Dictum della Cassazione: la presenza di un RSPP non esonera il datore di lavoro da responsabilità

Luisa Camboni 09/01/14
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Con Sentenza 16 dicembre 2013, n. 50605, la Suprema Corte ha stabilito, in tema di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, che:
“Nonostante si proceda alla nomina di un responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), il datore di lavoro conserva l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il documento relativo alle misure di prevenzione e protezione”.

Il caso che ha portato la Suprema Corte a pronunciarsi in tal modo riguardava un lavoratore rimasto vittima di un infortunio mentre provvedeva, assieme ad un collega, a caricare alcuni infissi in PVC, completi di vetro, su di una pedana per il successivo trasporto. Il fatto si verificava all’interno della società cooperativa presso la quale il lavoratore prestava la sua attività lavorativa. In sede dibattimentale, veniva accertato che il datore di lavoro, quando accadde l’evento de quo, copriva il ruolo di presidente e legale rappresentante della società e che, con un atto sine data, aveva demandato ad un socio la qualifica di responsabile del servizio di prevenzione e protezione. E, ancora, veniva accertato che la procedura utilizzata dal datore di lavoro per procedere al carico degli infissi si presentava pericolosa. I lavoratori, difatti, non erano in possesso di un’idonea formazione circa la movimentazione dei carichi e dei rischi ad essa connessi: essi lavoravano in un ambiente non a norma perché sprovvisti di protezioni individuali atti ad evitare o, quantomeno, limitare infortuni e danni.
Vediamo ora come il caso di specie è stato deciso nei tre gradi di giudizio.

Il Giudice di prime cure, ex factis, ha ritenuto fondata la responsabilità penale del datore di lavoro in ordine all’infortunio mortale del suo dipendente motivando tale decisione sulla posizione di garanzia dallo stesso rivestita quale appunto datore di lavoro e, quindi, titolare dell’obbligo giuridico di impedire il verificarsi dell’evento dannoso.
Avverso la sentenza di primo grado veniva proposto appello. I Giudici d’Appello hanno, correttamente, ribadito la responsabilità del datore di lavoro sostenendo che l’infortunio si era verificato a causa dell’omissione, da parte dello stesso, di tutte quelle precauzioni da adottare sul posto di lavoro al fine di evitare il verificarsi di infortuni e rischi. Nel caso di specie gli infissi erano mal assicurati alla pedana e, per questo, sono caduti addosso al lavoratore procurandone l’evento morte.
I Giudici di Piazza Cavour, infine, chiamati a pronunciarsi sul caso de quo, hanno ritenuto sussistente la responsabilità del datore di lavoro. Difatti, hanno precisato che “chi riveste la qualifica di RSPP non può incidere in via diretta sulla struttura aziendale, ma ha solo una funzione di ausilio, di supporto e non di sostituzione del datore di lavoro nell’individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti ”. Dunque, nonostante si proceda alla nomina di un RSPP, per i Giudici di Piazza Cavour, il datore di lavoro conserva sempre l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il documento relativo alle misure di prevenzione e protezione.

Per completezza espositiva è bene precisare che “Il delegato per la sicurezza – figura del tutto eventuale – è invece destinatario di poteri e responsabilità originariamente ed istituzionalmente gravanti sul datore di lavoro e, perciò, deve essere formalmente individuato ed investito del suo ruolo con modalità rigorose, non ricorrenti nel caso in esame (Cass., Sez. IV, n. 37861/2009). Peraltro in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai sensi dell’art. 17 D.Lgs. n. 81 del 2008, il datore di lavoro non può delegare, neanche nell’ambito di imprese di grandi dimensioni, l’attività di valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi (Cass. Sez. IV, n. 4123/2008)”.

La sentenza in esame ha, dunque, richiamato l’attenzione sulla sicurezza sul lavoro. Difatti, l’ambiente in cui il lavoratore si trova a dover prestare la propria attività lavorativa deve essere dotato di tutte quelle misure di prevenzione e protezione che mirano ad evitare la possibilità materiale del verificarsi di infortuni.
Ancora una volta, chi scrive non può fare a meno di richiamare l’attenzione sulla nostra Carta Costituzionale strumento prezioso per la tutela della salute dei lavoratori. Infatti, il Legislatore all’art. 1 comma 1 Cost. considera il lavoro come valore fondativo della Repubblica ” L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
E, ancora, l’art. 32 Cost. tutela il diritto alla salute “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività[..]”
E, ancora, l’art. 41 prevede ai commi 1 e 2 che “ L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.[…]”.

La Corte Costituzionale con sentenza n. 399 del 1996 ha evidenziato con forza che “la salute é un bene primario che assurge a diritto fondamentale della persona ed impone piena ed esaustiva tutela, tale da operare sia in ambito pubblicistico che nei rapporti di diritto privato […]. La tutela della salute riguarda la generale e comune pretesa dell’individuo a condizioni (di vita, di ambiente e) di lavoro che non pongano a rischio questo suo bene essenziale”.
Sulla stessa linea la Cassazione ha affermato che “non vi può essere dubbio che il lavoratore, ove effettivamente emergano situazioni pregiudizievoli per la sua salute o per la sua incolumità, possa legittimamente astenersi dalle prestazioni che lo espongono ai relativi pericoli, in quanto è coinvolto un diritto fondamentale, espressamente previsto dall’art. 32 della Costituzione, che può e deve essere tutelato in via preventiva, come peraltro attesta anche la norma specifica di cui all’art. 2087 cod. civ.”.(Cass. Sez. Lavoro, sent. del 9 maggio 2005, n. 9576).

Alla luce della recente pronuncia della Suprema Corte e sulla base di queste brevi considerazioni, concludo con questa mia riflessione: il datore di lavoro tenga presente sempre il ruolo che riveste, ruolo di grande responsabilità nei confronti dei suoi lavoratori, lavoratori che sono cittadini e, prima ancora, uomini e, come tali, vanno tutelati assicurando, attraverso l’adozione di misure di prevenzione ad hoc, un luogo di lavoro sicuro e salubre al fine di garantire la loro incolumità ed integrità fisica senza ledere la libertà e la dignità di ciascuno.

Luisa Camboni

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