Mediazione ko al Senato: a rischio la sopravvivenza dell’istituto

Redazione 28/11/12
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Le mediazione civile è arenata, forse stavolta in maniera definitiva. Il Senato ha detto no anche l’ultimo emendamento al decreto sviluppo-bis, ora in procinto di conversione in legge, mettendo così in soffitta per questa legislatura l’istituto più contestato da parte dell’avvocatura.

Le premesse sembravano chiare: a fronte di un indotto ormai imponente, tra studi specializzati, professionisti e cause in corso d’opera, il Parlamento stava battendo ogni strada per trarre in salvo la conciliazione.

Ne erano testimonianza i vari mini-emendamenti piovuti tra una Camera e l’altra, poi accorpati in un unico testo salvagente finito, magari in misura impropria, tra i possibili ritocchi al decreto per le start-up e l’agenda digitale.

Tutti questi sforzi frettolosi e un po’ disordinati si erano verificati, come noto, dopo la sentenza della Corte costituzionale, che aveva dichiarato illeggittima la mediazione, per l’eccesso di delega utilizzato dal governo Berlusconi che ne aveva promosso per primo l’istituzione in obbligatorietà.

Negli intenti originari, la media conciliazione avrebbe dovuto fungere da “spartitraffico” del processo civile, cercando di incanalare le vertenze meno ostiche lontano dalle già oberate Aule.

A questo proposito, nell’ultimo emendamento si era puntato a ridurre le materie di riferimento per la mediazione come condizione di procedibilità, estraendo dai suoi argomenti cardine diatribe tortuose come quelle su diffamazione a mezzo stampa, secondo quanto suggerito dal recente Congresso nazionale degli avvocati.

In quella sede, però, era intervenuto il presidente del Senato Renato Schifani in persona, avvocato, che aveva lasciato intendere come la mediazione avrebbe incontrato resistenze al vaglio parlamentare.

Da qui, l’ulteriore ravvedimento dei promotori dell’emendamento salva conciliazione, che hanno accettato di ridurre il periodo di prova dell’obbligatorietà di due anni, dal 31 dicembre 2017 come termine ultimo, alla fine del 2015.

Tutto vano. Ieri palazzo Madama ha giudicato inammissibile, per la seconda volta in pochi giorni, l’emendamento che avrebbe dovuto tenere in vita la mediazione, seppur ridimensionandola.

Ora, le associazioni del mondo forense, Oua su tutte, brindano, e invitano, al contempo, il ministro Severino all’apertura di un tavolo specifico per riscrivere i connotati della mediazione.

Oltretutto, sarà anche la Corte di Giustizia europea a doversi pronunciare sull’attinenza della via italiana alla mediazione ai principi comunitari, cui avrebbe dovuto ispirarsi.

Quello occorso al Senato è uno stop che, a questo punto, mette in serio pericolo l’esistenza dell’ufficio di mediazione: in primis, perché le Camere non avranno modo di votare provvedimenti ulteriori ai tanti già in coda, e, in secondo luogo, per via degli ostacoli incontrati dall’istituto, che a questo punto si stanno rivelando insormontabili.

Un quadro che si va definendo, mentre continua il silenzio della Corte costituzionale sulle motivazioni della recente bocciatura: a questo punto, le ragioni che la Consulta addurrà per giustificare il suo giudizio, saranno decisive per capire se la mediazione in Italia potrà avere ancora un futuro oppure no.

 

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