Bonus Colf e badanti 2020: tutti gli esclusi e i casi di incompatibilità

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Dopo essere stati esclusi dal bonus 600 euro previsto dal Decreto Cura Italia, ai lavoratori domestici – ed in particolare colf e badanti – il Governo ha riconosciuto un’indennità ad hoc all’interno del Decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020). Il bonus, pari a 500 euro per i mesi di aprile e maggio 2020, è rivolto ai lavoratori domestici non conviventi che abbiano in essere, alla data del 23 febbraio 2020, uno o più contratti di lavoro di durata complessiva superiore a 10 ore settimanali.

Le domande per ottenere il Bonus Colf e badanti 2020 possono essere presentate direttamente dal sito INPS, mediante il link proposto nell’home page. A tal fine è sufficiente essere in possesso di un PIN ordinario o dispositivo rilasciato dall’INPS, SPID di livello 2 o superiore, Carta di identità elettronica 3.0 (CIE) e Carta nazionale dei servizi (CNS).

Con la Circolare 65 del 28 maggio 2020, l’INPS – oltre a riepilogare le caratteristiche e i requisiti da possedere per accedere al bonus – ha specificato anche le eventuali incompatibilità con le altre indennità legate all’emergenza COVID-19,le misure di contrasto alla povertà e con i trattamenti pensionistici. Andiamo quindi in ordine e vediamo nel dettaglio tutti gli esclusi e i casi di incompatibilità del bonus lavoratori domestici 2020.

Bonus Colf e badanti 2020: chi ne ha diritto 

Possono fare richiesta del bonus 500 euro i soggetti assicurati presso la Gestione dei Lavoratori domestici dell’INPS appartenenti alle categorie individuate dal vigente CCNL, ossia colf e badanti. Per quanto concerne le categorie di lavoratori interessati dalla nuova misura, possono accedere al beneficio tutti i lavoratori per i quali, alla data del 23 febbraio 2020:

  • risulti l’iscrizione del rapporto di lavoro attivo nella Gestione dei Lavoratori domestici dell’INPS;
  • l’orario settimanale dell’unico rapporto di lavoro o la somma dell’orario dei vari rapporti di lavoro, alla medesima data del 23 febbraio 2020, abbia una durata complessiva superiore a 10 ore;
  • non risulti la convivenza con alcuno dei datori di lavoro.

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Quando si esclusi dal Bonus Colf e badanti 2020

Da notare che i contratti di lavoro da considerare devono essere tutti quelli la cui instaurazione non è stata respinta dall’INPS, per mancanza dei requisiti previsti dalla normativa sui rapporti di lavoro domestico. Sono quindi esclusi, per espressa previsione di legge, i contratti di lavoro da emersione di cui all’art. 103 del D.L. n. 34/2020.

Quanto alla durata complessiva del rapporto di lavoro, superiore a 10 ore settimanali, esso deve risultare dalle comunicazioni inviate all’INPS dal datore di lavoro entro il 23 febbraio 2020. Tra l’altro, anche la condizione della “non convivenza” con il datore di lavoro è desunta dalle comunicazioni inviate all’INPS dal datore di lavoro entro la predetta data, sulla base del contratto.

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Bonus Colf e badanti 2020: incompatibilità con altri bonus Covid

In base a quanto previsto dall’art. 85, co. 3 del D.L. n. 34/2020, l’indennità in commento non è cumulabile con alcuna delle indennità COVID-19, introdotte per fronteggiare l’emergenza epidemiologica. Trattasi, in particolare:

  • dell’indennità per i professionisti e lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa;
  • dell’indennità per i lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni speciali dell’Ago;
  • dell’indennità lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali;
  • dell’indennità lavoratori del settore agricolo;
  • dell’indennità lavoratori dello spettacolo Fondo per il reddito di ultima istanza a favore dei lavoratori danneggiati dal virus COVID19 (art. 44, D.L. n. 18/2020, così come modificato dall’art. 78 del D.L. n. 34/2020);
  • dell’indennità per i lavoratori danneggiati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19 (art. 84 del D.L. n. 34/2020);
  • dell’indennità in favore dei lavoratori impiegati con rapporti di collaborazione presso il Comitato Olimpico Nazionale (CONI), il Comitato Italiano Paralimpico (CIP) ed enti, società e federazioni ad essi collegati (art. 98 del D.L. n. 34/2020);
  • del Reddito di emergenza;
  • del Reddito di cittadinanza, il cui ammontare del beneficio risulti superiore o pari all’ammontare dell’indennità LD.

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Bonus Colf e badanti 2020: come si verifica l’incompatibilità dei bonus 

Nel caso in cui il richiedente (o uno dei membri del suo nucleo familiare) inoltri, in concomitanza della presentazione della domanda di indennità per lavoratore domestico, un’altra istanza per fruire di una delle suddette prestazioni, le domande verranno istruite sulla base dei requisiti richiesti dalla legge.

La verifica in ordine alle incompatibilità avviene quindi nella fase conclusiva dell’istruttoria della domanda presentata dall’utente e ne condiziona l’accoglimento. Il controllo di compatibilità, infatti, attinge le informazioni dalla procedura dell’Istituto che contabilizza i pagamenti delle prestazioni e determina l’accoglimento della domanda, solo se non viene rilevato un pagamento per una delle prestazioni incompatibili, così come elencate ai punti precedenti, a favore del medesimo soggetto richiedente o uno dei membri del nucleo familiare (se titolare di Rdc/Pdc o Reddito di emergenza).

Al riguardo, in fase di istruttoria della domanda di indennità, si procederà a verificare se il richiedente risulti inserito in un nucleo familiare che sia percettore di Rdc/Pdc., nonché l’importo complessivamente percepito per le mensilità di aprile e maggio.

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Bonus Colf e badanti 2020: i casi di incompatibilità

In base alle informazioni Inps riportate in circolare 85, possono aversi i seguenti casi.

Caso 1.

Per le mensilità di aprile e maggio l’importo complessivamente spettante a titolo di Rdc/Pdc è pari a 1.000 euro; la domanda di indennità sarà respinta con la motivazione che il soggetto, o un componente il suo nucleo familiare, è percettore di Rdc/Pdc di importo pari o superiore all’indennità. Nell’ipotesi in cui l’ammontare del Rdc/Pdc percepito complessivamente per le mensilità di aprile e maggio sia inferiore a quello delle due indennità mensili previste dalla norma per i lavoratori domestici, si procederà ad integrare il beneficio del Reddito/Pensione di cittadinanza fino all’ammontare dell’indennità complessivamente dovuta.

Caso 2.

Per le mensilità di aprile e maggio, l’importo spettante a titolo di Rdc/Pdc è pari a 800 euro. In questo caso, la domanda per l’indennità sarà accolta con integrazione della prestazione Rdc/Pdc pari a 200 euro. Tale somma verrà erogata con le modalità e con la tempistica utile di pagamento della prestazione Rdc/Pdc (normalmente entro il mese successivo).

Nell’ipotesi in cui la domanda di Rdc/Pdc non sia in pagamento poiché in stato “evidenza alla sede” per la presenza di un ISEE recante omissioni e/o difformità, ovvero laddove la stessa domanda sia ancora in stato “da istruire”, si procederà ad effettuare il pagamento dell’indennità in parola, tenendo conto delle azioni che devono essere poste in essere in caso di ISEE recante omissioni e/o difformità.

Se al momento dell’istruttoria della domanda di indennità, il richiedente non risulta più percettore di Rdc/Pdc, in quanto è successivamente decaduto o è stato revocato dalla prestazione, va comunque tenuto in considerazione quanto sia stato eventualmente percepito per le mensilità di aprile e maggio a titolo di Rdc/Pdc. In tali ipotesi, pertanto, la domanda per l’indennità potrà essere accolta ed erogata con le modalità di pagamento prescelte per la somma residua oppure respinta se l’integrazione non spetta.

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Caso 3.

Il beneficiario di Rdc/Pdc è decaduto dalla prestazione nel mese di giugno. Tuttavia, per la mensilità di aprile e maggio è stato corrisposto un importo complessivo di 600 euro.

In tal caso, la domanda per l’indennità è accolta e l’importo erogato è pari al residuo di 400 euro. L’indennità in favore dei lavoratori domestici non spetta, come specificato in premessa, ai titolari di pensione, ad eccezione dell’assegno ordinario di invaliditàe ai titolari di rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato diverso dal lavoro domestico. La verifica sulla titolarità di pensioni, diverse dall’assegno ordinario di invalidità, e di rapporti di lavoro a tempo indeterminato diversi dal lavoro domestico, è effettuata direttamente negli archivi dell’Istituto, con riferimento alla situazione che risulti in essere precedentemente alla data del 23 febbraio 2020.

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Mai come in questo periodo il tema degli ammortizzatori sociali è stato così sentito dall’intero sistema produttivo. In occasione della pandemia Covid19 ed alle conseguenti chiusure degli esercizi commerciali e dei siti produttivi il ricorso agli ammortizzatori sociali ha coinvolto praticamente tutto il mondo del lavoro. Un vero stress-test dell’impianto disegnato dal D.lgs 148/15. Il decreto legislativo, inserito nella più ampia manovra passata alla storia come JobsAct, traendo esperienza dalla crisi del 2009 ha previsto al fianco degli ammortizzatori sociali “storici” (il sistema della cassa integrazione ordinaria e straordinaria) una copertura rispetto a settori, fino a quel momento, poco interessati alla gestione di temporanee crisi d’impresa. Le considerazioni che si possono fare a valle del dramma Coronavirus, ed alle conseguenze che lo stesso ha determinato nel mondo del lavoro ed al nuovo assetto che ne deriva degli ammortizzatori sociali, sono diverse. Partirei dal porre quattro questioni che ritengo primarie:1) ha senso disegnare tanti sistemi e procedure diverse per affrontare i medesimi problemi? Non sarebbe più corretto giungere ad un meccanismo unico per rispondere alle crisi d’impresa?2) in che rapporto si deve porre sistema di ammortizzatori conservativi con un meccanismo di politiche attive del lavoro che favorisca la mobilità e la ricollocazione della forza lavoro?3) se il beneficiario dell’ammortizzatore sociale è il lavoratore come inquadrare l’inadempienza contributiva del datore di lavoro? Quali le sue conseguenze?4) chi deve pagare il sistema di ammortizzatori sociali? Il mondo del lavoro o la fiscalità generale?Sono quesiti importantissimi quelli che ci lascia come eredità la crisi della pandemia del 2020. Per provare a fornire una complessiva, sia pure in termini generali, risposta ritengo che sia necessario partire dalla valutazione di quello che ha funzionato e quello che non ha funzionato in questi mesi.Avere tanti strumenti differenti suddivisi per tipologia e dimensione d’impresa crea una difficoltà enorme di gestione del sistema obbligando sia gli operatori professionali (consulenti del lavoro) che la PA ad impiantare, conoscere e manutenere sistemi tecnologici differenti. La tecnologia in una situazione del genere diventa un amplificatore di burocrazia. Esattamente il contrario dell’approccio digitale ai problemi. Un sistema non si semplifica trasformando moduli cartacei in digitali, si semplifica utilizzando l’analisi digitale per un suo ripensamento. Quindi uno strumento “tagliato su misura” per ogni impresa non diventa sinonimo di strumento idoneo, al contrario crea una babele di procedure nella quale è difficile districarsi. A tutto ciò deve aggiungersi che il D.lgs 148 ha previsto la creazione di ammortizzatori sociali di comparto, i fondi bilaterali, creati dalle forze sociali di settore. Un simile impianto prevede un presupposto fondamentale. La chiarezza di chi sia rappresentativo di un settore e quale sia la contrattazione collettiva di effettivo riferimento. Senza di ciò il sistema di finanziamento di questi fondi rischia di entrare in quel complesso di dubbi interpretativi che ha sempre accompagnato gli istituti presenti nella cd. “parte obbligatoria” del CCNL alla stregua degli enti bilaterali, della sanità integrativa o della previdenza complementare. In definitiva se non si parte dalla vigenza erga omnes di talune disposizioni diventa impossibile pretendere la contribuzione e, conseguentemente in un sistema puramente assicurativo, la prestazione.Veniamo al punto successivo. In mancanza di contribuzione manca la prestazione. Questo è evidente in un impianto assicurativo classico ma il concetto è difficilmente traslabile in un meccanismo di sicurezza sociale in cui il contraente (datore di lavoro) ed il beneficiario (lavoratore) sono soggetti diversi. La prestazione consente di evitare il licenziamento del lavoratore ed il mantenimento del rapporto di lavoro sia pure in fase di temporanea sospensione. Si evita di generare disoccupazione involontaria. Pertanto, in ossequio all’art. 38 Cost., dovrebbe valere, per ogni tipologia di ammortizzatore, il principio dell’automaticità della prestazione fermo restando l’obbligo contributivo del datore di lavoro.   Altro tema importante è quello relativo alla funzione propria degli ammortizzatori sociali. Il nome stesso “ammortizzatore” evoca la funzione di quel meccanismo che serve ad evitare colpi improvvisi ed a superare dossi o avvallamenti stradali con il minor danno possibile. Sul punto il richiamato D.lgs 148/15 aveva ben introdotto meccanismi che impedissero l’attivazione degli strumenti per funzioni diverse (pensiamo al caso di cessazione dell’attività aziendale) promuovendo in tali circostanze meccanismi di presa in carico del lavoratore da parte dei servizi di ricollocazione con supporto della assicurazione sociale per l’impiego (naspi). Negli anni questi concetti sono stati un po’ lasciati in disparte dal sistema che ha preferito “tornare all’antico” accantonando la ricollocazione dei lavoratori, propria delle politiche attive del lavoro, e privilegiando il sostegno al mancato reddito riprendendo quindi temi di politiche passive del lavoro. Un meccanismo così impostato rende difficile ipotizzare riprese occupazionali visto anche il dichiarato e mai realizzato potenziamento tecnico/organizzativo dei centri per l’impiego ai quali l’avvento della figura dei “navigator” non ha fornito alcun beneficio concreto.Ultimo tema sollevato è quello relativo al finanziamento degli ammortizzatori sociali. La questione è molto ampia e delicata. Mi limito solo a segnalare che la risposta dipenderà dalla funzione che il sistema darà agli stessi. Se rimanessero nell’alveo di uno strumento temporaneo di “sicurezza aziendale” il loro costo non potrà che essere a carico delle imprese e dei lavoratori. Se invece si evolvesse a meccanismo di generale ed universale difesa dalla povertà (reddito di cittadinanza), ancorchè temporanea, del lavoratore potrebbe aprirsi un tema di riconsiderare come destinatario del costo non il mondo del lavoro ma l’intera collettività. In questo caso l’aggravio per la fiscalità generale sarebbe compensato dal minor onere per le imprese che potrebbe tradursi con maggior gettito salariale e quindi maggior introito fiscale.Tematiche ampie e strutturali. Sicuramente lo stress test Covid19 non passerà inosservato anche in tema di ammortizzatori sociali che saranno probabilmente ristrutturati. Come ogni crisi, anche questa, avrà come conseguenza elementi di miglioramento. L’economista Joseph Schumpeter insegnava che proprio dalla crisi, la cui etimologia greca fa riferimento al cambiamento, deriva ogni miglioramento sociale. Speriamo valga anche questa volta.Paolo Stern – presidente Nexumstp S.p.A.Paolo SternConsulente del Lavoro in Roma. Socio fondatore di Nexumstp Spa. Autore di numerose pubblicazioni in materia di lavoro e relatore a convegni e seminari. Professore a contratto presso università pubbliche e private.Sara Di NinnoDottore in Scienze politiche e Relazioni internazionali, collaboratrice area normativa del lavoro presso Nexumstp Spa. Specializzata in Diritto del lavoro e Relazioni industriali, è dottore di ricerca in Diritto pubblico, comparato ed internazionale, con tema di ricerca in Diritto del lavoro internazionale, e docente in corsi di formazione in materia di disciplina del rapporto di lavoro.Massimiliano Matteucci Consulente del Lavoro in Roma, Socio Nexumstp spa. Laureato in Economia. Specializzato in normativa di Diritto del lavoro e previdenza sociale. Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto del lavoro dell’Università La Sapienza di Roma e preso l’Università Niccolò Cusano di Roma. Membro del Centro Studi dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro Roma, relatore a convegni e seminari. È articolista per la rivista TWOC dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma. Consulente Asseveratore Asseco.Lorenzo Sagulo Laureato in Economia e Gestione delle imprese all’Università degli Studi “Roma Tre”. Collabora con Nexumstp Spa nell’area consulenza del lavoro. È specializzato in normativa di Diritto del lavoro e relazioni industriali. 

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Daniele Bonaddio

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