Ricorso per illegalità della pena ma inammissibile per tardività

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Nell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, la Quinta Sezione penale, assegnataria del ricorso, rilevava la inammissibilità dello stesso. L’unico atto di ricorso degli imputati era stato presentato oltre i termini di legge e quindi tardivo. La Sezione rimettente puntualizzava, però, che la pena irrogata in sede di merito agli imputati era illegale. La pena comminata ad A.M presentava profili di illegalità in quanto l’imputata era stata condannata, dal Tribunale, per il solo reato di lesioni lievi e quindi per un reato di competenza del giudice di pace. Illegale veniva rilevata anche la pena inflitta all’imputato U.B laddove il Tribunale lo aveva condannato per il medesimo reato ascritto a A.M e per il reato di minaccia grave, ritenuta la continuazione tra i due reati, considerato più grave il reato di lesioni, operata la riduzione per applicazione dell’ art 62 bis c.p e l’aumento per l’applicazione della minaccia, sulla base della comminatoria edittale codicistica e non su quella prevista dal d.lgs. n. 274/200.

Nel caso di specie, l’incompetenza del tribunale a conoscere dei reati in questione – da eccepire a pena di decadenza entro il termine stabilito dall’art 491.I c.p come richiamato dall’art 23.II c.p.p- non risultava né rilevata né eccepita.

Fatte tali premesse, la Quinta Sezione constatava l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità in ordine alla rilevabilità d’ufficio dell’illegalità della pena in caso di inammissibilità del ricorso. Se da un lato un orientamento costante affermava la prevalenza della declaratoria di inammissibilità sulla declaratoria d’ufficio, poiché l’inammissibilità si configurava come causa ostativa al potere-dovere di decidere la questione rilevabile d’ufficio; dall’altro lato un diverso indirizzo, valorizzando il principio di legalità ex art 1 c.p e la funzione della pena ex art 27 cost, in ossequio alle evoluzioni interpretative determinate dai principi CEDU ( Le Sez ioni Unite hanno riconosciuto essere in opposizione all’esecuzione di una sanzione penale rivelatasi, pure successivamente al giudicato, convenzionalmente e costituzionalmente illegittima SS.UU n. 18821/2013 Ercolano) sosteneva che, l’inammissibilità del ricorso non avrebbe impedito alla Corte di procedere al necessario annullamento della sentenza.

Nel caso di specie le Sezioni Unite hanno puntualizzato che, quando il ricorso per cassazione è ab origine inammissibile non può considerasi idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, con conseguente inibizione dei poteri officiosi del giudice. Tuttavia vengono individuate alcune ipotesi in cui l’inammissibilità non condiziona l’accertamento del giudice. Si tratta di deroghe – come l ‘abolitio criminis – giustificate dall’eccezionale possibilità di incidere in executivis sul provvedimento oggetto di giudicato formale. Viene affermata così l’eccezionale possibilità di incidere in executivis sul provvedimento su cui si è formato giudicato formale, salvo che il ricorso sia stato proposto tardivamente (Sent. n.33040/2015 Jazouli)

Le Sezioni Unite hanno infine esaminato la possibilità di dedurre l’illegalità della pena in sede esecutiva.

La giurisprudenza di legittimità ammette pacificamente la possibilità che il giudice dell’esecuzione intervenga per rimuovere la pena principale ove la stessa sia stata inflitta in violazione dei parametri normativamente fissati. Ciò in quanto il principio di legalità della pena (art. 1 c.p e art. 25 II. Cost ) informa tutto il sistema giuridico e non può ritenersi operante solo in sede di cognizione.

La sentenza Ercolano sopra citata ha contribuito ha ampliare i margini di operatività del giudice dell’esecuzione atteso che, l’istanza di legalità della pena è un tema che, in fase esecutiva, deve ritenersi costantemente sub iudice e non ostacolato dal dato formale della “cosa giudicata”. Non può tollerarsi che uno Stato di diritto assista inerte all’esecuzione di una pena che non risultti conforme ai principi CEDU.

Anche la Corte Cost. con sent n. 210/2013 ha ribadito i poteri di cui è dotata la giurisdizione esecutiva sottolineando che, tale organo non si limita a conoscere della validità e efficacia dei titoli, ma è anche abilitata a incidere su di essi.

Conclusivamente le Sezioni Unite con la sent. 47766/2015 hanno affermato che l’illegalità della pena non rilevabile d’ufficio in sede di legittimità in presenza di ricorso inammissibile perché presentato fuori termine, è deducibile davanti al giudice dell’esecuzione. Ciò è compatibile con quanto disposto dagli artt. 1 cp e art 27 cost nonché dall’art. 619 c.p.p, quest’ultimo ostativo alla rettificazione – in sede di legittimità- di provvedimenti di impugnazione in presenza di ricorsi inammissibili.

Infine, nel caso sottoposto alla loro attenzione, le Sezioni Unite non hanno mancato di rilevare che, avendo il tribunale erroneamente applicato le pene previste dalla legge per reati di competenza del giudice di pace, la rimodulazione della pena in sede esecutiva si sarebbe posta come un complessivo nuovo giudizio, essendo ivi il giudice chiamato ad applicare un completo diverso modello sanzionatorio con i connessi i connessi istituti processuali – ovvero quello previsto dalla l. 274/2000.

Tale potere che la Corte attribuisce al giudice d’esecuzione si pone evidentemente in maniera del tutto eccentrica rispetto al pur accresciuto ambito entro il quale ha trovato spazio la giurisdizione in executivis, così riformulando ancora una volta gli ambiti di operatività della stessa

Alessia Ciavattini

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