Contratti della pubblica amministrazione solo informatici, ma è davvero così?

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Negli ultimi giorni si è avuto modo di leggere sui giornali giuridici più diffusi (Italia Oggi e Il Sole 24 ore) opinioni, peraltro autorevoli, secondo le quali il decreto denominato sviluppo-bis, (dl 179/2012 convertito in legge 221/2012) modificando l’articolo 11, comma 13, del Codice dei contratti pubblici (D.L.vo 163/2006), avrebbe introdotto nell’ordinamento l’obbligo che i contratti della pubblica amministrazione si stipulino esclusivamente in forma elettronica e non cartacea, almeno quando siano stipulati per atto pubblico notarile o in forma pubblica amministrativa.
La perentorietà della norma, si afferma in particolare sull’articolo pubblicato su Italia oggi in data 04/01/2012, sarebbe tale da imporre alle amministrazioni pubbliche l’urgente dotazione di sistemi di sottoscrizione mediante firma digitale, nel rispetto delle modalità di stipula elettronica, come fissate dal dlgs 110/2010.
La firma digitale è imposta necessariamente all’ufficiale rogante, non per le parti che possono ancora utilizzare anche una firma elettronica non qualificata e, al limite, apporre una sottoscrizione autografa, acquisita tramite scanner al documento elettronico: la minore affidabilità della firma elettronica non qualificata o dell’immagine della sottoscrizione autografa è compensata dall’attestazione che l’ufficiale rogante compie delle operazioni di sottoscrizione effettuate in sua presenza. La sottoscrizione digitale dell’ufficiale rogante, da apporre in calce al documento, attribuisce allo stesso la garanzia di autenticità delle sottoscrizioni.
Per le scritture private non autenticate invece si ritiene che le stesse possano ancora stipularsi in forma cartacea, infatti, mancando un ufficiale rogante che rediga il contratto in forma elettronica, compiendo le operazioni che garantiscano la riconducibilità delle sottoscrizioni all’identità delle parti costituite nel contratto, il sistema della sottoscrizione del contratto in forma elettronica non sembra possa funzionare. Le scritture private non autenticate potrebbero avere la forma elettronica (che comunque non è certo vietata) solo laddove l’appaltatore fosse dotato della firma digitale.
La nuova regolamentazione delle forme specifiche della stipulazione avrà efficacia a partire dal 1º gennaio 2013 (data di efficacia dell’innovazione normativa, come esplicitato dallo stesso articolo 6, comma 4 della legge 221/2012).
La stipula del contratto quindi si connoterà in modo nettamente differente a quanto avvenuto sino ad ora: il pubblico ufficiale leggerà l’atto direttamente al computer, dovrà ricevere la sottoscrizione elettronica dei clienti e apporrà sull’atto la propria firma digitale. Dovranno inoltre essere eseguiti tutti gli adempimenti post stipula quali la repertorizzazione, registrazione, trascrizione, in via totalmente elettronica.
Ora, considerando la gravissima sanzione della nullità radicale del negozio giuridico prevista per la violazione delle forme, il problema è di non poco conto anche considerando che le amministrazioni pubbliche, diversamente dal Consiglio Notarile, nulla hanno fatto, sino ad ora, per potere adempiere agli obblighi di cui sopra in forma elettronica.
A sommesso avviso di chi scrive l’interpretazione delle norme in questione accolta dagli autori degli articoli sopra citati non è corretta per i seguenti motivi.
Si ritiene di prendere le mosse dal confronto testuale tra la vecchia normativa e la nuova.
L’articolo 11, comma 13, prima della novella, disponeva che “Il contratto è stipulato mediante atto pubblico notarile, o mediante forma pubblica amministrativa a cura dell’ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice, ovvero mediante scrittura privata, nonché in forma elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante”. Il nuovo testo invece recita: «Il contratto è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice o mediante scrittura privata». Dall’esame letterale delle due disposizioni succedutesi nel tempo pare evidente che l’obbligo della stipulazione in forma elettronica sia stato sancito espressamente soltanto per l’atto notarile, infatti accanto alla locuzione “con atto pubblico notarile” e’ stata aggiunta la parola “informatico“, cosa che non è invece, al contrario, avvenuta per la locuzione “in forma pubblica amministrativa“. Relativamente alla modalità elettronica e’ stato solo sostituita la congiunzione “nonché” con la congiunzione “ovvero“, da questo non pare possibile fare discendere un drastico e generalizzato obbligo di informatizzare la forma pubblica amministrativa dei contratti, trattandosi di sinonimi che stanno entrambi ad indicare quando una possibilità non esclude l’altra. Detta locuzione quindi resta a indicare quelle forme elettroniche obbligatorie di sottoscrizione del contratto che si hanno, ad oggi, nel mercato elettronico (con esclusione dell’esenzione dei diritti di rogito) e nell’adesione alla Consip. Riassumendo le forme di stipulazione ad oggi sono di quattro tipi:

1. atto pubblico notarile informatico;

2. modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante;

3. in forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice (in modo informatico o cartaceo);
4. scrittura privata (in modo informatico o cartaceo).
È del tutto pacifico che l’amministrazione aggiudicatrice potrà, nell’ambito della propria autonomia regolamentare stabilire che i contratti siano sottoscritti con firma digitale, ma questa sarà una libera scelta non prevedendo la legge, ad oggi, diversamente che per l’atto notarile, siffatto obbligo. Del resto, quando il legislatore ha inteso introdurre per determinati atti l’obbligo della forma elettronica ha diversamente statuito, si pensi ad esempio agli accordi fra pubbliche amministrazioni, di cui all’art. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per questi il comma 2 dell’art. 6 del dl 179/2012 ha previsto che a fare data dal 1° gennaio 2013 siano sottoscritti con firma digitale, ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, con firma elettronica avanzata, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera q-bis) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, o con altra firma elettronica qualificata pena la nullità degli stessi.
Quindi qualora il legislatore avesse voluto introdurre l’obbligo della firma digitale generalizzato per i contratti pubblici in forma amministrativa avrebbe dovuto utilizzare una disposizione analoga, cosa che invece non è avvenuta.

Francesco Grilli

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