Evoluzione del modello di governance della P.A. alla luce della riforma del Titolo V della Costituzione.

Enrico Farina 26/09/14
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Con le riforme degli anni ‘90 si creano i presupposti del modello dell’Amministrazione della sussidiarietà, che riconosce ai cittadini un ruolo attivo per contribuire direttamente alla soluzione di problemi di interesse generale. Tale modello si pone come innovativo, rispetto al paradigma bipolare (cittadini-amministrati e cittadini-clienti) che ha caratterizzato (ed ancora caratterizza in molte realtà territoriali) il rapporto tra P.A. ed utenza.

Il nuovo paradigma si basa sul presupposto che la Pubblica Amministrazione è il principale strumento attraverso il quale la Repubblica persegue il principio costituzionale dell’uguaglianza sostanziale. Difatti, attraverso il modello della sussidiarietà, le Amministrazioni sono orientate a perseguire quanto disposto nel dettato costituzionale di cui all’art.3, 2°c., che impone alla Repubblica di: “..rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Arena[1] suggerisce una lettura correlata di questo articolo con l’art 118 c.4, che recita: ”Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Il cittadino (singolo o associato) diviene, attraverso la lettura combinata di questi due articoli, titolare del potere di iniziativa, nel realizzare esperienze di amministrazione condivisa fondate sul principio di sussidiarietà orizzontale e finalizzate alla piena realizzazione dell’individuo e della società.

L’inserimento nel nostro ordinamento del principio di sussidiarietà orizzontale consente alle P.A. di considerare i cittadini, non più soggetti passivi (amministrati) o  meri fruitori di servizi (clienti), bensì alleati che si assumono (autonomamente) l’onere di contribuire alla creazione delle condizioni utili alla realizzazione dell’interesse generale.

In tal senso l’interesse generale diviene il ponte che unisce la P.A. ad i cittadini, in un rapporto sussidiario strutturato sulla reciproca collaborazione, finalizzata al conseguimento di un obiettivo condiviso.

L’importanza attribuita al principio di sussidiarietà è rinvenibile anche:

  • nell’art.4 della legge n.59/1997: “nell’osservanza del principio di sussidiarietà, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l’assolvimento di compiti e di funzioni di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità”;
  • nel T.U. sull’ordinamento degli enti locali, n.267/2000[2], all’art.3, 5°c., nel quale si dispone che: “I Comuni e le Province … svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali”.

Emerge chiaramente che l’orientamento del legislatore, già dalla fine degli anni ‘90, è indirizzato a superare il paradigma bipolare, in favore di un modello di Amministrazione basato sul principio della sussidiarietà orizzontale. Tale principio troverà pieno riconoscimento costituzionale con la riforma del titolo V[3], divenendo sostanzialmente un criterio regolatore di competenze finalizzato a garantire il buon andamento della funzione amministrativa (art. 97 Cost.).[4]

Se da un lato il legislatore ha dato piena legittimità al principio di sussidiarietà, va evidenziato che l’applicazione dell’art.118 Cost. necessita del coinvolgimento diretto dei cittadini, ai quali spetta l’onere dell‘autonoma iniziativa, orientata all’interesse generale (cardine fondante della disposizione).

Il principio di sussidiarietà orizzontale esprime il suo potenziale innovativo, intervenendo a modificare il tradizionale schema di potere gerarchico, che vede i cittadini come meri destinatari dei provvedimenti amministrativi, a favore di un potere di iniziativa attribuito, in primis, ai cittadini stessi. L’art.118 c.4 della Cost. diviene in tal modo una forma di legittimazione in mano alla società civile, per avanzare istanze ed iniziative alle Pubbliche Amministrazioni.

I motivi che hanno portato al recepimento in Costituzione del principio di sussidiarietà, ben oltre cinquant’anni dopo la redazione della Carta fondante, si comprendono alla luce delle difficoltà vissute dalla P.A. a stabilire con i cittadini un rapporto paritario; ciò è dipeso dall’idea che la Repubblica dovesse esclusivamente assolvere alla funzione di sostegno ed appagamento dei bisogni collettivi, contribuendo alla rimozione degli ostacoli che ne impedivano il loro pieno sviluppo; i cittadini, dal canto loro, sono stati indotti ad ottenere il massimo vantaggio dalla propria condizione di amministrati, assistiti, pazienti, utenti. Sino alla riforma del titolo V non si erano paventate ancora condizioni sufficienti a riconoscere ai cittadini (in maniera così esplicita) il potere di iniziativa autonoma ed un ruolo attivo nei confronti dell’Amministrazione Pubblica.

Da un punto di vista antropologico e sociologico, possiamo constatare come la società sia cambiata nel corso degli ultimi cinquant’anni: sia per quanto attiene il livello culturale della popolazione (aumentato in considerazione del maggior grado d’istruzione e della riduzione considerevole del numero di analfabeti, anche nelle fasce più povere); sia rispetto alle tipologie di bisogni che le istituzioni sono chiamate a soddisfare, per ossequiare il dettato costituzionale di cui all’art. 3, 2°c. e, quindi, garantire a tutti i cittadini l’uguaglianza sostanziale e la piena realizzazione personale (es. problemi connessi al digital divide).

L’introduzione dell’art. 118 della Cost. ha reso possibile e necessario invertire la direzione del rapporto fra istituzioni e cittadini, attribuendo a questi ultimi gli strumenti per contribuire al perseguimento dell’interesse generale. Attraverso il principio di sussidiarietà orizzontale le Amministrazioni Pubbliche, una volta individuati i livelli istituzionali più adatti al perseguimento dell’interesse collettivo (secondo il principio della sussidiarietà verticale), potranno trovare nei cittadini dei nuovi alleati (autonomi, consapevoli e responsabili) per il perseguimento del bene comune. I principi di sussidiarietà verticale ed orizzontale si integrano vicendevolmente nella realizzazione dell’interesse generale che, grazie al combinato disposto di cui agli artt. 118 e 3, 2°c. Cost., si concretizza in azioni sinergiche (di soggetti pubblici e privati) finalizzate alla creazione delle condizioni utili alla piena realizzazione di ciascun individuo all’interno della società.[5]

La portata innovativa e dirompete che si cela dietro il principio di sussidiarietà orizzontale, si chiarisce alla luce della propria natura eminentemente relazionale; tale principio, infatti, è idoneo a disciplinare i rapporti fra soggetti dotati di autonomia: ci riferimento ai cittadini (singoli o associati), ma anche ai vertici politici delle Amministrazioni[6]; principio questo che trova la propria legittimazione nell’art.5 Cost. che enuncia: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento“. Il concetto di autonomia integra due accezioni, tra loro apparentemente configgenti:

  • la prima, si riferisce all’autonomia amministrativa delle comunità locali, dalle ingerenze dei poteri centrali;
  • la seconda, descrive l’autonomia come il principio organizzativo, attraverso il quale la P.A. riesce a dare ordine ai rapporti fra tutti i poteri pubblici e fra questi e i cittadini (singoli o associati).[7]

La seconda concezione di autonomia, che Arena chiama relazionale, porta alla creazione di una rete di rapporti fra soggetti autonomi (P.A. e cittadini), all’interno della quale ciascuno può realizzare i propri interessi, in uno scambio comunicativo circolare e continuo che consente la soddisfazione delle esigenze individuali attraverso l’apertura agli altri.

I principi innanzi descritti, di sussidiarietà orizzontale e di autonomia relazionale, divengono così il fondamento costituzionale per l’instaurazione del nuovo paradigma (pluralista e paritario) dell’amministrazione della sussidiarietà (alternativo a quello tradizionale di tipo bipolare, amministrazione-amministrati); attraverso tale paradigma l’ente pubblico potrà affrontare e risolvere (con maggiore flessibilità) la complessità dei problemi che la società moderna pone, ma a condizione di saper applicare un nuovo modello di governance che riconosca al cittadino il valore di risorsa e partner dell’Amministrazione.

 

ARENA Gregorio, “I veri soggetti della sussidiarietà. Volontari e cittadini attivi” in Federalismo fiscale e disuguaglianze territoriali: il ruolo dell’economia civile, AICCON, 2012
Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali
Attuata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
MUSELLA Mario, La sussidiarietà orizzontale, Carocci, 2013
ARENA Gregorio, CORTESE Fulvio, Per governareinsieme: il federalismo come metodo. Verso nuove forme della democrazia,Cedam, 2011
ALBANESE Alessandra, Il principio di sussidiarietà orizzontale: autonomia sociale e compiti pubblici, in Dir. pubb., 1, 2000
D’ALESSANDRO Daniele, Sussidiarietà solidarietà e azione amministrativa, Giuffrè, 2004

Enrico Farina

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