Passi incerti del legislatore per la remunerazione di sindaci e revisori

Michele Nico 18/01/16
Scarica PDF Stampa
Nell’ambito del processo di revisione della spesa pubblica che il legislatore ha intrapreso per ridurre gli sprechi e apportare miglioramenti al bilancio dello Stato, ha assunto un ruolo chiave la riduzione dei costi degli apparati amministrativi, che è stata perseguita con interventi certamente drastici, ma non sempre connotati da perspicacia normativa.

Si può evocare, al riguardo, la deliberazione n. 155/2015/PAR della Corte dei Conti, Sezione di controllo per il Piemonte, secondo cui l’articolo 6, comma 3, del Dl 78/2010, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122, concernente la riduzione automatica dei compensi nella misura del 10 per cento per i “componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati”, trova applicazione anche nei confronti degli organi di revisione degli enti locali.

In tale occasione il collegio osserva che la sfera di applicazione del disposto si estende ai compensi attribuiti ai revisori degli enti locali non soltanto per effetto di un consolidato orientamento della giurisprudenza contabile (deliberazioni della Sezione Piemonte n. 60/2011/PAR; della Sezione Campania n. 173/2011/PAR; della Sezione Lombardia n. 26/2015/PAR), ma anche in virtù del parere espresso dal Ministero dell’Economia e Finanze con nota n. 12175 del 25 febbraio 2013.

Questo approdo è stato però messo in dubbio da un inciso contenuto nella decisione n. 4/2014 della Sezione delle Autonomie (“le disposizioni dettate dall’art. 6, commi da 1 a 3 non si riferiscono agli enti territoriali”), anche se poi tale refuso è stato rettificato dalla medesima Sezione con la recente deliberazione n. 29/SEZAUT/2015/QMIG del 14 settembre 2015, che ha ribadito l’applicabilità dell’articolo 6, comma 3, del decreto n. 78/2010 agli organi di revisione degli enti locali.

Un discorso a parte merita l’incertezza interpretativa che tempo addietro ha avvolto il comma 2 dello stesso articolo 6 del Dl 78/2010, per quanto riguarda l’estensione o no agli organi di revisione del carattere onorifico afferente la partecipazione agli organi collegiali degli enti che ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche.

La persistente ambiguità del disposto ha richiesto un’interpretazione autentica da parte del legislatore, che con il comma 2-bis dell’articolo 35 del Dl 9 febbraio 2012, n. 5, convertito in legge 35/2012, ha sancito che il carattere onorifico della carica “è previsto per gli organi diversi dai collegi dei revisori dei conti e sindacali e dai revisori dei conti”.

Non è affatto auspicabile il ripetersi di tali ambiguità in ordine ai compensi professionali degli organi di revisione, per il semplice rilievo che le funzioni di vigilanza, verifica e controllo da essi svolte sull’azione amministrativa rivestono una valenza prioritaria e insostituibile nei delicati equilibri istituzionali dell’ordinamento giuridico.

Michele Nico

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento