I giudici Tar e quel diritto di elettorato negato…

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Fra qualche mese verrà eletto il nuovo giudice costituzionale espresso dalla giustizia amministrativa.

Come la magistratura ordinaria e quella contabile, anche la magistratura amministrativa sarà chiamata ad esprimere un componente della Corte Costituzionale, e l’art. 2 comma 1 lett b) della legge 11 marzo 1953 n. 87) rimette detta elezione ad “un collegio del quale fanno parte il Presidente del Consiglio di Stato, che lo presiede, i presidenti di sezione ed i consiglieri del Consiglio di Stato”.

A differenza di tutti gli altri magistrati italiani, solo ai magistrati dei TAR non viene riconosciuto espressamente né il diritto di elettorato attivo né il diritto di elettorato passivo.

La norma – nella logica per la quale sono le magistrature superiori ad esprimere la nomina dei rispettivi giudici costituzionali – risale infatti ad un’epoca precedente all’istituzione dei Tribunali Amministrativi regionali, quando la giurisdizione amministrativa era esercitata dal solo Consiglio di Stato.

Ancora oggi, dunque, a oltre quarant’anni dall’istituzione dei TAR, e dalla creazione di un sistema ordinario di giustizia amministrativa, decentrata sul territorio ed articolata secondo il principio del doppio grado di giurisdizione, la nomina del giudice costituzionale, espressione della giurisdizione amministrativa, avviene come se i Tribunali Amministrativi regionali non fossero mai nati e non costituissero il cuore vitale e pulsante della giustizia dell’amministrazione.

Insomma, per la composizione della Corte Costituzionale, i giudici TAR non esistono!

Eppure, per tante altre disposizioni dell’ordinamento giuridico precedenti all’istituzione dei Tribunali amministrativi regionali ( a partire dalle norme sulla nomina dei giudici della Commissione tributaria centrale, o per le norme sulla composizione di diverse commissioni e organismi) contenenti esplicito riferimento ai consiglieri di Stato come soggetti legittimati , è prevalsa nel tempo, correttamente, un’interpretazione estensiva che tiene conto della nuova dimensione della giustizia amministrativa e della piena equiparazione di stato giuridico sussistente fra consiglieri di Stato e consiglieri di TAR.

Si dirà che i TAR non costituiscono una magistratura superiore.

L’assunto è opinabile.

Come i giudici contabili, anche tutti i giudici TAR sono selezionati attraverso un rigoroso concorso di secondo grado, dopo essere stati già magistrati ordinari o avvocati dello stato o dirigenti delle pubbliche amministrazioni.

E, soprattutto, non si comprende come il sistema normativo possa conservare la sua razionalità dopo la recente sentenza della stessa Corte Costituzionale (sentenza 21 ottobre 2011 numero 273) che ha inteso ribadire la separazione rigida dei ruoli fra giudici Tar e consiglieri di Stato e la diversità ontologica dei primi rispetto ai secondi.

Giudici puri, e soltanto giudici, i giudici Tar. Giudici e consulenti i consiglieri di Stato.

L’essere giudici e soltanto giudici diventa, nella surreale visione della richiamata pronuncia, un gap, una lacuna nella formazione e nella professionalità, tale da giustificare il mancato riconoscimento dell’anzianità di ruolo maturata in primo grado al giudice di TAR che assume le funzioni di giudice d’appello.

Come se a un giudice ordinario che passi dal tribunale ad esercitare le proprie funzioni presso una corte d’appello qualcuno, con un colpo di spugna o con una bacchetta magica, cancellasse di botto tutta l’anzianità e l’esperienza e la professionalità maturate negli anni!

Un giudice è sempre un giudice, sia che faccia il giudice di prime cure sia che faccia il giudice di appello. Indosserà sempre la stessa toga, sempre la stessa casacca…

A meno che, non diventi consigliere di Stato, perché allora cambierà natura, età, anzianità e diritti…

Se la diversità ontologica, diventando giustificazione della separazione dei ruoli e dell’azzeramento dell’anzianità, deve disegnare i TAR ed il Consiglio di Stato come due mondi diversi, secondo quale logica i TAR devono essere privati del diritto di elettorato attivo e passivo per la nomina del giudice della Corte Costituzionale?

E come è possibile, invece, riconoscere il diritto di elettorato a consiglieri di stato di nomina politica o persino ai componenti laici del Consiglio di Giustizia della regione Sicilia, di nomina politica regionale?

La riforma del sistema ordinamentale della giustizia amministrativa , anche sotto tale profilo, non può attendersi oltre.

La speranza, nel frattempo, è che questa anomalia possa trovare rimedio attraverso una interpretazione diversa del dato normativo, coerente con l’equiparazione normativa di stato giuridico già esistente fra consiglieri di stato e consiglieri di Tar ( che deve comprendere anche i diritti di elettorato attivo e passivo). E che, comunque, l’esperienza e la specificità delle professionalità maturate nei Tribunali amministrativi regionali possano comunque avere accesso alla Corte Costituzionale attraverso la prossima elezione di un consigliere di stato proveniente per anzianità dai ruoli dei Tar.

Articolo pubblicato su ItaliaOggi numero 236 pag. 38 del 04/10/2012

Giampiero Lo Presti

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