Voluntary disclosure: proroga sì proroga no, quali rischi

Redazione 14/09/15
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Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, qualche giorno fa alla Commissione Finanze della Camera, ha rivelato come ammontino a 14.118 le richieste di adesione alla voluntary disclosure presentate sino ad oggi. Nonostante il numero non particolarmente confortante rimane invariata l’indicazione del Ministero dell’Economia sul fatto che non si prevede “alcuna iniziativa del Governo volta alla proroga del termine di adesione alla voluntary disclosure”, fissato al 30 settembre 2015. In un Paese dove i rinvii last minute non sono poi così desueti, sono in molti dunque gli operatori del settore che continuano a scommettere sulla proroga, considerata da più parti (maggioranza parlamentare inclusa) inevitabilmente necessaria. Molte, infatti, le contestazioni alle dichiarazioni del Ministro Padoan che, al termine della riunione informale di sabato scorso dell’Eurogruppo, ha ribadito: “Questi sono i termini. Invito ad accelerare le procedure e approfittare di questa finestra”.

La rigidità del Ministro dell’Economia sarebbe più accettabile se le indicazioni delle Entrate fossero arrivate in tempi ammissibili, non essendo però avvenuto questo non può far ricadere le responsabilità sui professionisti e i contribuenti, lamentano gli operatori. La complessa procedura della voluntary si è, infatti, ultimata soltanto al termine del mese di agosto quando sono stati chiariti ulteriori punti per incrementare il numero delle adesioni. Tra essi, la soluzione della problematica del raddoppio dei termini penali, l’accordo con le banche svizzere, l’emanazione delle circolari dell’Agenzia n. 30/E dell’11 agosto e  n. 31/E del 28 agosto. L’estensione del termine per perfezionare la procedura di adesione, inoltre, non soltanto sarebbe auspicata dai contribuenti interessati, ma agevolerebbe la stessa Agenzia delle Entrate che, dovendo effettuare tutti i controlli sulle domande di regolarizzazione, avrebbe tempi meno ristretti, per non parlare poi del beneficio che ne deriverebbe per le entrate erariali.

Lasciarsi sfuggire un’occasione come questa, infatti, dal momento che il Governo necessita di risorse per mantenere le promesse del premier Matteo Renzi sulla riduzione delle imposte, non sarebbe una buona mossa da parte dello stesso Esecutivo in quanto un’eventuale regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero, in futuro, non potrebbe più presentarsi. L’auspicata proroga dovrebbe comunque essere circoscritta a determinate tempistiche, in quanto sforare il termine del 31 dicembre 2015 e così influire sulle annualità coinvolte dalla scadenza dei termini, non sarebbe conveniente. Logica vuole che la proroga molto probabilmente si applicherà, dietro il pericolo tuttavia che professionisti e rispettivi clienti potrebbero fare i conti con le agitazioni dettate dall’ultimo minuto. D’altro canto, l’ipotesi che vuole una riapertura dei termini successiva alla scadenza del 30 settembre sarebbe alquanto inopportuna quale prova di mancata trasparenza e fiducia tra fisco, contribuenti ed operatori del settore.

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