Scuola; i presidi non possono chiedere soldi ai genitori degli alluni

Redazione 12/03/13
Scarica PDF Stampa
Il ministero dell’Istruzione con una nota a firma del capo del dipartimento, Lucrezia Stellacci, emanata il 7 marzo scorso ha ricordato che è severamente vietato ai dirigenti di chiedere soldi alle famiglie degli alunni per finanziare iniziative didattiche ulteriori rispetto a quelle curriculari. L’unica eccezione consentita è che i contributi siano fatti in modo volontario o siano erogazioni liberali. Dunque tutti quei dirigenti che esigono questi versamenti dai genitori, previa minaccia di sanzioni ai figli, incorrono nella responsabilità disciplinare.

Il problema, ormai, è diventato di tali proporzioni che l’amministrazione centrale si è vista costretta ad investire, in modo tale che i direttori regionali si potessero conformare alla direttiva emanata dal loro diretto superiore, che fra l’altro è titolare del potere disciplinare nei loro confronti.

Le situazioni sono di tale gravità che il dipartimento, mediante la medesima nota, ha impartito direttive anche alla direzione generale del bilancio, per imporre ai revisori dei conti delle istituzioni scolastiche di “operare, nell’ambito delle ordinarie procedure, specifici ed accurati controlli in merito alle modalità di richiesta, gestione e rendicontazione dei contributi delle famiglie”. 

E’ già la seconda volta in cui il dipartimento è costretto ad intervenire, a manifestare lo scarso grado di attuazione delle disposizioni impartite a suo tempo. Per risolvere, dunque, definitivamente la problematica, l’amministrazione centrale ha ribadito ai dirigenti scolastici che possibili ulteriori segnalazioni che dovessero giungere al dipartimento, su vicende simili, saranno tempestivamente rappresentate ai direttori regionali con l’obiettivo di intraprendere i rispettivi procedimenti disciplinari.

Il ministero dell’istruzione, vista la gravità della situazione, dunque ha deciso di minacciare sanzioni disciplinari se non verrà posto un freno, il dipartimento inoltre ha stigmatizzato i comportamenti di certi presidi che, nonostante la legge stabilisca l’iscrizione d’ufficio degli alunni della scuola dell’obbligo alle classi del corso, obbligano i genitori ad iscrivere nuovamente i figli, per altro in formato cartaceo perché questo gli fornisce l’occasione per imporre il versamento di altre somme non dovute.

L’amministrazione centrale ha spiegato che anche se le richieste di contributi provengono da delibere del consiglio di istituto, tale organo non è titolare di alcun potere impositivo, quindi il versamento di contributi non può che  essere di tipo volontario. Quanto alle modalità dell’invito da rivolgere alle famiglie, il dipartimento ha fatto riferimento alla nota 312 del 20 marzo 2013. Il provvedimento spiega che i contributi non possono essere chiesti per finanziare le attività curriculari e la destinazione dei medesimi dovrà essere previamente comunicata alle famiglie.

In questo modo le famiglie possono scegliere anche solo certe delle attività proposte invece di altre, evitando così richieste di contributi imprecisati. Nella nota 312, inoltre, il ministero raccomanda alle scuole di informare le famiglie della possibilità di detrarre dalle imposte i contributi, così come contemplato dall’art. 13 della legge 40/2007. 

Resta ferma la gratuità dell’istruzione che è un diritto tutelato dalla costituzione e che fino al compimento dell’obbligo non prevede neanche il versamento delle tasse che possono essere pretese solo per gli ultimi due anni delle scuole superiori, escluse le ipotesi di esonero.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento