Rinnovo e proroga dei contratti pubblici: adda passà ‘a nuttata!

Carmine Podda 18/01/12
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Il Consiglio di Stato torna a pronunciarsi sulla possibilità di rinnovo e proroga dei contratti pubblici, importante tematica molto dibattuta negli ultimi anni, e ancora una volta lo fa discostandosi dalle precedenti pronunce: alla luce del “labile” riferimento normativo e illuminati da tante piccole disgiunte fiammate, gli addetti ai lavori continuano a brancolare nel buio.
Partiamo dal presupposto che gli istituti di rinnovo e proroga, nonostante tratti confusionali che ancora oggi talvolta si riscontrano in giurisprudenza, non sono da considerare la stessa cosa: il rinnovo consiste nella rinegoziazione del contratto con la medesima controparte con cui si è stipulato il rapporto in scadenza, con la conseguente stipula di un nuovo negozio giuridico, di contenuto in tutto o in parte diverso dal precedente; la proroga, invece, è da intendere quale mero prolungamento dei termini di un contratto in scadenza ad invarianza delle condizioni contrattuali.
Premesso ciò, quanto al dato normativo, a seguito di procedimento di infrazione comunitaria dovuto al riscontro della lesione dei principi di pubblicità e trasparenza, l’art.6 c.1 dell L.n.537/93 che vietava il rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi ammettendo tuttavia la possibilità di ricorso ad una forma di facoltativo rinnovo postumo espresso mediante apposita comunicazione al contraente da effettuare entro 3 mesi dalla scadenza del contratto, è stato poi abrogato dall’art. 23 c 1 della L. n.62/05 (legge comunitaria 2004).
Tale restrizione comunitaria si è da subito riflessa sulla giurisprudenza nazionale: a titolo meramente esemplificativo, prima la Sezione IV del Consiglio di Stato (n.6457/06) e poi la Sezione V (n.3391/08), hanno affermato che quanto disposto nella L.n.62/05 ha “valenza generale ed una portata preclusiva di opzioni ermeneutiche ed applicative di altre disposizioni dell’ordinamento che si risolvono, di fatto, nell’elusione del divieto di rinnovazione dei contratti pubblici”.
Un divieto assoluto di ricorso agli istituti di rinnovo e proroga e l’affermazione del principio secondo cui una volta scaduto il contratto, in caso di esigenza di avvalimento dello stesso tipo di prestazione, è necessario sempre effettuare una nuova gara.
Tuttavia tale orientamento è stato presto affiancato da una linea d’indirizzo meno preclusiva che parte da una lettura sistematica del contesto.
Se non ci si sofferma esclusivamente sulla L.n.62/05, ma si analizzano anche gli ulteriori dati normativi, si nota che il D.Lgs.n.163/06 (Codice dei Contratti), all’art.29 stabilisce che il calcolo del valore stimato degli appalti pubblici è basato sull’importo totale pagabile al netto dell’IVA, dovendo tale calcolo tener conto dell’importo massimo stimato “ivi compresa qualsiasi forma di opzione o rinnovo del contratto”.
Dunque lo stesso legislatore non esclude la possibilità di ricorso al rinnovo.
E ciò è rilevato anche dall’Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici (cfr. Del n.183/07 e Parere n.242/08), la quale, tra l’altro, ritiene che l’art.23 L.n.62/05 non ha statuito un divieto generalizzato di ricorso all’istituto di rinnovo, bensì soltanto a quella modalità di rinnovo meramente contrattuale (facoltà da esercitare entro tre mesi dalla scadenza del contratto) ritenuta contraria ai principi comunitari: ciò significa che il rinnovo, purché espressamente previsto ed appositamente stimato nel bando, è da ritenersi tuttora ammissibile.
Ed i Giudici di Palazzo Spada (n.1555/09), ed ancor prima il TAR Napoli n.3379/08, pare abbiano gradito tale orientamento: “né nell’ordinamento interno, né in quello comunitario è rinvenibile alcuna norma che vieti il rinnovo dei contratti stipulati dalle PP.AA … il fatto che il rinnovo sia programmato come facoltà eventuale negli atti di gara rende avvertiti tutti i concorrenti, fin dall’inizio, del potenziale sviluppo del rapporto contrattuale garantendo trasparenza e par condicio”
Anche riguardo all’istituto della proroga – in dottrina si distingue tra proroga contrattuale (l’Amministrazione decide di avvalersi della facoltà prevista nel bando di ricorso all’istituto prima della scadenza del contratto prolungandone la durata ad invarianza delle ulteriori condizioni) e proroga tecnica (a causa di un imprevedibile prolungamento oltre i termini di scadenza del contratto in essere dell’espletamento di una gara tempestivamente bandita, l’Amministrazione decide di prorogare il contratto in scadenza fino all’individuazione del nuovo contraente) – si sono sviluppati filoni meno preclusivi.
La Sezione V del Consiglio di Stato, quella stessa che con sentenza n.3391/08 aveva escluso la legittimità di qualsiasi ipotesi di ricorso a rinnovo o proroga, lo scorso aprile (n.2151/11) è giunta a sostenere la legittimità della proroga tecnica, e a giugno (n.3607/11) si è “posta la questione” dell’ammissibilità della proroga contrattuale, pur definendola impropriamente rinnovo: “Non possano sopravvivere le clausole di rinnovo tacito di contratti o convenzioni, potendo al massimo porsi la questione della possibilità di procedere – in base a clausole espresse – al rinnovo con provvedimento esplicito (Consiglio Stato, sez. V, 11 maggio 2004, n. 2961 ha ritenuto che il divieto coinvolge solo le manifestazioni di volontà espresse in modo non formale o tacitamente dalle pubbliche amministrazioni e che è, invece, ammissibile che un contratto venga prolungato con provvedimento espresso in base ad una clausola preventivamente conosciuta in sede di affidamento del servizio con procedura di evidenza pubblica)”
Infine la pronuncia della Sezione VI risalente allo scorso novembre (n.6194/11) che ha confermato la facoltà in capo all’amministrazione di ricorrere all’istituto della proroga in caso di espressa previsione nel bando di gara e successiva dettagliata motivazione, quale unica eccezione all’obbligo di ricorrere a gara alla scadenza del contratto.
Ed in mancanza di un inequivocabile dato normativo accompagnato magari da una definitiva linea giurisprudenziale, cogliendo con favore la parziale inversione di tendenza verso la possibilità, sebbene nel rispetto dei principi comunitari di trasparenza e pubblicità, di limitato ricorso agli istituti di rinnovo e proroga, “apertura” che consente se non altro di evitare di appesantire ulteriormente la quotidiana attività istituzionale delle pubbliche amministrazioni sempre più alle prese con restrizioni finanziarie e limiti alle assunzioni, guardinghi ma fiduciosi non possiamo che sussurrare: “Adda passà ‘a nuttata

Carmine Podda

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