Razionalizzazione delle partecipate

Michele Nico 20/11/15
Scarica PDF Stampa
La legge regionale 30 ottobre 2015, n. 3, approvata dalla Puglia ha per oggetto la riforma del sistema di governo regionale e territoriale da attuarsi mediante il riordino delle funzioni amministrative regionali delle Province, delle aree vaste, dei Comuni, delle forme associative comunali e della Città metropolitana di Bari, e detta una serie di norme per garantire agli enti locali l’effettivo esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi, nell’ambito di un quadro istituzionale in profondo cambiamento.

In questo clima di grandi manovre, c’è da notare che il legislatore regionale, in materia di organismi partecipati, non si limita a richiamare (e ritoccare) il processo di riorganizzazione e di riordino dei servizi pubblici locali contemplato dall’articolo 1, commi 611 e 612, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), ma accompagna il sistema incrociato di obblighi introdotto a livello nazionale con una serie di prescrizioni integrative, finalizzate a garantire il miglior esito delle finalità perseguite dal nostro legislatore.

Nello specifico, il processo di razionalizzazione delle partecipate sancito dall’ultima legge di stabilità prevede, com’è noto, un crono-programma scandito dalle seguenti scadenze:

a) dal 1° gennaio 2015: avvio di un processo di razionalizzazione delle partecipazioni societarie dirette e indirette a cura degli Enti pubblici soci, in modo da conseguire una riduzione strutturale degli asset entro il 31 dicembre 2015, tenendo conto dei criteri individuati dal piano Cottarelli (eliminazione delle “scatole vuote” e delle società non necessarie, processi di aggregazione tra soggetti che svolgono attività similari, contenimento dei costi di funzionamento, riorganizzazione della governance societaria, ecc.);

b) entro il 31 marzo 2015: approvazione, da parte degli organi consiliari dei rispettivi Enti, di un piano operativo di razionalizzazione delle partecipazioni suddette; tale piano, corredato da un’apposita relazione tecnica, dovrà definire in concreto le modalità e i tempi di attuazione degli interventi programmati (con i risparmi da conseguire), nonché essere comunicato alla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti e pubblicato sul sito web;

c) entro il 31 marzo 2016: gli Enti soci dovranno trasmettere alla sezione di controllo della Corte dei conti una relazione per illustrare i risultati conseguiti, procedendo poi, anche in questo caso, alla relativa pubblicazione sul sito web.

In relazione a ciò, si è più volte osservato che i tempi stretti di tale programma e la mancanza di sanzioni nel caso di inadempimento fanno supporre che l’intento legislativo potrebbe restare in molti casi lettera morta, anche perché non sono stati mai apertamente affrontati, né tanto meno risolti, i nodi che hanno a suo tempo segnato il fallimento del progetto di dismissione societaria ex art. 14, comma 32, del DL 78/2010 (soppresso dalla legge di stabilità 2014).

Per inciso, a dimostrazione del fatto che un simile rischio non appare infondato, vale la pena ricordare che secondo il rapporto sugli organismi partecipati, approvato dalla Corte dei Conti, Sez. Autonomie, con deliberazione n. 24/2015/FRG, a luglio 2015 – si noti: a distanza ormai di alcuni mesi dalla scadenza del termine prescritto – i piani operativi di razionalizzazione previsti dalla legge di stabilità 2015 erano stati presentati da appena la metà degli enti di Lombardia, Umbria, Toscana, Marche, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Abruzzo e Veneto, mentre percentuali ancora più basse si erano riscontrate nelle altre regioni.

Ancorché il disposto della legge di stabilità 2015 non preveda sanzioni per l’ipotesi in cui gli enti non adottino o non realizzino i piani di razionalizzazione, le Sezioni di controllo della Corte hanno talora fatto leva sulla circostanza che, ai sensi del suddetto art. 1, comma 612, “la pubblicazione del piano e della relazione costituisce obbligo di pubblicità ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33”, con tutte le conseguenze che l’inottemperanza di tale disposto comporta, anche sotto il profilo di possibili responsabilità erariali.

In tale contesto, all’art. 10 dedicato al riordino delle società partecipate, la legge regionale 3/2015 introduce alcune interessanti novità che evocano il classico sistema fondato sul meccanismo premi – sanzioni.

La disposizione prevede che il riordino delle partecipazioni societarie delle Province sia agevolato da mediante misure premiali, e che a tal fine le Province e la Città metropolitana di Bari, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, hanno l’obbligo di redigere il piano di ricognizione dei propri enti, agenzie e società partecipate.

Tale piano – che richiama quello imposto dalla legge di stabilità 2015 , ma se ne discosta in parte per tempistica e modalità di attuazione – illustra le modalità e i tempi di realizzazione del programma di dismissione, ed è corredato da una relazione tecnica.

È infine prescritto che, nel rispetto delle disposizioni statali in materia, i proventi derivanti dalla dismissione delle partecipazioni siano esclusi dai vincoli del patto di stabilità interno, mentre alla Giunta regionale è demandato il compito di disciplinare le misure premiali connesse agli interventi attuativi di cui trattasi.

In altre parole, si tenta ancora una volta, con l’ausilio del bastone e della carota, di mettere in moto un processo di dismissione delle società pubbliche che da anni il legislatore ha annunciato, promesso e garantito, senza però mai giungere all’agognato obiettivo di porre almeno un freno all’esternalizzazione incontrollata di servizi pubblici locali sul territorio.

 

Michele Nico

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento