La parcella dell’avvocato: termine di prescrizione, decorrenza e natura

Luisa Camboni 24/07/15
Scarica PDF Stampa
In questo periodo di crisi economica, diventa difficile per l’avvocato ottenere il pagamento della parcella. Per evitare che quanto dovuto dal cliente per l’opera professionale prestata non vada del tutto perduto è necessario che l’avvocato solleciti il pagamento. Infatti, l’avvocato ha un termine assai ristretto per poter richiedere al cliente insolvente il pagamento della parcella. Questo termine, detto di prescrizione, è di tre anni, trascorso il quale il cliente, alla richiesta di pagamento da parte del professionista, può rispondere con un secco “no”.

Da quando decorrono i tre anni?
Detto termine comincia a decorrere dall’esecuzione della prestazione. Sul punto è intervenuta la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 22868/2014, ha chiarito da quando decorre il termine di prescrizione per il diritto al compenso per un professionista, ovvero dal giorno in cui è stato espletato l’incarico, e non dal momento del compimento di ogni singola prestazione professionale in cui si articola l’obbligazione.
Il dies a quo può coincidere:
1) Con la sentenza passata in giudicato;
2) Con l’accordo conciliativo;
3) Con la revoca del mandato.
Perché il credito possa dirsi prescritto è necessario che, in questi tre anni, non intervenga alcun atto interruttivo da parte del creditore. Sono “atti interruttivi”, per esempio, una raccomandata con cui si sollecita il pagamento, la notifica di un decreto ingiuntivo o di una citazione.
Si noti bene: in presenza di un atto interruttivo, il decorso del termine triennale si interrompe e ricomincia a decorrere ab initio.
Quanto alla natura di detta prescrizione si dice che ha natura “presuntiva”.
Che significa natura “presuntiva”? Si presume che il debitore abbia pagato il credito offrendo semplicemente la prova dell’avvenuto decorso del termine. In altri termini, il nostro Legislatore presume che trascorsi i tre anni il creditore abbia chiesto l’adempimento e il debitore abbia pagato.
Attenzione!!! Presumere il pagamento non significa che il debitore abbia pagato. Spetterà, in questo caso al creditore – professionista dimostrare in giudizio che il debitore-cliente non ha pagato.
Come si può dimostrare il mancato pagamento?
La prova del mancato pagamento può essere fornita solo in un modo, assai difficile: ossia, con un giuramento: il “giuramento decisorio” del debitore – cliente. Il debitore- cliente deve giurare davanti al Giudice che non ha pagato il creditore – professionista.
Distinguiamo due ipotesi:
-se il debitore giura di aver pagato, il creditore perde la causa e non potrà pretendere niente;
– se il debitore giura di non aver pagato, il professionista potrà richiedere il pagamento.
Che accade nel caso in cui il debitore giura il falso?
In questa ipotesi il Giudice dovrà ritenere avvenuto il pagamento e il creditore- professionista vedrà prescritto il proprio diritto; insomma, il cliente vince la causa.
A questo punto il creditore – professionista potrebbe iniziare una causa per falsa testimonianza in sede penale per il risarcimento del danno nei confronti del cliente falso. Nel caso in cui il reato sia estinto potrebbe agire in sede civile per il risarcimento del danno: “danno morale”. In ogni caso è tenuto a provare il falso del suo debitore- cliente.
Se il debitore – cliente vuole evitare di essere chiamato davanti al Giudice a prestare giuramento, dovrà attendere i termini della prescrizione ordinaria, ovvero 10 anni.
Trascorsi i 10 anni il credito del professionista è definitivamente prescritto e non può essere più sollecitato.
Avv. Luisa Camboni

Luisa Camboni

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento