I tre amici al bar parlano…dell’umiltà

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Non vi ho ancora detto, cari lettori, che nella mia città vi è un convento benedettino e che uno dei frati usa andare a piedi o in bici attraverso le vie per dire messa nelle parrocchie abbandonate o per incontrare le  anime perdute nei luoghi frequentati della città, come ad esempio la stazione.

L’altro giorno me lo sono trovato accanto per strada di buon mattino diretto anche lui al nostro bar della stazione. A tracolla una borsa che conteneva l’ ultima pastorale del vescovo sull’umiltà e che andava a presentare a fedeli e non. Il nostro gruppo, misto di credenti e non credenti, lo ascoltava in silenzio.

Tra le regole dell’umiltà di San Benedetto quella che più colpì il nostro uditorio fu la regola n. 8 che recitaNon far nulla contro la Regola e seguire il consiglio degli anziani” e che invita a seguire le regole della vita monastica  e l’insegnamento degli anziani. Il professore di filosofia a quel punto non poté fare a meno di intervenire per sottolineare che la regola secondo lui aveva lo stesso valore nella vita sociale. Oggi, disse, il problema cruciale del nostro paese non è una politica di destra o di sinistra, ma è l’assenza del rispetto delle regole,la illegalità e la diffusione del sopruso e della criminalità.

E l’ipocrisia di non vedere ciò che è sotto gli occhi di tutti. Cinesi e italiani che muoiono di lavoro nero e fanno morire migliaia di aziende che pagano il fisco. Immigrati che l’Europa non vede e che noi siamo costretti a vedere quando naufragano e poi ignoriamo quando nudi sono spruzzati d’infamia. Carceri indegne sovraffollate di piccoli reati, e delinquenti abituali che attendono tranquilli nello sfarzo i lustri della futura prescrizione di una giustizia-tartaruga costretta ai tre gradi di giudizio. Sì, la priorità del paese è la riforma della giustizia che abolisca la prescrizione, i tre gradi di giudizio e che preveda la confisca dei beni invece delle costose pene carcerarie. E altrettanto nefasta e perniciosa gli sembrava la  recente tendenza di far fuori gli anziani puntando sul valore dei giovani comunque.

I giovani di adesso sono presuntuosi e fannulloni, gridò. Quando il professore alzò la voce, il frate lo invitò a passare alla regola n. 9, che recitava “Dominare la lingua osservando fedelmente il silenzio”, perché, egli aggiunse, il rumore delle parole, la sovrabbondanza di informazioni e di menzogne, le grida assordanti e arroganti dei comici professionisti e involontari, oscurano la verità e la carità che è nel gesto di ogni cristiano, ma anche di ogni cittadino nella sua comunità e per la sua comunità. Non per tutti è possibile osservare il silenzio, replicò il professore, meno che mai per uno come me che deve insegnare la filosofia agli studenti.

Il pensiero dell’uomo si può insegnare anche col fare piuttosto che col dire, affermò sottovoce il frate e aggiunse, per conoscere il mio pensiero attendi alle mie azioni piuttosto che alle mie parole. A quel punto il frate con un cenno del capo ci salutò e si avvicinò al barbone, che era solito soggiornare nell’atrio della stazione e che sembrava lo aspettasse. Lo prese sottobraccio e lo portò a fare colazione al bar.

 

 

 

Francesco Ciotti

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