La Cassazione, tramite sentenza, ha sostanzialmente reso legale la raccomandazione negli enti pubblici, mentre i governi cercano spesso vanamente di combattere favoritismi e clientele, per affermare la meritocrazia in una sempre più acciaccata cosa pubblica.
E’ tutto scritto nella sentenza 32035, emanata da piazza Cavour lo scorso 21 luglio, nella quale la Suprema Corte ha ritenuto di nessun peso le intercettazioni che aveva pizzicato il Comandante di una stazione di Carabinieri intento a “consigliare” il nome della propria figlia a un assessore comunale, in relazione a un bando di selezione pubblica tramite graduatoria.
Il processo vedeva coinvolti per abuso d’ufficio e falsità in atto pubblico il Presidente, i membri della Commissione, l’assessore stesso e il segretario comunale: la pronuncia finale ha sollevato gli imputati dalle accuse. Vediamo come.
Riguardo l’abuso d’ufficio, infatti, la Corte ha certificato come per il concorso morale non sia sufficiente la mera “raccomandazione”, ma devono intervenire comportamenti positivi o coattivi che incidano sull’operato del pubblico ufficiale. Secondo quanto scritto nella sentenza, infatti, la raccomandazione è un atto che lascia libero il soggetto di aderire o meno, senza alcuna efficacia diretta sul suo operato.
E’ stato così accolto il ricorso del Comandante dei Carabinieri comparso nelle intercettazioni per intervenuta prescrizione “in presenza di una causa estintiva del reato, il proscioglimento nel merito deve essere privilegiato quando dagli atti risulti, come nel caso in esame, la prova positiva dell’innocenza dell’imputato”. Insomma, una prescrizione che somiglia molto a un’assoluzione.
Del resto, la stessa Corte ha sottolineato come la formula assolutoria sia da preferire a quella declaratoria, anche in caso di scelga di considerare la raccomandazione come realizzata dal Comandante in qualità della funzione rivestita. Nel dispositivo, si trova scritto che per configurare un reato la raccomandazione “deve realizzarsi attraverso l’esercizio del potere per scopi diversi da quelli imposti dalla natura della funzione attribuita per cui difettando l’esercizio del potere, come nella fattispecie in esame in cui la richiesta di “raccomandazione” esula dalle funzioni tipiche connesse al ruolo graduato dell’arma dei Carabinieri rivestito dall’imputato, viene meno anche la possibilità di configurare il reato di abuso d’ufficio.”
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