A volte ritornano: la recessione passa anche per l’accorpamento delle festività!

Luigi Oliveri 18/07/12
Scarica PDF Stampa
Eccola là, l’ideona. Accantonata, per ora, la bizzarra idea di chiudere per ferie gli uffici pubblici a Ferragosto e Natale, il Governo rispolvera una geniale pensata: accorpare le festività!

E tanto piace l’idea all’Esecutivo, che la spaccia pure per nuova. Glissando sulla circostanza che la trovata è già contenuta nell’articolo 1, comma 24, del d.l. 138/2011, convertito in legge 148/2011, la seconda (o decima, o centesima?) manovra estiva del 2011.

In effetti, quel comma richiede un decreto del Presidente del consiglio che stabilisca quali festività civili vadano accorpate al venerdì o al lunedì precedenti o successivi o unificate alla domenica. Monti, fin qui, è stato impegnato in altro.

Evidentemente, però, il clima estivo fa pensare alle ferie e alle festività. Dunque, dopo le esternazioni di poche settimane fa del Sottosegretario Polillo secondo il quale una settimana in meno di ferie farebbe incrementare il Pil di 1 punto percentuale e dopo aver accarezzato, grazie alla totale inadeguatezza di Bondi come commissario della spending review, il paradosso della chiusura dei servizi pubblici, rispunta l’accorpamento delle festività.

La teoria è sempre la stessa: con qualche giorno lavorativo in più aumenta il Pil. Ma, purtroppo, come si nota, anche la zuppa è sempre la stessa. Si gabella una manovra estiva per spending review e si continua sempre con i tagli lineari ai trasporti, alla sanità, agli enti locali. E si ribadiscono idee insensate, come appunto quella dell’accorpamento delle festività.

Al Governo pare sfuggire un dettaglio che, invece, vista la crisi economica, dovrebbe avere ben presente: l’Italia è in recessione. Cosa significa? Che le aziende hanno meno ordinativi, non producono quanto nel loro potenziale. Le settimane di ferie ad agosto sono passate da 2-3 a 4-5; spesso il venerdì si chiude; impazzano i contratti di solidarietà con orari produttivi ridotti; la Cassa integrazione è fuori controllo; la disoccupazione quasi al 10%; centinaia di migliaia di persone senza pensione e senza lavoro; decine di migliaia di dipendenti pubblici sull’orlo della perdita del lavoro.

Giusto pensare di rimediare alla crisi aumentando il Pil. Ma, forse, le ricette presentate oltre ad essere ingenue e ripetitive non si coglie siano del tutto sbagliate. Se già le imprese lavorano meno, giornate lavorative in più non faranno altro che incrementare le ore di non lavoro o le ferie.

Inoltre, uno degli elementi sui quali incidere per cercare la crescita dell’economia sarebbe la valorizzazione dell’immenso potenziale del turismo. Curiosamente nell’ennesimo recente “decreto sviluppo” della materia nemmeno si parla. E per tutta risposta cosa si pensa? Di ridurre le festività, puntando su una crescita del Pil impossibile, date le circostanze, senza considerare gli effetti devastanti sull’economia turistica, già a sua volta in crisi.

Insomma, l’ideona dell’accorpamento delle festività è concretamente più recessiva che produttiva di crescita del Pil. Dunque, possiamo stare certi che verrà attuata.

Luigi Oliveri

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento