute dell’opportunità di istituire un’autorità garante ( l’ennesima?), che provvederà a punire gli enti poco virtuosi. E’ chiaro che, per rispettare la parità di bilancio, bisognerà controllare a scadenze periodiche l’andamento della spesa pubblica ed intervenire puntualmente, altrimenti le nuovo norme costituzionali saranno state scritte inutilmente. Ma è proprio necessario affidare tale compito ad un’autorità garante, definita ‘indipendente’ anche se di nomina governativa, che andrà a gravare, come tutte le altre autorità indipendenti, sul bilancio pubblico?

Ma ci sarà tempo per dipanare tutti i dubbi, visto che il principio sarà operativo dal 2014. Per ora l’Italia seguirà l’austerità tanto voluta dalla Germania, che da anni ci rimprovera di essere pochi seri nelle nostre scelte economiche. Speriamo si ricreda negli anni a seguire.

Valeria De Luca

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