La rappresentanza in giudizio per le controversie relative al tributo stesso costituisce una novità e rappresenta una deroga ai principi generali che affidano la rappresentanza in giudizio nel processo tributario o al Sindaco o al Dirigente o al Titolare di Posizione Organizzativa dell’Area a cui attengono i tributi.
L’art. 11, comma 3, del d.lgs. 546/ 1992, prima della modifica apportata con il D.L. 44/2005, ossia fino al 31 maggio 2005, prevedeva che l’ente locale nei cui confronti è proposto il ricorso sta in giudizio mediante l’organo di rappresentanza previsto nel proprio ordinamento.
La Corte di Cassazione (sentenze 10787/2004, 1949/2003, 2878/2003, 3736/2003, 19082/2003) ebbe modo di ribadire, smentendo qualche pronuncia in senso contrario, che la rappresentanza in giudizio spettava solo al sindaco ed al presidente della Provincia.
La materia è stata, poi, innovata dall’art 3 bis della legge 31 maggio 2005, n. 88 (che ha convertito il d.l. n. 44 del 31 marzo 2005), che ha previsto che l’Ente Locale nei cui confronti è proposto ricorso può stare in giudizio anche mediante il dirigente dell’ufficio tributi, ovvero per gli enti privi di figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione organizzativa in cui è collocato detto ufficio.
In effetti, il potere del dirigente dell’ufficio tributi di rappresentare il Comune nelle controversie tributarie, ancor prima di essere previsto dalla legge n. 88/2005, era insito nel nuovo sistema istituzionale degli enti locali, purché espressamente attribuito dallo statuto comunale (o dal regolamento, cui lo statuto rinvii), potendo in tal caso il dirigente costituirsi senza bisogno di procura, ovvero attribuire l’incarico ad un professionista legale interno o del libero foro e, se abilitato alla difesa presso le magistrature superiori, anche svolgere personalmente attività difensiva nel giudizio di cassazione (Cassazione civile, n. 13141/2010).
Rimaneva pacifico che l’eventuale delega a difensore abilitato dovesse essere sottoscritta dal Sindaco o dal Dirigente ed autenticata dallo stesso difensore.
Nel processo tributario, però, la mancanza di autenticazione, da parte del difensore, della firma apposta dalla parte per procura in calce o al margine del ricorso introduttivo, non determinava la nullità dell’atto, a meno che la controparte non ne avesse contestato espressamente l’autenticità della sottoscrizione (Corte di Cassazione, sentt. nn. 17845/2007 e 6591/2008).
Il dirigente (o il titolare della posizione organizzativa) comprendente l’ufficio tributi, con apposita determinazione, può, comunque, delegare un funzionario dell’unità organizzativa da lui diretta a sottoscrivere e presentare l’impugnazione quale assistente dell’ente locale, ai sensi dell’art. 15, comma 2 bis, del d.lgs. n. 546 del 1992 (Cassazione civile sez. trib., n. 13230/2009).
La norma ha espressamente conferito, quindi, piena legittimazione a rappresentare l’Ente nel giudizio tributario, senza bisogno di ulteriori atti che l’attribuiscano.
La legittimazione del dirigente si aggiunge e non si sostituisce alla concorrente legittimazione dei vertici politici di Comune e Provincia.
Il legislatore, infatti, specifica che l’Ente può anche stare in giudizio tramite il dirigente.
La scelta di agire in giudizio tramite il sindaco o il dirigente spetta all’Ente, che può decidere di volta in volta oppure disciplinare la materia tramite statuto o regolamento.
Secondo la recente giurisprudenza l’organo dotato di rappresentanza processuale può agire anche senza alcun specifico atto di autorizzazione.
Lo statuto può, comunque, sempre prevedere la previa autorizzazione della Giunta, ovvero una preventiva determinazione del competente dirigente, oppure ancora l’intervento dell’una o dell’altra, in relazione alla natura ed all’oggetto della controversia (Cassazione a sezione unite n. 17550/2002).
La dottrina ha, poi, ritenuto assodato che la mancanza del dirigente dovesse essere intesa come assenza del dirigente dell’ufficio tributi e non come assenza di figure dirigenziali nell’Ente.
Altrettanto pacifico veniva ritenuto il fatto che la figura del dirigente dell’Ufficio tributo non andasse confusa con il responsabile del singolo tributo.
Il soggetto che aveva la possibilità di rappresentare l’Ente in giudizio era quello posto al vertice dell’intero ufficio tributi.
Nel caso del nuovo tributo comunale relativo alla gestione dei rifiuti, invece, il legislatore inserisce tra le attribuzioni del responsabile della tares, anche la rappresentanza in giudizio.
Non chiarisce, però, se il potere conferito al responsabile del tributo è esclusivo o concorrente con quello del sindaco, del dirigente o del titolare di posizione organizzativa.
Appare largamente preferibile la seconda ipotesi, ma la norma non lo specifica.
Provenendo l’attribuzione da una norma di legge, né lo statuto né il regolamento potranno sottrarre al responsabile della tares la possibilità di costituirsi in giudizio, ma si potrebbe porre il problema di un soggetto che non può impegnare l’Ente verso l’esterno, ma lo può rappresentare di fronte ai giudici tributari.
Il Ministero dell’Interno, con circolare 21 giugno 1993, n. 3, rispetto all’Ici, aveva precisato che con il termine “funzionario responsabile del tributo” è da intendersi il responsabile della funzione e non chi è inquadrato nell’ottava qualifica funzionale, oggi categoria D.
Lo stesso Ministero ha, poi, precisato che qualora il funzionario individuato appartenga alla sesta qualifica, oggi categoria C, dovrà essere in possesso almeno del diploma di ragioneria.
Il 21 agosto 2012 il Ministero dell’Interno è tornato sulla questione del funzionario responsabile del tributo.
Il Viminale ha risposto ad un Comune in merito alla possibilità che una dipendente di cat. C5, priva del diploma di ragioneria, ma nominata Funzionaria Responsabile ICI fino al 2006, potesse essere nominata Funzionario Responsabile IMU.
Il Ministero ha evidenziato preliminarmente che gli enti devono provvedere, attraverso lo strumento regolamentare, a definire la propria struttura organizzativa stabilendo le modalità di conferimento dei compiti ai dirigenti, o ai responsabili degli uffici, e dettando altresì i criteri e le norme secondo i quali gli stessi devono dirigere gli uffici.
La struttura organizzativa dell’Ente che aveva chiesto il parere prevedeva un dipendente di cat. D3, quale Coordinatore dell’Area Economico finanziaria e un dipendente di cat. C, con profilo di istruttore contabile economo.
Rispondendo al quesito, il Viminale ha ritenuto che la responsabilità del tributo in parola spetti al dipendente di cat. D, Coordinatore dell’Area, potendo, tuttavia, la dipendente di categoria C, svolgere le funzioni di responsabile del procedimento con compiti di:
• valutare, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità e i requisiti di legittimazione necessari per l’emanazione del provvedimento finale;
• compiere tutti gli atti istruttori;
• curare l’indizione o indire le conferenze di servizi ex art. 14 della legge 241/1990;
• adottare, se ne ha la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmettere gli atti all’organo competente per l’adozione.
Alla luce delle considerazioni suesposte, il Ministero dell’Interno ha ritenuto, pertanto, che la carenza dello specifico titolo di studio, di ragioniera, non consentisse, di assumere la responsabilità del nuovo tributo IMU, valendo le medesime valutazioni svolte sull’l’ICI.
Il responsabile del tributo, secondo il Ministero, può essere una categoria C (dotato di diploma di ragioneria) non titolare di posizione organizzativa.
Per quanto sopra evidenziato appare opportuno che il Comune designi, quale funzionario responsabile del tributo, la figura massima apicale dell’area che ricomprende l’ufficio tributi oppure, comunque, un titolare di posizione organizzativa.
E’ evidente che questo inficia la previsione contrattuale che assegna una specifica indennità al responsabile del singolo tributo, essendo ricompresa nella diversa indennità spettante al titolare di posizione organizzativa.
Una volta che il Comune si sia validamente costituito, il successivo svolgimento di attività difensiva da parte di un funzionario comunale a ciò designato deve ritenersi pienamente valido, data la differenza tra il soggetto che rappresenta l’Ente e quello incaricato dall’assistenza tecnica dello stesso (Corte di Cassazione, sentenza 15858/2001).
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