Legge di stabilità 2018: 15 miliardi su 20 per bloccare l’Iva. È la manovra elettorale

Il governo si concentra sullo stop alla clausola di salvaguardia, sugli incentivi alle assunzioni e sul nuovo contratto pubblico impiego.

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Una manovra “timida” è stata valutata dagli osservatori economici quella che il governo ha varato nelle ultime ore e che comincia il suo lungo iter parlamentare. In realtà, pare a tutti gli effetti una manovra elettorale, ridotta nei numeri ma chiara nelle intenzioni.

Per il momento, le misure inserite ammontano a circa 20 miliardi, una cifra inferiore a quella di dodici mesi fa che si fermò, alla sua approvazione finale a poco più di 27. Ed è possibile che, per opera dei ritocchi tra aule e commissioni, il peso della legge di stabilità possa alleggerirsi ulteriormente, facendola una delle finanziarie più striminzite degli ultimi tempi. Tutto questo, a dieci anni dall’inizio della grande crisi e pochissimi mesi prima delle elezioni politiche più incerte della storia recente.

Insomma, di fronte a queste premesse è facile comprendere il tatticismo di Gentiloni: per una maggioranza che pretende di andare al voto senza introdurre nuovi balzelli, c’è un’opposizione dura, ultimamente in sintonia con una piazza che manifesta insoddisfazione crescente.

Insomma, la Finanziaria quest’anno non poteva che essere timida al cospetto di queste spinte contrapposte che si abbattono sull’esecutivo. Ma se andiamo usiamo la lente, non stupisce se addirittura i tre quarti della manovra, 15 miliardi su 20 totali, sono destinati al rinvio dell’aumento dell’Iva, uno sforzo enorme che, verosimilmente, viene svolto solo in ottica elettorale. Dopo l’aumento deciso dal governo Monti, il contenimento delle clausole di salvaguardia è fin qui costato la bellezza di 70 miliardi di euro. Un appuntamento, quello del salto delle aliquote, che con simili premesse può solo essere rinviato di dodici mesi.

Naturalmente, ciò che conta ai fini elettorali è disinnescare non soltanto l’incremento dell’imposta, ma anzitutto quella che sarebbe un’arma letale in vista delle urne, il colpo di grazia, in primis alle ambizioni di Matteo Renzi, per rientrare a palazzo Chigi dalla porta principale.

Ciò che rimane poi in secondo piano, è che i 15,7 miliardi necessari a mantenere inalterata l’Iva provengono in gran parte da uno sforamento extra di deficit pubblico pari a 11 miliardi, che così facendo provocherà un balzo dall’1% all’1,6% del Pil. I restanti 4 miliardi per scongiurare l’aumento verranno recuperati da interventi contenuti nel decreto fiscale di fresca approvazione e in qualche piccolo taglio alle spese qua e là. Insomma, una scelta precisa, che però preannuncia ulteriori, e possibilmente più gravosi, problemi nel prossimo futuro, che saranno affrontati con le elezioni alle spalle, già a partire dal prossimo Documento di programmazione economica e finanziaria.

Le altre misure

Non solo aumento Iva: la legge di stabilità in salsa elettorale prevede anche ulteriori novità che andranno a presentare qualche piccolo vantaggio a favore di lavoratori e imprese.

Incentivi. Viene introdotta la decontribuzione per tre anni per l’assunzione a tempo indeterminato di giovani fino a 34 anni il primo anno, di 29 il secondo e il terzo. Ok alle integrazioni di 1500 ricercatori.

Pensioni. Ape più elastico per consentire l’uscita a partire dai 63 anni con particolare attenzione alle donne e categorie specifiche di lavoratori.

Rottamazione. Vengono riaperti i termini per aderire allo sconto fiscale, con possibilità di inoltrare domanda per rottamare le cartelle fino al 5 maggio 2018.

Pubblico impiego. Viene riformato dopo dieci anni il contratto del pubblico impiego. Viene introdotto un meccanismo per includere questa categoria nel bonus 80 euro.

Bonus verde. Detrazioni del 36% per le spese dedicate a giardini e terrazzi, con riguardo alle aree scoperte di pertinenza di unità immobiliari private e per il recupero di giardini storici.

Francesco Maltoni

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