Giudizio MUOS: intervista all’avv. Giurdanella

Redazione 07/05/16
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A seguito della sentenza definitiva del Giudizio MUOS, pubblicata oggi dal CGA della Regione Sicilia, le reazioni di tutti coloro che hanno combattuto strenuamente contro la realizzazione dell’impianto non possono che essere di profonda delusione.

Si è tentato, fino all’ultimo, di far valere davanti alla Giustizia le innumerevoli ragioni e preoccupazioni che negli ultimi anni, attraverso studi, ricerche, approfondimenti e constatazioni di fatto sono emerse.

Oggi, però, la sentenza pubblicata ha definitivamente accolto il ricorso del Ministero della Difesa avverso la sentenza di primo grado, che aveva invece accertato l’illegittimità delle autorizzazioni e la nocività dell’impianto.

Sono state definitivamente decise le questioni di merito che erano state sollevate dagli intervenienti e dalle parti costituite nel corso del giudizio, in particolare quelle rilevate dalle parti nell’udienza conclusiva dello scorso 14 aprile, a seguito del deposito della seconda relazione di verificazione integrativa, redatta all’esito delle misurazioni delle emissioni effettuate in concreto.

In quella sede, l’Avv. Giurdanella, legale in difesa del Comune di Ragusa, aveva, tra le altre sue osservazioni, contestato le forti limitazioni al contraddittorio che si erano realizzate durante le operazioni di verificazione: in particolare, aveva rilevato l’assenza di alcun tecnico che parlasse la lingua italiana e che, quindi, fosse in grado di comunicare e collaborare con i consulenti tecnici di parte. Contestualmente, aveva fatto presente ai giudici il problema del comando da remoto dell’impianto, che aveva destato forti dubbi nei tecnici di parte, in quanto questi si erano visti, in concreto, impossibilitati a verificare i dati di comando.

Avv. Giurdanella, su questi aspetti, come si è pronunciato il CGA?

In verità, ci attendevamo delle censure del comportamento del Collegio di Verificazione, che, già, presentava forti dubbi di imparzialità a causa della sua composizione (3 su 5 dei componenti il Collegio erano Ministri dell’attuale Governo, n.d.r.).

I giudici, invece, si sono limitati a negare che vi sia stata alcuna difficoltà di contraddittorio, rifacendosi semplicemente alle direttive che erano state date nella sentenza parziale al Collegio di verificazione dallo stesso CGA. Tali direttive prevedevano una partecipazione attiva dei consulenti tecnici di parte alle operazioni, ma i nostri consulenti ci hanno più volte ribadito quanto fosse ostile l’ambiente in sede di verificazione, e noi difensori l’abbiamo fatto presente in udienza.

Il collegio, invece, rimprovera ai consulenti di “non essere stati in grado di denunciare precisi profili di effettiva violazione delle garanzie del contraddittorio” e di aver rilevato, quale unico problema, l’insufficienza del tempo messo loro a disposizione per presentare osservazioni.

Peraltro, il CGA ha osservato che “la documentazione in atti attesta che la verificazione ha debitamente coinvolto anche i consulenti di parte”, mentre, invece, noi sappiamo che i consulenti sono stati privati della possibilità di verbalizzare le loro istanze non accolte.

Sulla seconda questione, poi, quella dell’accesso da remoto, il CGA ha del tutto omesso di pronunciarsi.

Cosa può dirci, invece, in merito al fatto che la verificazione si sia basata su dati trasmessi dall’Ambasciata USA?

A tal proposito, già in sede di udienza le affermazioni dell’Avvocato dello Stato ci avevano lasciati molto perplessi, e la sentenza non ha fatto che deludere le nostre aspettative.

In udienza, avevamo sentito argomentare alla difesa del Ministero che “come chi compra un’auto tedesca, si fida dei dati trasmessi dai tedeschi sulle caratteristiche tecniche del veicolo, così, se l’impianto è americano, è logico che i dati provengano dagli USA”.

In sentenza, poi , tale affermazione ha trovato accoglimento: risultava “inevitabile”, secondo il CGA, richiedere direttamente ai committenti e titolari dell’impianto (gli americani) i dati tecnici relativi ad esso.

Ma se tali dati sono gli stessi parametri sui quali si basa l’intera verificazione dell’entità delle emissioni elettromagnetiche, non mi sembra accettabile che gli stessi non vengano sottoposti ad alcun vaglio ed, anzi, vengano condivisi in toto dall’organo giudicante quali assolutamente attendibili!

Infine, la tanto discussa “potenza dell’impianto”, è stata finalmente chiarita?

No. Abbiamo fatto notare che la massima potenza non fosse di 200 WATT, bensì di 1600 WATT, e che la verificazione, dunque, avrebbe dovuto essere condotta alla potenza di 1600 WATT.

Il CGA ha risposto, dicendoci che , in realtà, il valore di 1600 WATT non si riferisce alla massima potenza dell’impianto, bensì alla massima potenza “sostenibile” dalle antenne senza subire danneggiamenti.

Mi riservo di chiarire la questione con i nostri consulenti, ma, a una prima occhiata, questo mi sembra solo un diverso modo di dire la stessa cosa.

Redazione

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