Società partecipate: per il Tribunale, fallimento impossibile

Redazione 16/01/13
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Secondo il Tribunale di Palermo le società per azioni partecipate dal comune, pur essendo istituite sotto forma di impresa di diritto privato, non possono fallire poiché sono mancanti del requisito oggettivo previsto all’art. 1 della legge fallimentare, ossia perché non sono imprenditori commerciali. Allo stesso modo ne è escluso l’accesso all’amministrazione straordinaria ai sensi dell’art. 2 dlgs 270/1999.

Più precisamente, l’esclusione opera quando l’ente societario in questione è qualificabile come organismo di diritto pubblico, cioè quando 1) svolge un’attività diretta a soddisfare un’interesse generale 2) tale attività viene finanziata in tutto o in parte da un organismo pubblico 3) ha personalità giuridica.

In base a questi criteri, il decreto del Tribunale Fallimentare di Palermo, datato 8 gennaio 2013, ha rigettato l’istanza di fallimento presentata da Gesip Palermo spa, società con capitale detenuto al 100% dal comune di Palermo, alla quale erano stati affidata vari servizi pubblici, tra i quali la pulizia e la manutenzione degli spazi pubblici, e che aveva ormai superato i 1800 dipendenti(!). A questo punto sarà il comune, le cui finanze sono già in pesante difficoltà, a doversi fare carico dei debiti delle utilities, dato che i debiti delle partecipate sono debiti del comune.

Sembra chiaro che la pronuncia, sposando una nozione concreta ed allargata di pubblica amministrazione, sia nel senso di responsabilizzare gli enti locali nella gestione delle partecipate. Secondo il Tribunale, nel momento in cui l’ente si propone di perseguire l’interesse pubblico affidandolo ad una società partecipata, ciò comporta implicitamente assumersi il rischio del suo dissesto. In altre parole, l’utilizzo di enti formalmente di diritto privato non può essere un escamotage per disinteressarsi del buon andamento della partecipata, attraverso la scorciatoia delle procedure fallimentari.

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