Le video-riprese condominiali possono essere utilizzate come prova nel processo penale

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L’art. 4 del Codice Privacy, definisce dato personale “qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale”, trattamento sarà qualunque altra operazione, intervento su tali dati. Il Garante italiano ha precisato che le videoregistrazioni rientrano proprio in questa categoria, dunque non possono essere effettuate indiscriminatamente, sottostanno alla disciplina prevista nel codice stesso. Tra l’altro il codice penale italiano ha previsto, già un po’ di tempo fa, dal 1974 per la precisione, la reclusione in caso di interferenze illecite nella vita privata, art.615 bis c.p.. così come la violazione di domicilio di cui all’art. 614 c.p.

Non si possono registrare immagini attinenti alla vita privata degli individui e farne un indiscriminato utilizzo. Un’azione di questo tipo deve essere supportata da validi motivi, quale l’esigenza di salvaguardare principi di pari rango. Tuttavia è proprio qui che nasce il conflitto e la necessità di bilanciare diritti irrinunciabili ed assoluti che si contrappongo in una situazione giuridica , nella realtà quotidiana. Nel caso specifico la riservatezza e la vita individuale. E’ qui che sorge il problema. Il Garante si è ampiamente occupato del tema ed ha emanato due importanti provvedimenti, uno del 29 aprile 2004 e l’altro datato 8 aprile 2010, che disciplinano anche l’installazione di videocamere all’interno dei condomini. Le ragioni per cui

Su quest’ultima tematica è intervenuta di recente anche la Cassazione con sentenza 28554/2013 che ha stabilito che le videoriprese effettuate all’interno di una zona di pertinenza condominiale sono da considerarsi mezzi di prova legittimi anche se i relativi impianti sono stati installati per decisione dei condomini. Una precedente sentenza, (Cass. Pen. 26795/2006) vietava l’utilizzo delle immagini registrate da telecamere installate all’interno di un’unità abitativa privata dalla polizia giudiziaria. Come si chiarisce in motivazione, proprio per la natura atipica di tali strumenti, a maggior ragione il loro utilizzo quale mezzo di ricerca di prove deve essere giustificato e supportato da un’ipotesi investigativa chiara e da una conseguente autorizzazione di autorità giudiziaria, elementi del tutto assenti in questo frangente.

Effettivamente il Garante con il provvedimento dell’aprile 2010 stabilisce che la registrazione di immagini , così come il loro utilizzo, è da considerarsi trattamento di dati personali, anche se le riprese hanno per oggetto “comportamenti non comunicativi”. Al contempo pone l’accento su alcuni obblighi che devono affiancare l’installazione di impianti di videosorveglianza, come la necessaria informativa che avverta chiaramente della presenza di videocamere e delle fini perseguiti, l’autorizzazione del Garante per la stessa installazione del sistema di ripresa. Vi sono inoltre alcuni principi basilari che devono essere seguiti

Quando i privati decidono di dotare il proprio domicilio di una videosorveglianza devono informare eventuali esterni della presenza di un “occhio” meccanico che sorveglia e dello scopo di tale strumentazione. La sentenza in esame precisa che in un contesto di questo tipo, il materiale raccolto dalle videocamere può essere utilizzato come prova , pur sempre ai sensi dell’art. 189 c.p.p., dato che il nostro ordinamento ancora non contiene una disciplina espressa della medesima. La ragione mi sembra anche abbastanza intuitiva: chi decide di cospargere la propria residenza e/o domicilio privato di telecamere, non lo fa per spiare chi passa (hobby, peraltro, di dubbio divertimento, a mio parere e su cui il Garante avrebbe qualche rimostranza) ma piuttosto per proteggere se stesso e/o la proprietà da possibili violazioni , lesioni, crimini dunque. Il Garante ha, tuttavia, ritenuto necessario precisare nel provvedimento n. 29 del 2004 l’illegittimità di possibili usi impropri delle riprese, nel rispetto del principio di proporzionalità di cui all’art. 11 del Codice Privacy , niente telecamere a fini commerciali e/o promozionali, così come l’installazione artefatta delle medesime a scopo meramente dimostrativo. Il trattamento e lo strumento adottato deve essere proporzionato alla specifica finalità perseguita, rientrante fra quelle indicate dalla stessa Autorità. Lo stesso principio vale in condominio, anzi , a maggior ragione e questo è stato riconosciuto anche dalla recente riforma entrata in vigore il 18 aprile di quest’anno. L’art. 1122-ter c.c. , introdotto dalla medesima , si occupa in modo specifico delle modalità di installazione degli impianti video all’interno delle strutture condominiali, prescrivendone un’apposita delibera con la maggioranza di cui all’art. 1136 c.c..

Miriam Cobellini

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