Ebbrezza: osservata e giudicata per due diversi comportamenti dalla Cassazione

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La Corte di Cassazione sezione IV nella giornata del 10 luglio 2015 ha emesso due sentenze correlate da un unico filo comune, l’ebbrezza, osservata e giudicata per due diversi comportamenti e fattispecie.

Nel primo caso, con la sentenza n. 29799, si giudicava il conducente di un veicolo, al quale si chiedeva l’esenzione della responsabilità in caso di incidente stradale con investimento di un pedone la cui condotta configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l’evento.

Ciò che può ritenersi, nei confronti del conducente del veicolo investitore e nella sua condotta sia generica che specifica, è che per motivi a lui estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile. Certamente il comportamento nel caso di specie del pedone rende nulla la responsabilità dalla condotta del conducente ed operante in assoluta autonomia rispetto delle norme sulla circolazione stradale.

Nel secondo caso, la sentenza n. 29904, si rifà alla guida in stato di ebrezza. È un caso che farà specie, in quanto si analizza la mancanza di diligenza incide sulla valutazione della colpevolezza da parte dell’utente della strada, il quale deve comunque evitare di assumere bevande contenenti alcool.

Nel caso di specie, peraltro, non è contestato il fatto che l’esito dell’alcoltest sia risultato positivo e neppure è contestato il buon funzionamento dell’apparecchiatura. Pertanto ininfluente risulta il fatto che l’imputato abbia assunto sostanze alcoliche in quanto contenute in un analcolico da lui assunto dato che, considerata la prevedibilità dell’assorbimento e il divieto per motivi di salute dell’assunzione, non ha messo in atto le regole di diligenza gli avrebbero dovuto consigliare di non porsi alla guida del veicolo onde evitare comunque di incorrere nella commissione del reato.

Leggendo la prima sentenza mi corre l’obbligo di riportare quanto sentenziato, è importante la parte nella quale i Giudici affermano che del resto, può incidentalmente osservarsi, ad apparire del tutto implausibile è piuttosto la tesi del ricorrente, secondo cui, pur nell’ipotesi in cui il conducente avesse costantemente prestato attenzione sul suo lato destro, egli potrebbe non essersi accorto dell’anziana donna in quanto proveniente da un imprecisato punto della zona e procedente in linea con il montante destro dell’autobus, tanto da risultare invisibile all’autista.

È infatti da ritenere inverosimile che possa esistere una parte dell’area da cui l’autobus si muove e in particolare di quella posta a destra dello stesso dal quale salgono e scendono i passeggeri che l’autista non possa avere sotto il pieno controllo attraverso parabrezza, finestrini e specchio retrovisore.

A fortiori privo di pregio è poi l’assunto secondo cui il conducente non potesse nell’occorso comunque condursi diversamente da come ha fatto e in particolare non potesse non procedere in avanti, sia pure a passo d’uomo, per liberare la corsia d’uscita dal terminal bus e dare spazio agli altri mezzi in continua entrata e uscita.

È appena il caso di rilevare in proposito che una siffatta esigenza di traffico veicolare è ovviamente del tutto recessiva rispetto a quella di tutela della vita e incolumità delle persone e non potrebbe giustificare di per sé una carenza di attenzione e cautela a garanzia di tali valori primari: essa comunque non avrebbe reso impossibile né pericoloso anche un arresto emergenziale del mezzo nel momento in cui fosse stato avvertito per tempo il pericoloso avvicinarsi alla sede stradale del pedone.

Alla luce delle esposte sussidiane considerazioni appare evidente che le dichiarazioni rese dal conducente non fanno altro che confermare quella che è la più probabile e anzi l’unica logica e plausibile spiegazione dell’accaduto e con essa anche, come detto, la colpa del conducente medesimo, in mancanza di emergenza o allegazione alcuna di una condotta assolutamente abnorme e imprevedibile dell’anziano pedone: abnormità e imprevedibilità anzi nel descritto contesto assai difficilmente ipotizzabile se non anzi da escludere.

Mette conto rammentare al riguardo che il dovere di attenzione del conducente teso all’avvistamento del pedone trova il suo parametro di riferimento (oltre che nelle regole di comune e generale prudenza) nel principio generale di cautela dettato dall’art. 140 cod. strada che informa la circolazione stradale e si sostanzia, essenzialmente, in tre obblighi comportamentali: quello di ispezionare la strada dove si procede o che si sta per impegnare; quello di mantenere un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada e del traffico; quello, infine, di prevedere tutte quelle situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada (in particolare, proprio dei pedoni) (cfr., per riferimenti, Sez. 4, n. 33207 del 02/07/2013, Corigliano, Rv. 255995). Trattasi di obblighi comportamentali posti a carico del conducente anche per la prevenzione di eventuali comportamenti irregolari dello stesso pedone, vuoi genericamente imprudenti (tipico il caso del pedone che si attarda nell’attraversamento, quando il semaforo, divenuto verde, ormai consente la marcia degli automobilisti), vuoi in violazione degli obblighi comportamentali specifici, dettati dall’art. 190 cod. strada. Il conducente, infatti, ha, tra gli altri, anche l’obbligo di prevedere le eventuali imprudenze o trasgressioni degli altri utenti della strada e di cercare di prepararsi a superarle senza danno altrui (Sez. 4, n. 1207 del 30/11/1992, dep. 1993, Cat Berrò, Rv. 193014).

Ne discende che il conducente del veicolo può andare esente da responsabilità, in caso di investimento del pedone, non per il solo fatto che risulti accertato un comportamento colposo (imprudente o in violazione di una specifica regola comportamentale) del pedone (una tale condotta risulterebbe, invero, concausa dell’evento lesivo, come anche nella specie ritenuto, penalmente non rilevante per escludere la responsabilità del conducente: cfr. art. 41, comma primo, cod. pen.), ma occorre che la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l’evento (cfr. art. 41, secondo comma, cod. pen.).

Ciò che può ritenersi solo allorquando il conducente del veicolo investitore (nella cui condotta non sia ovviamente ravvisabile alcun profilo di colpa, vuoi generica vuoi specifica) si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile. Solo in tal caso, infatti, l’incidente potrebbe ricondursi, eziologicamente, proprio ed esclusivamente alla condotta del pedone, avulsa totalmente dalla condotta del conducente ed operante in assoluta autonomia rispetto a quest’ultima.

Condizione quest’ultima certamente insussistente nel caso di specie, quanto meno e in via assorbente per le stesse caratteristiche del luogo, di per sé deputato, come s’è ripetuto, alla presenza e al continuo e non protetto movimento di passeggeri in transito.

Deve pertanto pervenirsi al rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

Nella seconda sentenza, si legge che iI ricorso va dichiarato inammissibile consistendo nella mera reiterazione delle deduzioni difensive già avanzate in sede di appello e cui la Corte territoriale ha dato ampia ed esauriente risposta. Aveva infatti in tale sede sostenuto l’imputato che gli era preclusa per motivi di salute l’assunzione di alcolici e che quindi era probabile che, nel corso del cenone di capodanno, gli fossero stati offerti analcolici che tali in realtà non si erano rilevati. Sul punto la gravata sentenza ha rilevato come “trattasi di fattispecie punibile anche a titolo di colpa che risulta integrata anche dalla stessa deduzione difesa che evidenzia come vi sia scarsa consapevolezza circa il fatto che anche i cd. analcolici, in realtà, sono alcolici anche se a bassa gradazione”.

Conformemente questa Corte (cfr. Sezione 4, n. 47279 del 2014) ha avuto modo di rilevare che nella fattispecie contravvenzionale de qua la mancanza di diligenza incide sulla valutazione della colpevolezza dell’agente, il quale deve comunque evitare di assumere bevande contenenti alcool. Nel caso di specie, peraltro, non è contestato il fatto che l’esito dell’alcoltest sia risultato positivo e neppure è contestato il buon funzionamento dell’apparecchiatura. Pertanto ininfluente risulta il fatto che l’imputato abbia assunto sostanze alcoliche in quanto contenute in un analcolico da lui assunto dato che, considerata la prevedibilità dell’assorbimento, regole di diligenza gli avrebbero dovuto consigliare di non porsi alla guida del veicolo onde evitare comunque di incorrere nella commissione del reato.

Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna dei ricorrente medesimo al pagamento delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in favore della cassa delle ammende.

Due sentenza dove vengono evidenziati dei fattori che spesso non sono prese in considerazione, cioè i comportamenti collaterali.

In un caso il comportamento non consono del pedone, nel caso a seguire il comportamento da parte del conducente a cui era preclusa, per motivi di salute, l’assunzione di bevande alcooliche.

 

Girolamo Simonato

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