Una fattura elettronica sbagliata può bloccare l’incasso per intere settimane: basta un numero di codice cliente errato, un campo omesso o una conservazione non a norma per generare fruiti inattesi che gravano su flussi di cassa, tempo e tranquillità. Per le piccole e medie imprese, per i professionisti in regime forfettario o per lo staff amministrativo degli studi professionali, diventa dunque strategico anticipare i problemi anziché correre ai ripari.
Le procedure digitali della fatturazione elettronica impongono attenzione ai dettagli: ogni scarto dall’Agenzia delle Entrate o ogni mancanza nella conservazione dei dati può tradursi in un vero e proprio blocco dell’incasso o in sanzioni.
Dal corretto tracciato XML all’indicazione dell’imposta di bollo virtuale, fino all’archiviazione sicura e all’integrazione con la contabilità, un processo ben strutturato aiuta a ridurre il rischio. In questo approfondimento affronteremo i cinque errori più comuni nella fatturazione elettronica, spiegandoli in modo chiaro e proponendo soluzioni immediate da attivare oggi stesso.
Indice
Errore 1: compilare a mano il file xml
                Molti enti ancora tentano di generare il file XML per la fattura elettronica manualmente, compilando i campi in modo artigianale o adattando modelli Excel. Il rischio è elevato: inserimento di codici errati, omissione di campi obbligatori, numerazione non progressiva, firma digitale assente, o struttura non conforme al tracciato. Ad esempio, fra gli errori più frequenti del Sistema di Interscambio (SDI) troviamo formati non conformi o campi “codice destinatario” inseriti in modo errato.
Soluzione: usare un software di fatturazione elettronica che rispetti il tracciato aggiornato, guidi i campi obbligatori (cedente/prestatore, cessionario/committente, dati IVA, natura, importi), generi automaticamente l’XML e gestisca l’invio allo SDI. In questo modo si abbassa drasticamente il rischio di scarto SDI e si accelera l’emissione, evitando che “basta un codice cliente sbagliato per bloccare i pagamenti”.
            
Errore 2: dimenticare l’imposta di bollo virtuale
In certi casi la fattura elettronica è soggetta all’imposta di bollo virtuale: se la fattura è senza addebito IVA e l’importo supera i € 77,47 deve essere applicata la marca da bollo virtuale di € 2. L’omissione di questa applicazione comporta potenziali sanzioni (da 2 € a 10 € per ciascun documento non in regola) e rischia di generare ravvedimenti.
La soluzione è attivare la funzione automatica nel software che:
- calcoli l’importo della fattura e individui se è superiore a 77,47 € e senza addebito IVA;
 - apponga il campo “Bollo virtuale = SI” nell’XML sotto il tracciato ufficiale;
 - inserisca la dicitura “Imposta di bollo assolta in modo virtuale ai sensi dell’articolo 15 del d.P.R. 642/1972 e del DM 17/06/2014” nella fattura.
 
Inoltre, è fondamentale impostare il versamento trimestrale dell’imposta in scadenza (es. 30 novembre per fatture emesse nel 3° trimestre).
Errore 3: non controllare gli scarti dal sistema di interscambio
Inviare la fattura non basta: se lo SDI rileva un problema, essa può essere scartata e quindi ritenuta non emessa. Gli scarti più frequenti comprendono errori nei campi partita IVA, codice fiscale, codice destinatario, numerazione duplicata. Ignorare le notifiche di scarto significa che la fattura non verrà recapitata al cliente, generando un ritardo nell’incasso e potenziali sanzioni.
Soluzione:
- imposta alert automatici nel gestionale che notificano la ricezione di una “ricevuta di scarto”;
 - verifica ogni giorno l’esito nel portale “Fatture e corrispettivi” dell’Agenzia delle Entrate;
 - in caso di scarto, correggi la fattura e reinviala entro 5 giorni dalla notifica (o comunque prima della scadenza d’emissione).
 
Adottare questa prassi fa la differenza: la tempestività consente di evitare che l’errore si trasformi in un ritardo dell’incasso.
Errore 4: archiviare le fatture solo sul pc locale
Un errore frequente è considerare conclusa la procedura dopo l’emissione e l’invio: l’archiviazione rimane relegata solo su un PC o su un server interno, senza conservazione digitale a norma. In caso di guasto dell’hardware o perdita di dati, si rischia di non rispettare il termine legale della conservazione (10 anni).
Soluzione: attiva un “servizio di conservazione digitale certificato in cloud”, conforme ai requisiti della normativa (formato, integrità, leggibilità, backup remoto). Ciò garantisce che le fatture restino reperibili per controlli, audit o richieste dei clienti. Integrare questa fase nel workflow aziendale eleva il controllo e riduce il rischio di perdita dei dati.
Errore 5: trascurare l’integrazione con la contabilità
Molte PMI e professionisti gestiscono la fatturazione elettronica come flusso separato dal sistema contabile o gestionale. Il doppio inserimento manuale dei dati comporta perdita di tempo, errori (es. importi, codici IVA, numeri fattura) e allunga il ciclo amministrativo.
Soluzione: scegli un software di gestione della fatturazione elettronica che supporti l’integrazione automatica con la prima nota o il gestionale contabile. In questo modo:
- i dati emessi vengono trasferiti automaticamente nella contabilità;
 - si evita il reinserimento manuale, il rischio di errori e la duplicazione di operazioni;
 - si accorcia il tempo tra emissione fattura, registrazione contabile e incasso.
 
Questo approccio consente un controllo più solido del ciclo attivo, migliore visibilità sul cash-flow e minor rischio di scontri fiscali.
Evitare questi cinque errori, compilazione manuale del file XML, omissione del bollo virtuale, mancato controllo degli scarti SDI, archiviazione non conforme e assenza di integrazione contabile, permette a PMI, forfettari e studi professionali di ridurre sanzioni e ritardi, migliorando al tempo stesso la gestione dell’intero ciclo di fatturazione elettronica.