Il referendum elettorale “anti-porcellum” e “anti-casta”

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Dal 1° agosto, il comitato promotore sta raccogliendo le firme per promuovere il referendum abrogativo in materia elettorale (per sapere dove e come firmare, si può consultare il sito http://www.firmovotoscelgo.it).

Entro il 30 settembre, le richieste di referendum con le firme raccolte dovranno essere depositate presso la Corte di Cassazione.

Si vuole eliminare il cosiddetto “porcellum”, introdotto dalla legge 270/2005.

Il sistema elettorale attuale può essere così sintetizzato:

1) L’elettore esprime il voto tracciando sulla scheda un solo segno nel rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta (art. 1, comma 10, lettera b) per la Camera; art. 4, comma 6,per il Senato).

Per effetto di tali disposizioni, insomma, il voto è espresso per la lista, e non esiste la preferenza per l’uno o l’altro candidato.

2) I soggetti inseriti nella lista sono eletti secondo il numero di seggi assegnato alla lista, e nell’ordine nel quale sono inseriti (art. 1, comma 13 per la Camera; art. 4, comma 8, per il Senato).

Per essere eletti, pertanto, bisogna essere collocati più in alto possibile nelle liste, secondo la decisione dei partiti che le presentano.

3) Sono previsti sbarramenti affinché le liste votate siano contemplate per l’attribuzione dei seggi: per la Camera il 4% dei voti a livello nazionale (art. 1, comma 12); per il Senato l’8% dei voti a livello regionale, perché l’elezione per quest’ultimo è organizzata a base regionale (art. 4, comma 6).

Se una lista consegue meno voti, non partecipa alla ripartizione dei seggi ed i voti che ha preso non contano nulla, perché non sono previsti sistemi di recupero.

4) E’ previsto un premio di maggioranza per la lista o la coalizione di liste, che consegue la maggioranza relativa: vengono attribuiti tanti seggi quanto ne bastano per raggiungere 340 per la Camera (sempre art. 1, comma 12); oppure quanti ne bastano per raggiungere il 55 % di quelli spettanti a ciascuna Regione, per il Senato (sempre art. 4, comma 8).

Quindi chi vince, anche di pochissimo, prende tutto.

I sostenitori del referendum sostengono che tale legge è antidemocratica e pro-casta, perché pochi capi partito decidono in pratica chi dev’essere eletto, mentre gli elettori si devono adeguare alle loro indicazioni.

Aggiungono che, durante l’attività parlamentare, gli eletti devono adeguarsi servilmente a quanto stabiliscono i capi-partito, pena il mancato inserimento nelle posizioni “giuste” delle liste, all’elezione successiva.

Inoltre, le soglie di sbarramento ed i premi di maggioranza non consentono a molte forze politiche di essere rappresentate, o neanche di essere comunque rappresentate: per questa ragione tecnica, ad esempio, sono scomparsi dall’attuale parlamento i partiti di estrema sinistra.

Il referendum si propone di abrogare la legge 270/2005, ed è proposto in due versioni: in una sarebbe abrogata tutta la legge; nell’altra solo quelle norme che regolano il procedimento elettorale.

Nell’uno e nell’altro caso, i promotori sostengono che l’abrogazione della legge 270/2005 farebbe rivivere le leggi del 1993 (n. 276 e n. 277), che avevano introdotto il sistema elettorale misto, con si era votato sino al 2001, il cosiddetto mattarellum, dal nome del parlamentare Mattarella.

Quel sistema prevedeva l’elezione del 75% dei seggi con il sistema maggioritario in collegi uninominali, cioè dove correvano i singoli candidati (ovviamente sostenuti dai partiti o dalle coalizioni) l’uno contro l’altro. Quelle competizioni erano distinte in numerosi collegi, nei quali era diviso il territorio nazionale-

Il restante 25% dei seggi era assegnato sulla base di liste bloccate, similmente all’attuale porcellum.

Resta da vedere se davvero l’abrogazione per referendum della l. n. 270/2005 avrebbe l’effetto di fare rivivere le leggi da questa abrogate, o se invece si determinerebbe un semplice vuoto.

La giurisprudenza ammette che “resuscitino” le norme abrogate, quando l’abrogazione sia stata disposta da una legge, poi annullata perché incostituzionale (ad es., Corte Costituzionale, n. 220/2003).

In casi diversi afferma, invece, che l’abrogazione di una norma non fa rivivere quelle da questa abrogate, perché ritiene che l’abrogazione di norme ha carattere definitivo (ad es. T.A.R. Brescia n. 1321/2009).

In materia elettorale l’ammissibilità di un referendum è subordinata «alla duplice condizione che i quesiti siano omogenei e riconducibili a una matrice razionalmente unitaria, e ne risulti una coerente normativa residua, immediatamente applicabile, in guisa da garantire, pur nell’eventualità di inerzia legislativa, la costante operatività dell’organo» (Corte Costituzionale, n. 32/1993).

La scheda tecnica contenuta nel sito dei promotori dei referendum non contiene il quesito.

Sarà interessante ritornare sulla questione.

In ogni caso, le considerazioni tecniche non inficiano il contenuto politico dell’iniziativa.

E’ giusto che pochi capi partito decidano in pratica chi dev’essere eletto in Parlamento?

E’ giusto che gli elettori si debbano adeguare alle loro indicazioni?

E’ giusto che, durante l’attività parlamentare, gli eletti debbano adeguarsi servilmente a quanto stabiliscono dai capi-partito, pena il mancato inserimento nelle posizioni “giuste” delle liste, all’elezione successiva?

Dario Sammartino

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