In Svizzera in soli tre anni sono state vendute 150.000 e-bike e gli incidenti gravi sono aumentati del 70%. Intanto in Italia gli Amici della bicicletta chiedono, in città, di abbassare a 30 km/h i limiti per gli altri utenti della strada e indicono un concorso per i bambini che scrivono a Renzi.
Due “crociate” si incrociano. Anche se non direttamente. In Svizzera, i tecnici dell’Ufficio elvetico per la prevenzione degli infortuni (Upi) ha messo sotto osservazione le bici elettriche per i rischi che la loro velocità eccessiva comporta. L’analisi dell’Upi rileva come “con l’aumento delle vendite delle e-bike e di conseguenza anche dell’esposizione, tra il 2011 e il 2013 sulle strade svizzere il numero dei feriti gravi o morti è salito di oltre il 70%. Per questo motivo le bici elettriche entrano sempre di più nell’interesse della sicurezza stradale”. L’evidenza è che “gli incidenti delle bici elettriche sono più gravi rispetto a quelli delle bici convenzionali e gli incidenti a veicolo isolato (cioè senza che vi sia uno scontro con altri mezzi, ndr) sono più frequenti delle collisioni gravi”. Negli anni relativi all’indagine, in Svizzera sono state vendute circa 150.000 e-bike (233.000 quelle in circolazione nei cantoni elvetici), tre quarti delle quali “lente con pedalata assistita fino a 25 km/h”. Sulla gravità dei sinistri incide l’età dei conducenti, non più giovanissimi: nel 2014, i proprietari avevano mediamente 53,5 anni.
Dall’analisi sulla velocità, che ha riguardato anche Austria e Germania, è emerso che rispetto alla bici convenzionale, sulla e-bike l’andatura è tra il 6 ed il 23% più sostenuta e che “una percentuale maggiore delle distanze viene coperta a velocità maggiori”. Anche se è quasi scontato, la ricerca precisa che “le velocità più alte vengono realizzate specialmente dai conducenti di e-bike veloci e da persone giovani”. Poiché “dal punto di vista delle infrazioni alle regole stradali, tra i conducenti di e-bike e biciclette convenzionali non sono state rilevate differenze”, la velocità a la sua sottovalutazione sono la variabile decisiva. Al manubrio diventa difficile identificare gli spazi di frenata, anche questi sostanzialmente raddoppiati con una e-bike. E forse anche di più, visto che questo parametro si basa non solo sulla velocità, ma anche sul tempo di reazione che non migliora certo con l’aumentare dell’età. È stato appurato che gli incidenti con le conseguenze meno piacevoli non includono il coinvolgimento di altri mezzi. Incroci e rotatorie sono le zone più “a rischio”: un po’ per il mancato rispetto delle precedenze da parte degli elettrociclisti ed un po’ perché gli altri utenti della strada non sono in grado di tarare bene la velocità.
L’Upi, che ha redatto una sorta di vademecum sulla sicurezza e realizzato un video, suggerisce di indossare sempre il casco (anche per quelle bici per le quali non sarebbe obbligatorio), di vestire abiti chiari durante il giorno e catarifrangenti con il buio nonché di “ripassare” le norme basilari del Codice della Strada.
Intanto, in Italia ha preso il via la campagna #30elode promossa dalla Federazione Italiana Amici della Bicicletta (Fiab) per chiedere la riduzione a 30 km/h dei limiti di velocità per gli altri utenti della strada nei centri urbani. Per sostenere questa campagna, la Fiab ha chiesto ai bambini di scrivere al presidente del Consiglio una mail in cui spiegano perché vogliono andare in bicicletta. Per partecipare al concorso a premi, i bambini fra i 6 e i 13 anno dovranno scrivere un racconto breve che inizi con “Caro Renzi, vorrei andare in bici perché…” e inviarlo all’indirizzo matteo.renzi@30elode.org. La Fiab informa che “esperienze nazionali e internazionali dimostrano in modo inequivocabile che la velocità delle auto è la prima causa di mortalità per chi viaggia in bici”. Da: ilfattoquotidiano.it
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