Non è raro, in effetti, che la gestione in perdita di un servizio non sia frutto di inefficienze o di scelte decisionali avventate, ma sia un fenomeno conseguente alla natura stessa del servizio che, presentando margini ridotti o inesistenti di redditività economica, non è in grado di consentire al socio pubblico la benché minima remunerazione del capitale investito.
In questo frangente, l’impiego di risorse pubbliche richiede l’osservanza di particolari cautele, che oltretutto accentuano la responsabilità di vigilanza e di controllo in capo all’ente locale nella gestione dei rapporti con gli organismi partecipati, ormai da anni al centro dell’attenzione da parte della magistratura contabile.
Con la delibera in commento, la Sezione veneta osserva che un organismo strumentale preposto alla gestione di attività o servizi non remunerativi può prefiggersi l’obiettivo di perseguire obiettivi di promozione economica e sociale a vantaggio dell’intera collettività, ma in tal caso non è affatto sufficiente che l’amministrazione locale sia in grado di sopportarne i relativi oneri senza pregiudizi per il relativo equilibrio finanziario e patrimoniale.
Tale presupposto, ovviamente, ha carattere pregiudiziale al disimpegno del servizio, ma deve essere necessariamente accompagnato, secondo il collegio, da approfondite valutazioni in merito alla coerenza dell’attività gestionale, con specifico riguardo ai seguenti parametri:
– la missione istituzionale dell’ente;
– l’effettiva produzione di servizi di interesse generale, nonché in merito al relativo rapporto costi/benefici;
– l’appropriatezza del modulo gestionale;
– la comparazione con i vantaggi/svantaggi e con i risparmi/costi/risultati offerti da possibili moduli alternativi;
– la capacità della gestione di perseguire in modo efficace, economico ed efficiente, in un’ottica di lungo periodo, i risultati assegnati, anche in termini di promozione economica e sociale.
La Sezione aggiunge che non si può prescindere da “un costante e attento monitoraggio in ordine all’effettiva permanenza dei presupposti valutativi che hanno determinato la scelta partecipativa iniziale nonché da tempestivi interventi correttivi in reazione ad eventuali mutamenti che intercorrano, nel corso della vita dell’organismo, negli elementi originariamente valutati”.
Un monitoraggio di questo tipo sulla gestione esternalizzata presuppone un diligente esercizio dei compiti di vigilanza, d’indirizzo e di controllo per l’intera durata della partecipazione, e non soltanto a posteriori, come si verifica con l’esame del bilancio a fine esercizio.
Da questo punto di vista, la Corte dei Conti ha svolto negli ultimi anni un efficace ruolo di sentinella che ha intuito anzitempo l’importanza del corretto esercizio delle prerogative legate alla qualità del socio pubblico, anticipando gli obblighi di controllo imposti dal legislatore sulle partecipate non quotate con l’articolo 147 quater del TUEL introdotto con il DL 174/2012, convertito nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, che ha appunto rafforzato il sistema dei controlli interni ed esterni alla PA, con l’obiettivo di ridurre i costi della politica regionale e di consolidare i conti pubblici garantendo il pareggio di bilancio.
È chiaro che un siffatto genere di controllo non può essere esercitato dagli organi di governo locale senza l’ausilio di una struttura ad hoc altamente qualificata, preposta alla gestione dei rapporti con le partecipate.
La delibera in esame rileva, sul punto, “l’esigenza di prestare particolare attenzione allo sviluppo di strutture organizzative e di professionalità interne capaci di consentire all’ente un adeguato espletamento delle funzioni sopra richiamate, grazie anche ad un efficace supporto agli organi di governo nell’esercizio delle attività di loro competenza nonché all’impiego di idonei strumenti di corporate governance”.
A riprova di ciò, la Sezione richiama un orientamento consolidato della magistratura contabile, secondo cui secondo cui dalla trasgressione degli obblighi di controllo e dal perdurare di scelte irrazionali e antieconomiche può scaturire una responsabilità per danno erariale dei pubblici amministratori (CdC, sez. giurisdiz. Umbria, sentenza n. 354/2006).
Di ciò dovrebbero tenere conto, evidentemente, gli enti locali titolari di partecipazioni societarie, nel delicato compito di disegnare la macrostruttura più idonea al disimpegno delle relative finalità istituzionali.
SCARICA LA DELIBERAZIONE N. 259/2915 , CORTE DEI CONTI, SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL VENETO
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