Smart working al 50% dipendenti pubblici: istruzioni e regole

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Nell’ultimo Dpcm del 18 ottobre 2020 firmato dal Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, particolare focus è stato dedicato allo smart working, ossia la modalità di lavoro a distanza. È doveroso osservare come il Governo, sul punto, sia intervenuto ripetutamente dopo la diffusione della pandemia da Coronavirus, al fine di renderlo più accessibile, quindi meno burocratico e farraginoso.

Le motivazioni della semplificazione del lavoro agile sono chiari: diminuire al massimo i contatti e rischi di contagio nei luoghi di lavoro. Esistono, infatti, moltissime attività lavorative che possono svolgersi in remoto comodamente da casa senza il bisogno di recarsi obbligatoriamente nella sede di lavoro contrattualmente stabilita. In precedenza, affinché il datore di lavoro potesse utilizzare il lavoro agile, era necessario fare apposita comunicazione telematica sul portale Cliclavoro.

Ora, invece, con il D.L. n. 18/2020 (cd. “Decreto Cura Italia”), convertito con modificazioni in L. n. 27/2020, i datori di lavoro possono – mediante atto unilaterale, quindi senza il preventivo consenso del dipendente – adottare la modalità di lavoro a distanza, senza preavvisare i ministeri.

Man mano che la pandemia avanzava, lo smart working è stato di volta in volta prorogato. Infatti, il recente differimento della proroga dello stato di emergenza, fino al 31 gennaio 2021, interviene indirettamente anche sullo smart working. Questo perché fino alla predetta data, i datori di lavoro – sia privati che pubblici – possono utilizzare il lavoro a distanza in maniera “semplificata”.

Ultimo intervento in ordine cronologico sullo smart working è il Dpcm del 18 ottobre 2020 che interviene in particolar modo sulle Pubbliche Amministrazione. Ma andiamo in ordine e vediamo nel dettaglio cosa prevede il predetto decreto sullo smart working dei dipendenti pubblici.

Smart working 50% dipendenti pubblici: stop riunioni in presenza

La prima raccomandazione prevista dal Dpcm in commento è legata alle riunioni lavorative nell’ambito della Pubblica Amministrazione. Queste dovranno essere svolte obbligatoriamente in maniera telematica, salvo la sussistenza di motivate ragioni.

Anche nel settore privato sono raccomandate le riunioni a distanza, utilizzando applicazioni quali Skype o Zoom.

Smart working 50% dipendenti pubblici: privati e professionisti

Altre interessanti novità sono state previste per i dipendenti e professionisti. Per questi ultimi, il Governo raccomanda di limitare al minimo gli spostamenti per finalità lavorative. Dunque, s’intende incrementare la quota di smart working per evitare assembramenti nei luoghi di lavoro.

L’orientamento dell’Esecutivo, quindi, è quello di utilizzare sempre le modalità di lavoro a distanza laddove sia possibile. Questo evita che il lavoratore rischi di essere contagiato.

Smart working dipendenti pubblici: fino a quando

Come accennato poc’anzi, lo smart working “semplificato” è strettamente correlato allo stato di emergenza. Quindi, fin quando perdura la pandemia in Italia è possibile ricorrere al lavoro a distanza senza inviare specifiche comunicazione ai ministeri.

Infatti, fino alla predetta data i datori di lavoro possono avviare lo smart working, attualmente disciplinato dalla L. n. 81/2017 (cd. “Statuto dei Lavoratori autonomi”) in maniera unilaterale. Ciò significa che non c’è neanche il bisogno che il dipendente manifesti la volontà di lavorare da casa.

Lo scopo del Governo è quello di raggiungere la quota consigliata dal Comitato tecnico scientifico, che è del 70% ma si è discusso sull’alzare asticella ad un possibile 75%.

Intanto, nella Pubblica Amministrazione il Dpcm ha prorogato, fino al prossimo 31 dicembre, il lavoro agile per almeno il 50% dei dipendenti con mansioni che possono essere svolte da casa.

Gli enti, tenendo anche conto dell’evolversi della situazione epidemiologica, assicurano in ogni caso le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, compatibili con le loro potenzialità organizzative e con la qualità e l’effettività del servizio erogato.

Smart working dipendenti pubblici: lavoratori disabili

In tema di smart working, ampio spazio è stato dedicato ai genitori con figli disabili, ai caregivers e ai lavoratori disabili.

Innanzitutto, per tutti i genitori che abbiano un figlio under 14 che è risultato positivo dopo essere stato contagiato a scuole e messo in quarantena dall’Asl, è possibile ricorrere al lavoro agile. Ma non solo. In luogo del lavoro a distanza, possono optare per un congedo indennizzato, con importo pari al 50% delle retribuzioni. In particolare, il congedo può essere fruito da uno solo dei genitori conviventi con il figlio, oppure entrambi, ma alternativamente.

Per quanto riguarda, invece, i caregivers – ossia i lavoratori che assistono persone disabili – ovvero persona portatori di handicap, i datori di lavoro possono stipulare degli accordi aziendali con le rappresentanze sindacali aziendali (RSA/RSU) o territoriali che regolamentino il ricorso allo smart working.

Smart working 50% dipendenti pubblici: modalità di organizzazione

Quanto alle modalità di organizzazione del lavoro agile, le P.A. effettuano valutazioni di performance, verificando anche i feedback che arrivano dall’utenza e dal mondo produttivo. Inoltre, vengono monitorate anche le prestazioni rese in smart working da un punto di vista sia quantitativo sia qualitativo.

Quanto alle apparecchiature di utilizzo, la P.A. ha il compito di mettere a disposizione dei dipendenti tutti i dispositivi informatici e digitale che servono per l’espletamento della prestazione. In ogni caso, i datori di lavoro possono comunque usare gli strumenti informatici propri.

Nella scelta del personale da collocare in smart working, la P.A. tiene conto:

  • delle condizioni di salute dei componenti del nucleo familiare del dipendente;
  • della presenza di figli minori di 14 anni;
  • della distanzatra la zona di residenza o di domicilio e la sede di lavoro;
  • del numero e della tipologia dei mezzi di trasportoutilizzati e dei relativi tempi di percorrenza.

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SMART WORKING E CORONA VIRUS

Lo sviluppo delle nuove tecnologie e il processo di digitalizzazione, denominato Industria 4.0, che coinvolge l’attuale contesto economico e sociale, ha determinato necessariamente dei cambiamenti anche nel modo di concepire la prestazione lavorativa, ad oggi caratterizzata dalla destrutturazione spazio-temporale.La flessibilità degli orari e del luogo della prestazione di lavoro, diventa una necessità ed una soluzione che grazie all’utilizzo dell’ ITC (information technology) si realizza concretamente.Le nuove tecnologie, in particolare quelle collaborative ed i social media, hanno concesso la possibilità di mettersi in contatto con chiunque ed in qualsiasi momento, e ciò ha completamente stravolto la cultura d’impresa.Invero, il sempre maggiore utilizzo di internet nonchè dei nuovi mezzi di comunicazione ha fatto sì che le distanze venissero meno o comunque si accorciassero, modificando notevolmente quello che era il modo di lavorare e di fare impresa.A tal proposito il diritto del lavoro si trova a fare i conti con queste nuove esigenze che necessitano di un intervento regolativo.Con la legge 81/2017 è stato introdotto e disciplinato il “Lavoro Agile”, meglio definito “Smart Working” e, per la prima volta in Italia, tale specifica modalità di svolgimento della prestazione lavorativa è stata inserita all’interno di un quadro normativo, che verrà trattato nel proseguo.Lo Smart Working, più precisamente, può essere definito come quell’“insieme di modelli organizzativi, moderni e non convenzionali, caratterizzato da un elevato livello di flessibilità nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti di lavoro, e che fornisce a tutti i dipendenti di un’azienda le migliori condizioni di lavoro”.Una delle tendenze che caratterizza il mercato del lavoro è, senza ombra di dubbio, la richiesta di flessibilità da parte dei lavoratori e di soluzioni che diano risposta al loro bisogno di conciliazione tra vita privata e vita lavorativa.Ed infatti la ratio posta alla base della L. 81/2017 è rappresentata proprio dall’incremento della competitività e della conciliazione dei tempi vita lavoro definito come work life balance.Questo concetto assai significativo consiste proprio nel bilanciamento tra il tempo dedicato al lavoro e alla carriera e quello dedicato a prendersi cura della famiglia e del proprio tempo libero.Le difficoltà nel gestire e bilanciare i tempi di vita nonché quelli di lavoro possono comportare, ancora, un ulteriore costo per il lavoratore in termini di riduzione del benessere; ciò può portare di conseguenza anche a compromettere la qualità della prestazione lavorativa e la produttività delle ore dedicate al lavoro.Come emerge dagli ultimi dati elaborati dall’Osservatorio smart working, i lavoratori smart mediamente presentano un grado di soddisfazione e coinvolgimento nel proprio lavoro molto più elevato di coloro che lavorano in modalità tradizionale: il 76% si dice soddisfatto della sua professione, contro il 55% degli altri dipendenti; uno su tre si sente pienamente coinvolto nella realtà in cui opera e ne condivide valori, obiettivi e priorità, contro il 21% dei colleghi. Inoltre, sono più soddisfatti dell’organizzazione del proprio lavoro (il 31% degli smart worker contro il 19% degli altri lavoratori), ma anche delle relazioni fra colleghi (il 31% contro il 23% degli altri) e della relazione con i loro superiori (il 25% contro il 19% degli altri).Tutto ciò naturalmente, comporta risvolti positivi anche nei confronti delle aziende, tra questi spiccano l’incremento di produttività, la riduzione del tasso di assenteismo, la capacità di attrarre i talenti, l’aumento dell’engagement, il miglioramento delle competenze digitali e l’ottimizzazione della gestione degli spazi.Uno spazio all’interno di questa trattazione è dedicato agli ultimi interventi normativi circa l’utilizzo dello smart working come strumento per consentire la prosecuzione dell’attività lavorativa nella situazione di emergenza in cui si trova il nostro paese, dovuta al diffondersi del virus Covid-19.Massimiliano MatteucciConsulente del Lavoro in Roma. Partner Nexumstp Spa. Cultore della materia e Professore a contratto presso università pubbliche e private. Autore di numerose pubblicazioni in materia di Lavoro e relatore a convegni e seminari.

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Decreti “Cura Italia”, “Liquidità” e “Rilancio”, questi i nomi con cui sono stati battezzati i tre provvedimenti principali, tralasciando i vari Dpcm, assunti dal Governo, nel periodo dell’emergenza epidemiologica Covid-19.In realtà, nonostante le diverse terminologie, tutti i tre decreti contengono misure dirette a fronteggiare l’emergenza, con disposizioni per il sostegno di imprese, lavoratori e famiglie, ma giudicate insufficienti a contrastare gli effetti economici, non solo immediati, dell’epidemia;  l’appunto viene rivolto soprattutto, in una visione strutturale e strategica, al decreto Rilancio. I decreti sono inoltre accomunati:- dall’incertezza del percorso di conversione in legge: fin dai giorni successivi alla loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, si è prodotto un flusso di emendamenti che ha dato un senso di provvisorietà alle disposizioni appena emanate. Alla data di stampa del presente ebook è in corso di conversione il decreto di Rilancio con previsione di rilevati modifiche;- dall’inefficacia di molte misure in assenza dei relativi provvedimenti attuativi. Sono 165 i decreti attuativi previsti e ad oggi ne risultano emanati circa il 20%;- dalla tecnica redazionale che rende la lettura un percorso ad ostacoli tra incroci, rimandi, eccezioni, esclusioni, richiami a catena a normative nazionali ed europee, con termini non sempre coerenti e provvedimenti che si sovrappongono; – dal moltiplicarsi di circolari, comunicati e messaggi di Agenzia entrate, Inps e associazioni di riferimento (ABI, Confindustria, ecc.), spesso necessarie, ma che hanno richiesto un’incessante attenzione.In questo contesto, studio verna ha ritenuto utile produrre delle tabelle di sintesi che potessero essere d’ausilio per avere un quadro d’insieme, semplificare la comprensione delle diverse misure ed individuare, da parte dei vari operatori, i provvedimenti di specifico interesse, pur essendo il percorso legislativo, attuativo ed interpretativo, ancora ancora tutt’altro che concluso.In questa seconda edizione, sono evidenziate in rosso le modifiche intervenute per effetto principalmente della legge 17 luglio 2020, n. 77, di conversione del decreto Rilancio, nonché dei diversi provvedimenti attuativi e della prassi ufficiale.Studio Verna Società ProfessionaleLo Studio Verna Società Professionale, costituitasi nel 1973, è la più antica società semplice professionale ed offre consulenza ed assistenza economico-giuridica a Milano, con studi anche a Roma e Busto Arsizio. Persegue una politica di qualità fondata su etica, competenza e specializzazione. I suoi soci hanno pubblicato oltre un centinaio di libri ed articoli in materia contabile, societaria, concorsuale e tributaria, oltre un manuale di gestione della qualità per studi professionali.

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Daniele Bonaddio

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