Reato di concussione, cosa cambia con il ddl anti corruzione

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Da giorni ormai è in discussione in Parlamento un ddl in materia di corruzione.

I tempi di approvazione non sembrano esattamente brevi, la materia è oggetto continuo di emendamenti, ripensamenti, proteste e proposte. Il ddl punterebbe, a quanto sembra, sul sistema della Pubblica Amministrazione: un tentativo di ridare lustro all’apparato statale ed ai suoi prolungamenti?

Risposta plausibile, operazione forse doverosa anche se non semplice, soprattutto alla luce dei recenti eventi di cronaca che hanno visto indagati numerosi soggetti radicati in questa struttura. Per prevenire l’insorgere di sotto-strutture che di legale hanno poco, il ddl propone un sistema di pianificazione , organizzazione e monitoraggio più serrato da parte degli organi amministrativi al proprio interno, oltre ad una revisione delle attività commerciali considerate a “rischio-mafia”.

Il ddl, inoltre, interviene in modo significativo anche sull’art.317 c.p, concussione, e sull’art.318 c.p. e ss., corruzione, al punto da prevederne uno “smembramento”. Prima di enucleare le nuove proposte a questo riguardo, è bene , tuttavia, precisare alcuni elementi strutturali essenziali delle due fattispecie.

In particolare, il primo, la concussione, si configura quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio costringe o induce taluno a dare o promettere indebitamente denaro od altra utilità mediante l’abuso della sua qualità e dei suoi poteri (come da modifiche della L.86/1990). Proprio quest’ultimo sarebbe il nodo centrale che contraddistingue la fattispecie. Il processo di formazione della volontà del soggetto passivo è alterato dalla pressione psicologica esercitata dall’agente forte dello status e dei poteri che glisono stati attribuiti. Alternativamente, il reo può scegliere di costringere , e quindi forzare la vittima minacciando un male ingiusto, oppure attuare un processo di suggestione, persuasione o inganno che convincano il privato della necessità di dare o promettere , da cui l’aggettivo “indebitamente “ a caratterizzare la promessa.

A supporto di ciò la Cassazione ha sottolineato, già in una sentenza del 1998 (C.Cass., sez. VI, 98/544), che la concussione si realizza anche quando sia il privato per primo ad offrire al pubblico ufficiale, in quanto scelta derivante da una “situazione coartatrice[…]gradatamente formatasi attraverso allusioni o maliziose prospettazioni di favoritismi o di pregiudizi futuri[…]” interpretazione confermata anche dalla più recente C.Cass., sez. VI 08/24401 “Ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art.317 c.p. è rilevante che la volontà del privato non sia formata liberamente a cagione, diretta o indiretta, della condotta del pubblico ufficiale […] a prescindere dal fatto che sia stato lo stesso privato , in conseguenza del comportamento subdolo e malizioso di quest’ultimo, ad offrire”. La coazione psicologica viene esercitata anche tramite minacce implicite, segni , allusioni, discorsi supportati dalla posizione dai poteri che l’agente può validamente esercitare in virtù della sua carica. L’art. 317 c.p. pone la costrizione e l’induzione come comportamenti alternativi alla luce di un’equivalenza di significato dei vari requisiti che comunque andrebbero a confluire nel concetto di subordinazione , prevaricazione e coazione ai fini della configurabilità del reato.

La giurisprudenza ha poi sottolineato che non è pensabile definire in dettaglio tali concetti. Le modalità in cui si estrinsecano, infatti, sarebbero infinite, (come d’altronde è ingegnosa la mente umana).

Alla luce di questa breve analisi, nel ddl di riforma si proporrebbe innanzitutto una scissione: comportamento tipico della concussione sarebbe solo la costrizione, l’induzione, invece, andrebbe a configurare una nuova ipotesi di reato “induzione a dare o promettere denaro od altra utilità”, oltre a prevedere la punibilità del privato che da o promette. A ciò si aggiunga un possibile aumento di pena nel minimo da quattro a sei anni.

La giurisprudenza, tuttavia, non sembra aver suggerito la necessità di questa scissione, al contrario. Infatti, se da un lato tale intervento consentirebbe di tipizzare maggiormente la fattispecie, dall’altro non si può trascurare il fatto che costrizione ed induzione sono concetti strettamente legati (anche semanticamente) e difficili da distinguere in modo rigoroso.

Tutto dunque dipenderà dalla formulazione finale del nuovo reato di induzione e dalla precisione con cui verrà definito. Anche i limiti edittali di pena avranno notevole importanza nel definire il concerto vantaggio di questa separazione.

Miriam Cobellini

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