L’amministratore di società partecipata, titolare di carica elettiva

Bruno Fuoco 22/02/12
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L’amministratore di società partecipata che sia nel contempo titolare di carica elettiva non può percepire emolumenti (a parte il rimborso spese e l’eventuale gettone di presenza). Questo è quanto si evince dall’art. 5 comma 5 del d.l. 31 maggio 2010 n.78, convertito in legge n. 122 del 30 luglio 2010 (“Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”). Ma questa affermazione necessita di alcune importanti precisazioni.

Il precetto in questione, è bene premettere, non si applica, esclusivamente, alle nomine di amministratori locali effettuate dalle medesime Amministrazioni ove detti soggetti svolgono la carica elettiva.

Anche nel 2012, la Corte dei conti in sede consultiva lo ha ribadito: l’art. 5 comma 5 abbraccia la nomina da parte di enti locali di membri del Cda di società partecipate, laddove i predetti soggetti siano titolari di cariche elettive anche in Amministrazioni locali diverse da quelle conferenti (Corte dei conti – Lombardia 8/2012). Infatti, “all’interno della disposizione non si riviene alcun espresso “collegamento” tra l’Amministrazione conferente l’incarico e quella ove il destinatario del medesimo è titolare di carica elettiva“.

Ad abudantiam, si consideri che può essere P.A. “conferente l’incarico”  anche un ente  incluso nell’elenco ISTAT ex art. 1 comma 3 l. n. 196/2009: cioè un ente privo di rappresentatività politica o avente  organi non elettivi (Corte dei conti – Lombardia 144/2011).

Ciò chiarito, occorre rilevare che è ininfluente la natura del potere esercitato in sede di nomina dei membri del Cda della società partecipata: “la prerogativa dell’ente pubblico può essere di matrice negoziale, quale socio, in virtù dell’applicazione dell’art. 2449 c.c. (“Se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una società per azioni che non fa ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto può ad essi conferire la facoltà di nominare un numero di amministratori e sindaci, ovvero componenti del consiglio di sorveglianza, proporzionale alla partecipazione al capitale sociale”), oppure autoritativa ex art. 50 comma 8 del decreto legislativo n. 267/2000 (“sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni”). Entrambe le fattispecie sono soggette alle previsioni dell’art. 5, comma 5  (Corte dei conti – Lombardia 144/2011).

Parimenti, priva di rilevanza è la distinzione tra nomina e designazione: “qualsivoglia designazione da parte di enti territoriali può essere ricompresa nell’alveo applicativo della norma, anche laddove – ad esempio – lo statuto societario preveda il recepimento della designazione effettuata ex art. 2449 c.c. dal socio pubblico mediante una successiva delibera assembleare, che rivestirebbe carattere meramente dichiarativo e ricognitivo” (Corte dei conti – Lombardia 631/2011). Ciò che conta è la diretta imputabilità della nomina all’ente pubblico, indipendentemente dal formale utilizzo degli strumenti societari, come accade nel caso in cui la nomina del consigliere di amministrazione, sebbene formalmente votata dall’assemblea dei soci, in realtà è direttamente imputabile all’ente socio, attraverso il meccanismo della designazione (Corte dei conti – Lombardia 8/2012).

Non rileva, poi, il fatto che l’incarico sia stato conferito non da un ente locale  ma da una società inclusa nell’elenco ISTAT: ciò vuol dire che ricade nel campo applicativo della disposizione anche la nomina assembleare conferita da una società inclusa nell’elenco ISTAT ad un soggetto titolare di carica elettiva: “in tale ipotesi la società pluripartecipata interamente pubblica appare qualificabile come pubblica amministrazione “conferente” ex art. 1 comma 3 l. n. 196/2009 (Corte dei conti – Lombardia 631/2011).

Non rileva, nemmeno il fatto che l’incarico sia stato conferito non da un ente locale ma da una società in house: cioè “l’art. 5 comma 5 può trovare applicazione nel caso di società “in house”, trattandosi di longa manus, ossia di mero plesso organizzativo della Pubblica Amministrazione. D’altronde, in linea di principio, il c.d. “controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi” da parte degli enti locali soci, in forma congiunta, sulla società partecipata non può ritenersi escluso ex se ed a priori dalla nomina assembleare degli amministratori” (Corte dei conti – Lombardia 631/2011). Detto in altri termini, “l’art. 5, comma 5, può e deve trovare applicazione anche nel caso di società “in house”, trattandosi di mera articolazione organizzativa della Pubblica Amministrazione, indipendentemente dalla formale nomina degli amministratori ad opera dell’assemblea societaria: è evidente, infatti, che nel caso di società “in house” (configurabile anche qualora la partecipazione totalitaria sia ripartita tra più enti pubblici soci), la nomina degli amministratori è in ogni caso espressione diretta della volontà dell’ente socio” (Corte dei conti – Lombardia 8/2012).

A questo punto, occorre chiedersi se vi sono nomine assembleari da parte di società partecipate, sottratte al precetto in esame. La risposta è affermativa: laddove la società partecipata, ma non inclusa nell’elenco Istat, risulti dotata di propria autonomia imprenditoriale e di capacità decisionali distinte da quelle della pubblica amministrazione, sub specie di relazione intersoggettiva (e non di delegazione interorganica, come nel caso del rapporto in house).

In questa fattispecie, gli amministratori, titolari di cariche elettive, investiti del mandato dall’assemblea (invece di essere direttamente nominati o comunque designati dagli enti locali soci) non devono rispettare l’art.5, comma 5 (Corte dei conti – Lombardia 631/2011).

Bruno Fuoco

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