Cassa integrazione Covid prorogata al 31 dicembre: novità Manovra 2021 e istruzioni

Paolo Ballanti 19/10/20
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Nuova cassa integrazione Covid in arrivo per aziende e lavoratori. La Manovra 2021 ha annunciato la proroga della Cig per chi la esaurisse entro novembre e il rinnovo di ulteriori 18 settimane nel 2021 per tutti.

In particolare, subito la proroga della cassa integrazione Covid fino alla fine dell’anno per garantire la copertura a chi dovesse esaurirla già da metà novembre, questo con un decreto ad hoc; e poi nel 2021 con la Legge di bilancio, altre 18 settimane utilizzabili.

In particolare con la Legge di Bilancio, si dovrebbero prevedere altre 18 settimane di Cig Covid, da utilizzare nel 2021. Queste settimane aggiuntive potranno essere richieste anche dalle imprese che finora non hanno usufruito degli ammortizzatori di emergenza, e seguiranno l’attuale meccanismo, che prevede la gratuità dello strumento per le imprese che abbiano registrato perdite oltre il 20 per cento.

Sarà quindi emanato un apposito decreto di estensione della Cig Covid fino al 31 dicembre 2020, rivolto a tutte le imprese (e quindi i dipendenti) che abbiano già utilizzato le 18 settimane previste dal Decreto Agosto.

Attualmente, in attesa del decreto, la scadenza per la domanda di Cig è fissata al 31 ottobre. Interessate dalla scadenza sono tutte quelle aziende che hanno sospeso o ridotto l’attività per motivi riconducibili all’emergenza epidemiologica, cui il Decreto “Agosto” (D.l. n. 104/2020) concede nove settimane (prorogabili di altrettante) dal 13 luglio al 31 dicembre 2020.

Ripercorriamo le novità del Decreto Agosto in tema di Cassa integrazione e analizziamo quali adempimenti sono al momento a carico delle aziende, e le novità con la Manovra 2021.

Decreto Agosto: novità Cassa integrazione Covid

Il Decreto Agosto ha riscritto le disposizioni sui trattamenti di Cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO), Cassa integrazione guadagni in deroga (CIGD), Assegno ordinario a carico del FIS e Cassa integrazione speciale per gli operai e impiegati a tempo indeterminato dipendenti da imprese agricole (CISOA) richiesti per motivi riconducibili all’emergenza epidemiologica “COVID-19”.

In particolare dal 13 luglio al 31 dicembre 2020 le aziende possono chiedere nove settimane di ammortizzatore sociale, prorogabili di altrettante qualora il precedente periodo sia stato interamente autorizzato. Nel complesso, il ricorso alla cassa integrazione non potrà eccedere le diciotto settimane, senza conteggiare quelle già fruite fino al 12 luglio, soggette alla disciplina del Decreto “Cura Italia” (D.l. n. 18/2020 convertito in Legge n. 27/2020).

Se l’accesso alle prime nove settimane non prevede alcun aggravio di costi per le imprese, lo stesso non si può dire per l’eventuale proroga. Analizziamo la fattispecie nel dettaglio.

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Cassa integrazione Covid: contributo aziende

A norma dell’articolo 1 comma 2 del D.l. n. 104 l’accesso alla proroga di nove settimane è soggetto al pagamento all’INPS (a mezzo modello F24) di un contributo addizionale, calcolato sulla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, in misura pari al:

  • 9%per le aziende che nel primo semestre 2020 hanno subito una riduzione del fatturato inferiore al 20% rispetto allo stesso periodo del 2019;
  • 18% nei confronti delle realtà che non hanno sofferto alcun calo del fatturato.

Il contributo al contrario non è dovuto da parte di coloro che hanno avuto una contrazione pari o superiore al 20% o hanno avviato l’attività in data successiva al 1º gennaio 2019.

Le aziende che intendono accedere alle seconde nove settimane in sede di invio della domanda tramite il portale telematico www.inps.it – sezione “Prestazioni e servizi” – “Servizi per aziende e consulenti” – “Cig e fondi di solidarietà” dovranno selezionare la causale “COVID-19 con fatturato” ed allegare autocertificazione del legale rappresentante in cui si comunica la percentuale relativa al calo di fatturato.

Cassa integrazione Covid: periodi goduti dal 13 luglio

La circolare INPS precisa che i periodi già autorizzati (anche ai sensi della precedente disciplina del Decreto “Cura Italia” e ricadenti in periodi successivi al 13 luglio dovranno essere imputati alle nove settimane del Decreto n. 104.

Facciamo l’esempio dell’azienda Alfa la quale si è vista autorizzare un periodo di Cassa integrazione in deroga pari a cinque settimane ricadente dal 22 giugno al 26 luglio.

In caso di nuova richiesta di Cassa in deroga Alfa dovrà sottrarre alle nove settimane disponibili quelle già godute dal 13 luglio al 26 luglio pari a due. Di conseguenza come primo periodo di ammortizzatore sociale ai sensi del Decreto “Agosto” l’azienda avrà a disposizione sette settimane dal 27 luglio al 13 settembre.

L’accesso alle seconde nove settimane è soggetto all’eventuale contributo addizionale, parametrato in base al calo di fatturato.

Cassa integrazione Covid: come viene pagata

Il Decreto Agosto non ha modificato i canali di pagamento dei trattamenti di Cassa integrazione. L’azienda può scegliere infatti di anticipare in busta paga gli importi a carico dell’INPS (da recuperare successivamente sull’ammontare dei contributi da versare all’Istituto).

In alternativa, il datore può optare per il pagamento diretto da parte dell’ente di previdenza al dipendente interessato, senza presentare alcuna motivazione o documento a sostegno della mancata anticipazione in busta paga.

È peraltro possibile chiedere all’INPS un anticipo pari al 40% dei trattamenti di CIGO, CIGD e assegno ordinario, da corrispondere direttamente ai lavoratori, previa domanda inoltrata all’Istituto entro quindici giorni dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività. Successivamente, nel rispetto dei termini ordinari, l’azienda dovrà inviare i modelli “SR41” per il pagamento a saldo delle provvidenze di Cassa integrazione.

Cassa integrazione Covid: novità proroga nella Manovra 2021

Il Decreto Agosto ha fissato (articolo 1) il termine per l’invio delle domande di ammortizzatori sociali con causale “COVID-19” alla fine del mese successivo quello in cui ha avuto inizio la sospensione o riduzione di orario, a pena di decadenza.

In deroga alla disposizione generale, il comma 9 dell’articolo 1 prevede il differimento al 31 agosto delle domande di ammortizzatori sociali in scadenza il 31 luglio. Termine ulteriormente prorogato al 30 settembre ad opera del successivo comma 10.

Peraltro, lo slittamento al 30 settembre è stato esteso anche alle domande di ammortizzatori sociali che hanno avuto inizio dal 1º al 12 luglio 2020 e, pertanto, soggette ancora alla disciplina precedente.

Ora la nuova novità annunciata nella Manovra 2021:

  • la cassa integrazione Covid sarà ulteriormente prorogata fino al 31 dicembre con un decreto ad hoc per le aziende che dovessero esaurirla entro novembre,
  • E per il 2021 saranno previste ulteriori 9 settimane di Cig con causale Covid-19.

Nello specifico, saranno finanziate ulteriori settimane di cassa integrazione Covid, con lo stesso meccanismo di gratuità della Cassa per chi ha registrato perdite oltre la soglia del 20 per cento.

Si prevede poi per le aziende il ricorso ad altre 18 settimane da utilizzare nel 2021. La cassa integrazione potrà essere richiesta anche da imprese che finora non hanno usufruito degli ammortizzatori di emergenza. La richiesta sarà soddisfatta con il meccanismo attuale, che prevede la gratuità dello strumento per le aziende che abbiano registrato perdite oltre il 20%.

La ministra del lavoro, Nunzia Catalfo, a questo proposito aveva ribadito: “nella prossima Legge di Bilancio ci saranno sicuramente la proroga della cassa integrazione che interverrà anche in modo retroattivo per le aziende che hanno finito o finiranno la cassa integrazione prima dal 16 novembre in poi e troveremo il modo per colmare questo gap fino al 31 dicembre, quindi finanzieremo la cassa integrazione fino a quella data più ulteriori settimane per i mesi del 2021“.

Sarò quindi emanato un apposito decreto di estensione della Cig Covid fino al 31 dicembre 2020, rivolto a tutte le imprese (e quindi i dipendenti) che abbiano già utilizzato le 18 settimane previste dal Decreto Agosto.

Cassa integrazione Covid: modelli SR41

Sempre l’articolo 1 (comma 6) del D.l. n. 104 ha previsto che nei casi di pagamento diretto al lavoratore da parte dell’INPS dei trattamenti di CIGO, CIGD, assegno ordinario o CISOA, le aziende sono tenute ad inviare i dati utili all’erogazione delle spettanze, attraverso i modelli “SR41”, entro la fine del mese successivo quello interessato dalla sospensione o riduzione di orario ovvero, se posteriore, entro trenta giorni dal provvedimento con cui l’INPS ha autorizzato il periodo di Cassa integrazione.

In via eccezionale, sulla scorta di quanto disposto per le domande di ammortizzatori sociali, l’invio dei modelli “SR41” in scadenza al 31 luglio 2020 è stato prorogato al 31 agosto 2020 (comma 9 articolo 1) e successivamente, ad opera del comma 10, al 30 settembre 2020.

Cassa integrazione Covid: istruzioni Inps

Come comunicato con circolare INPS n. 115 del 30 settembre 2020 i termini di presentazione delle domande di Cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO), Cassa integrazione guadagni in deroga (CIGD), Assegno ordinario a carico del FIS e CISOA in scadenza il 30 settembre, sono stati prorogati al 31 ottobre 2020.

Identica sorte per la scadenza nell’invio dei dati utili al pagamento diretto della cassa integrazione, contenuti nei modelli “SR41”. Anche in questo caso si applica lo slittamento al 31 ottobre.

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Mai come in questo periodo il tema degli ammortizzatori sociali è stato così sentito dall’intero sistema produttivo. In occasione della pandemia Covid19 ed alle conseguenti chiusure degli esercizi commerciali e dei siti produttivi il ricorso agli ammortizzatori sociali ha coinvolto praticamente tutto il mondo del lavoro. Un vero stress-test dell’impianto disegnato dal D.lgs 148/15. Il decreto legislativo, inserito nella più ampia manovra passata alla storia come JobsAct, traendo esperienza dalla crisi del 2009 ha previsto al fianco degli ammortizzatori sociali “storici” (il sistema della cassa integrazione ordinaria e straordinaria) una copertura rispetto a settori, fino a quel momento, poco interessati alla gestione di temporanee crisi d’impresa. Le considerazioni che si possono fare a valle del dramma Coronavirus, ed alle conseguenze che lo stesso ha determinato nel mondo del lavoro ed al nuovo assetto che ne deriva degli ammortizzatori sociali, sono diverse. Partirei dal porre quattro questioni che ritengo primarie:1) ha senso disegnare tanti sistemi e procedure diverse per affrontare i medesimi problemi? Non sarebbe più corretto giungere ad un meccanismo unico per rispondere alle crisi d’impresa?2) in che rapporto si deve porre sistema di ammortizzatori conservativi con un meccanismo di politiche attive del lavoro che favorisca la mobilità e la ricollocazione della forza lavoro?3) se il beneficiario dell’ammortizzatore sociale è il lavoratore come inquadrare l’inadempienza contributiva del datore di lavoro? Quali le sue conseguenze?4) chi deve pagare il sistema di ammortizzatori sociali? Il mondo del lavoro o la fiscalità generale?Sono quesiti importantissimi quelli che ci lascia come eredità la crisi della pandemia del 2020. Per provare a fornire una complessiva, sia pure in termini generali, risposta ritengo che sia necessario partire dalla valutazione di quello che ha funzionato e quello che non ha funzionato in questi mesi.Avere tanti strumenti differenti suddivisi per tipologia e dimensione d’impresa crea una difficoltà enorme di gestione del sistema obbligando sia gli operatori professionali (consulenti del lavoro) che la PA ad impiantare, conoscere e manutenere sistemi tecnologici differenti. La tecnologia in una situazione del genere diventa un amplificatore di burocrazia. Esattamente il contrario dell’approccio digitale ai problemi. Un sistema non si semplifica trasformando moduli cartacei in digitali, si semplifica utilizzando l’analisi digitale per un suo ripensamento. Quindi uno strumento “tagliato su misura” per ogni impresa non diventa sinonimo di strumento idoneo, al contrario crea una babele di procedure nella quale è difficile districarsi. A tutto ciò deve aggiungersi che il D.lgs 148 ha previsto la creazione di ammortizzatori sociali di comparto, i fondi bilaterali, creati dalle forze sociali di settore. Un simile impianto prevede un presupposto fondamentale. La chiarezza di chi sia rappresentativo di un settore e quale sia la contrattazione collettiva di effettivo riferimento. Senza di ciò il sistema di finanziamento di questi fondi rischia di entrare in quel complesso di dubbi interpretativi che ha sempre accompagnato gli istituti presenti nella cd. “parte obbligatoria” del CCNL alla stregua degli enti bilaterali, della sanità integrativa o della previdenza complementare. In definitiva se non si parte dalla vigenza erga omnes di talune disposizioni diventa impossibile pretendere la contribuzione e, conseguentemente in un sistema puramente assicurativo, la prestazione.Veniamo al punto successivo. In mancanza di contribuzione manca la prestazione. Questo è evidente in un impianto assicurativo classico ma il concetto è difficilmente traslabile in un meccanismo di sicurezza sociale in cui il contraente (datore di lavoro) ed il beneficiario (lavoratore) sono soggetti diversi. La prestazione consente di evitare il licenziamento del lavoratore ed il mantenimento del rapporto di lavoro sia pure in fase di temporanea sospensione. Si evita di generare disoccupazione involontaria. Pertanto, in ossequio all’art. 38 Cost., dovrebbe valere, per ogni tipologia di ammortizzatore, il principio dell’automaticità della prestazione fermo restando l’obbligo contributivo del datore di lavoro.   Altro tema importante è quello relativo alla funzione propria degli ammortizzatori sociali. Il nome stesso “ammortizzatore” evoca la funzione di quel meccanismo che serve ad evitare colpi improvvisi ed a superare dossi o avvallamenti stradali con il minor danno possibile. Sul punto il richiamato D.lgs 148/15 aveva ben introdotto meccanismi che impedissero l’attivazione degli strumenti per funzioni diverse (pensiamo al caso di cessazione dell’attività aziendale) promuovendo in tali circostanze meccanismi di presa in carico del lavoratore da parte dei servizi di ricollocazione con supporto della assicurazione sociale per l’impiego (naspi). Negli anni questi concetti sono stati un po’ lasciati in disparte dal sistema che ha preferito “tornare all’antico” accantonando la ricollocazione dei lavoratori, propria delle politiche attive del lavoro, e privilegiando il sostegno al mancato reddito riprendendo quindi temi di politiche passive del lavoro. Un meccanismo così impostato rende difficile ipotizzare riprese occupazionali visto anche il dichiarato e mai realizzato potenziamento tecnico/organizzativo dei centri per l’impiego ai quali l’avvento della figura dei “navigator” non ha fornito alcun beneficio concreto.Ultimo tema sollevato è quello relativo al finanziamento degli ammortizzatori sociali. La questione è molto ampia e delicata. Mi limito solo a segnalare che la risposta dipenderà dalla funzione che il sistema darà agli stessi. Se rimanessero nell’alveo di uno strumento temporaneo di “sicurezza aziendale” il loro costo non potrà che essere a carico delle imprese e dei lavoratori. Se invece si evolvesse a meccanismo di generale ed universale difesa dalla povertà (reddito di cittadinanza), ancorchè temporanea, del lavoratore potrebbe aprirsi un tema di riconsiderare come destinatario del costo non il mondo del lavoro ma l’intera collettività. In questo caso l’aggravio per la fiscalità generale sarebbe compensato dal minor onere per le imprese che potrebbe tradursi con maggior gettito salariale e quindi maggior introito fiscale.Tematiche ampie e strutturali. Sicuramente lo stress test Covid19 non passerà inosservato anche in tema di ammortizzatori sociali che saranno probabilmente ristrutturati. Come ogni crisi, anche questa, avrà come conseguenza elementi di miglioramento. L’economista Joseph Schumpeter insegnava che proprio dalla crisi, la cui etimologia greca fa riferimento al cambiamento, deriva ogni miglioramento sociale. Speriamo valga anche questa volta.Paolo Stern – presidente Nexumstp S.p.A.Paolo SternConsulente del Lavoro in Roma. Socio fondatore di Nexumstp Spa. Autore di numerose pubblicazioni in materia di lavoro e relatore a convegni e seminari. Professore a contratto presso università pubbliche e private.Sara Di NinnoDottore in Scienze politiche e Relazioni internazionali, collaboratrice area normativa del lavoro presso Nexumstp Spa. Specializzata in Diritto del lavoro e Relazioni industriali, è dottore di ricerca in Diritto pubblico, comparato ed internazionale, con tema di ricerca in Diritto del lavoro internazionale, e docente in corsi di formazione in materia di disciplina del rapporto di lavoro.Massimiliano Matteucci Consulente del Lavoro in Roma, Socio Nexumstp spa. Laureato in Economia. Specializzato in normativa di Diritto del lavoro e previdenza sociale. Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto del lavoro dell’Università La Sapienza di Roma e preso l’Università Niccolò Cusano di Roma. Membro del Centro Studi dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro Roma, relatore a convegni e seminari. È articolista per la rivista TWOC dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma. Consulente Asseveratore Asseco.Lorenzo Sagulo Laureato in Economia e Gestione delle imprese all’Università degli Studi “Roma Tre”. Collabora con Nexumstp Spa nell’area consulenza del lavoro. È specializzato in normativa di Diritto del lavoro e relazioni industriali. 

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