Quel console “fascio-rock” che il Consiglio di Stato mandò a casa…

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2012: si sente ancora parlare di fascismo.

Stavolta è il diplomatico Mario Vattani ad essere protagonista di un atavito scontro etico.

Tempo fa un video caricato su youtube lo ritraeva in veste di vocalist di un gruppo rock fautore del fascismo, dichiaratamente schierato contro la Repubblica italiana, i pacifisti e i disobbedienti e solito inneggiare alla “bandiera nera” e alla Repubblica di Salò, mentre si esibiva a Casapound, un centro sociale di ispirazione, per l’appunto, fascista.

Il video suscitò clamore e malcontento, inducendo al dibattito sulla tutela dell’immagine internazionale del nostro Paese contrapposta alla libertà di dichiarare le proprie opinioni.

Si esprimeva così il presidente dell’associazione Casapound: “Quello che sta succedendo a Mario Vattani è una vergogna. Vi sembra giusto che debba pagare nella sua carriera diplomatica per aver solo esercitato la sua libertà di espressione e di ispirazione?“, e incalzava Francesco Storace, segretario de La Destra, “questa storia della punizione per il gravissimo reato di musica alternativa è quanto di più ridicolo si possa sentire“.

Al contrario, il Ministro degli Esteri Giulio Terzi sentenziava “L’apologia del fascismo non è compatibile con il ruolo di servizio allo Stato” nè con “la tradizione della diplomazia italiana“.

Paola Ottaviani, responsabile della Cgil del Ministero degli Esteri, manifestava il realistico timore che il tentativo in atto di “salvare” il diplomatico fascista avrebbe avuto, ancora una volta, delle devastanti ricadute sull’immagine del nostro Paese.

Oggi sulla questione si è finalmente pronunciato il Consiglio di Stato, sezione quarta, con decreto n. 1845/2012, accogliendo l’istanza cautelare proposta dal Ministero degli Affari Esteri avverso l’ordinanza del Tar Lazio – Roma, n. 1223/2012, con la quale i giudici amministrativi si erano espressi, in prima battuta, a favore del ricorso di Vattani contro il provvedimento della Farnesina di richiamo in Patria del console.

Nel decreto del Consiglio di Stato si legge: “Rilevato che, in questo più ampio contesto, il provvedimento di richiamo assume una peculiare connotazione che induce a considerare prevalenti, nella comparazione degli interessi coinvolti, quelli pubblici fatti valere dalla Amministrazione appellante…“.

E’ evidente l’intento del Consiglio di dare un taglio diametralmente opposto alla vicenda, rispetto a quello reso in precedenza dal Tar – Lazio, il quale, discutibilmente, non ravvisava “elementi di giudizio e/o di valutazione” tali da concretizzare “il paventato discredito per l’immagine e gli interessi dello Stato” e, dunque, giustificare “l’immediata – ed anticipata – interruzione dell’incarico assunto dal Vattani soltanto sette mesi prima dell’adozione dell’impugnato provvedimento ministeriale“.

Una pronuncia netta, senz’altro doverosa ed auspicata, quella del Consiglio di Stato, intrisa di connotazioni fortemente politiche, dalle quali non si poteva certo prescindere, se si considera il rischio che l’Italia, spesso sottoposta al giudizio internazionale, specialmente negli ultimi tempi, fosse rappresentata all’estero da un diplomatico palesemente anti-repubblicano ed anti-democratico.

Nulla più di un episodio isolato come tanti altri, quello del console Vattani, o emblema del solito “paradosso all’italiana”, considerando, tra l’altro, che è il figlio di un noto diplomatico italiano, due volte segretario generale del Ministero degli Esteri, Umberto Vattani?

Certo è che Vattani Jr adesso dovrà tornare a casa e che, al di là del caso specifico, il dibattito sulla trasparenza delle nomine pubbliche continuerà a scaldare gli umori del nostro bel Paese martoriato.

Alice Castrogiovanni

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