Bisognerebbe sempre riflettere prima di parlare. E tanto.

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La crisi è peggio della mafia. La mafia non ha mai strangolato le proprie vittime, i propri clienti, si limita a prendere il pizzo. Ma qua vediamo un’altra mafia che strangola la propria vittima”.

Se si arriva ad affermazioni di questo tenore – per quanto provocatorie, mi auguro, esse siano – alla ricerca del consenso di un popolo in affanno e disorientato, per la crisi, la disoccupazione, l’incertezza per il futuro, allora bisogna fermarsi tutti a riflettere.

Si è perso il senso delle parole, della storia, il rispetto per le migliaia di vittime della mafia: servitori dello Stato, imprenditori, semplici cittadini, morti perché non si sono sottomessi, costretti a chiudere la propria attività, a lasciare la propria terra…

Non si può scherzare con le parole in questo modo, non è uno scherzo e non può essere neanche una provocazione.

Affermazioni di questo tipo avallano quel “pensiero” che è la forza e l’essenza stessa della mafia, quella “mens mafiosa” che è il cancro che colpisce il nostro territorio.

Quel pensiero che vuole fare passare l’organizzazione criminale come una struttura che “protegge” i cittadini, che garantisce quella sicurezza e quel lavoro che lo Stato non è in grado di assicurare; un pensiero che “legittima” di ricorrere alla sua protezione per rivendicare un diritto, per avere un lavoro, per ottenere ciò che sarebbe normalmente dovuto.

Uno Stato parallelo cui riconoscersi ed affiliarsi.

E’ questo perverso modo di pensare che rende forte la mafia, più che i delitti: alla repressione dei delitti lavorano senza sosta le forze dell’ordine e la magistratura; ad estirpare un modo di pensare deve lavorare l’intera società civile, dalla famiglia, alla scuola, alla politica, ai sindacati, agli imprenditori…

Senza indulgenze, senza provocazioni.

“Dio ha detto una volta non uccidere.
Non può l’uomo, qualsiasi uomo,
qualsiasi umana agglomerazione, mafia,
non può cambiare e calpestare
questo diritto santissimo di Dio.
Questo popolo, popolo siciliano,
talmente attaccato alla vita,
popolo che ama la vita, che dà la vita,
non può vivere sempre sotto la pressione
di una civiltà contraria, civiltà della morte!”

Per credenti e non credenti, siciliani e non, queste parole di Giovanni Paolo II pronunciate nella Valle dei Templi di Agrigento nel maggio del 1993, devono restare scolpite nella memoria.

La mafia non è solo il “pizzo”; è ben altro e molto di più.

Prima di azzardare assurdi parallelismi che feriscono la storia di un popolo, sarebbe bene riflettere. E tanto.

Carlo Rapicavoli

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