Spending review, a volte ritornano: scatta la fase 3

Redazione 12/04/13
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Spending review fase 3; o se preferite, a volte ritornano, visto che la nuova riforma assomiglia proprio ad un film horror visto che sarà rappresentata da una nuova riforma del pubblico impiego mirata a raccordare le nuove regole per il lavoro privato e una netta accelerazione del processo di dismissione di parte del patrimonio pubblico.

Del resto è questa la strada obbligata da seguire per il prossimo Governo, indipendentemente dalle scelte di politica economica che verranno fatte e dai possibili margini di flessibilità da ottenere a Bruxelles nell’ambito delicato dei conti pubblici. Queste coordinate sono tracciate precisamente dal Def (Documento di economia e finanza) e il Pnr (Piano nazionale delle riforme) varati ieri con la formula “work in progress” dall’attuale Esecutivo e i singoli resoconti realizzati nei giorni scorsi dai ministri uscenti.

Cifre, al momento, non sono state rese note anche se alcune proiezioni tecniche si sanno da tempo; da ora al 2016 dovrebbe verificarsi un ipotizzato recupero di 10 – 15 miliardi dai nuovi tagli alla spesa, di 2 – 5 miliardi dal pubblico impiego e di almeno 30 miliardi dal piano di dismissioni (il governo uscente ha fissato un piano per recuperare risorse pari a 1 punto di Pil l’anno) da rivolgere soprattutto al fondo di ammortamento del debito pubblico, ma anche gli investimenti e al pagamento di una seconda parte di crediti vantati dalle imprese nei riguardi della pubblica amministrazione.

Come risulta dal Def le prime due fasi di revisione della spesa messe in atto dall’Esecutivo uscente assicureranno circa 13 miliardi di risparmi nel periodo 2012 – 2015. L’istruttoria per la terza fase ha già preso il via però avrà bisogno di essere ultimata e resa operativa dal futuro Governo. Il Piano nazionale delle riforma rileva alcuni interventi prioritari; innanzitutto il taglio delle Province, bloccato al termine della passata legislatura dal Parlamento, e la creazione delle città metropolitane.

Poi dovrà scattare anche una stretta su tutta l’articolazione periferica delle amministrazioni statali che non saranno le sole perché lo stesso varrà per l’ampio fronte della potatura degli enti pubblici, della riorganizzazione delle amministrazioni centrali (ministeri e grandi enti) e soprattutto della nuova stretta sulle spese per beni e servizi (metodo Consip).

Piuttosto complessa si preannuncia la questione legata agli statali, soprattutto dovranno essere ottimizzate le eccedenze di personale rispetto ai reali fabbisogni facendo riferimento su quattro strumenti; pensionamenti ordinari e in deroga, part time, mobilità volontaria e obbligatoria (massimo due anni dopo i quali scatterebbe il licenziamento).

Rimane poi da risolvere la problematica della nuova riforma del pubblico impiego, come sottolinea anche il ministro della Pubblica amministrazione, Patroni Griffi, nel report conclusivo sull’attività esercitata dal suo dicastero “affrontare in maniera organica il rapporto tra lavoro pubblico e privato”. La strada proposta è quella di un provvedimento, magari un disegno di legge delega, fondato su professionalità, valutazione, merito che tocchi anche il tema delle relazioni sindacali.

Redazione

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