Si tratta del secondo stralcio della revisione dell’impianto amministrativo statale e decentrato, che prosegue sul solco tracciato la scorsa estate dal decreto 90/2014, nel quale si erano gettate le prime misure e più urgenti per la modifica della PA promessa dal premier Matteo Renzi.
Dopo un lungo cammino tra commissione e aula, dunque, il disegno di legge madia lascia palazzo madama. Il suo approdo in Senato è avvenuto addirittura lo scorso settembre, a ridosso dell’ok definitivo al primo decreto legge sulla PA.
Le novità della riforma approvata
Al governo viene affidata la delega per la definizione del provvedimento che dovrebbe rendere meno numerosi e i famosi decreti ministeriali che, spesso, bloccano l’attuazione delle leggi già approvate.
Al centro della nuova legge, le figure dei dirigenti, che cominceranno a convergere verso la figura unica del dirigente della Repubblica, a prescindere dalle funzioni rivestite. Gli incarichi assegnati dovrebbero passare da due trienni a un quadriennio, cui potrebbe aggiungersi un ulteriore biennio di completamento.
Concorsi. Viene impostata l’immissione in ruolo dei vincitori di concorsi più veloce, assieme all’enunciazione di una nuova staffetta generazionale che, però, dovrà tenere conto delle attuali maglie che prevedono precise quantità di esuberi, prepensionamenti e ingressi negli organici della PA.
Viene istituito un polo unico della medicina fiscale, con accentramento dei controlli sull’Inps oggi guidata da Tito Boeri.
Ora, il testo passerà alla Camera dei deputati in seconda lettura. Obiettivo del governo: arrivare a un’approvazione definitiva entro l’estate: un termine che pare alla portata se quello di Montecitorio sarà l’ultimo passaggio. Qualora, invece, dovessero arrivare emendamenti o modifiche la testo uscito dal Senato, i tempi potrebbero allungarsi ulteriormente.
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