Smart working Pa, si va verso lo stop. Brunetta: “lavoro a domicilio senza futuro”

Paolo Ballanti 08/09/21
Questo tipo di lavoro costruito dall’oggi al domani spostando dalla presenza al remoto l’organizzazione del lavoro pubblico, è senza contratto, è senza obiettivi, è senza tecnologia. È lavoro a domicilio con uso di smartphone e di computerino di casa, è senza sicurezza. È lavoro a domicilio all’italiana.” Queste le parole del Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta durante il question time alla Camera dell’8 settembre, rispondendo alla richiesta di alcuni chiarimenti dopo il recente annuncio dello stop allo smart working per le PA.

Il 31 agosto scorso, infatti, il Ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, commentando i dati positivi sul PIL italiano registrati dall’Istat nel secondo trimestre 2021, ha affermato che “la crescita potrebbe essere addirittura superiore, se si ripristinerà la modalità ordinaria di lavoro in presenza, tanto nel pubblico quanto nel privato”.

Una dichiarazione che, stando a quanto anticipato dal Sole 24 Ore, apre la strada ad un possibile correttivo alle disposizioni sul Green pass, riportando nella PA l’attività in presenza come modalità ordinaria di esecuzione della prestazione lavorativa, lasciando ai singoli responsabili e dirigenti il compito di organizzare il carico di lavoro eventualmente ricorrendo al lavoro agile.

In quest’ottica, lo smart working passerebbe dalle percentuali minime previste in tempi di emergenza COVID-19 ad essere una “eccezione” per i dipendenti pubblici. Stando alle parole del ministro, il progresso nella pubblica amministrazione non è dato dal lavoro agile quanto dalla digitalizzazione, che verrà implementata grazie al PNRR.

Attualmente il lavoro agile nella Pubblica amministrazione è stato prorogato, nella sua forma semplificata, sino al 31 dicembre 2021, ad opera della conversione in legge del D.l. “Riaperture”, in vigore dal 22 giugno scorso.

Il ritorno del lavoro in presenza nella Pubblica amministrazione mette in luce anche il tema del Green pass, dopo le novità introdotte per il personale della scuola e l’obbligo vaccinale imposto a medici e sanitari.

Analizziamo la questione in dettaglio.

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Smart working Pa: modalità semplificata

A decorrere dal 22 giugno scorso il cosiddetto Decreto “Riaperture” (D.l. n. 52 del 22 aprile 2021 convertito in Legge n. 87 del 17 giugno 2021), assorbendo le disposizioni del Decreto legge n. 56/2021 (già in vigore dal 30 aprile 2021), ha esteso (articolo 11-bis) il ricorso al lavoro agile cosiddetto “semplificato” (senza pertanto l’obbligo di stipulare un apposito accordo tra amministrazione e lavoratore), sino alla definizione della disciplina dello smart working da parte dei contratti collettivi e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.

La proroga è arrivata grazie ad una modifica dell’articolo 263 del Decreto “Rilancio” (D.l. n. 34/2020) e si estende altresì, afferma la norma, al “personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico fino al termine dello stato di emergenza connesso al COVID-19”.

Smart working Pa: scomparse le percentuali minime

Altra novità introdotta dal Decreto numero 56/2021 a decorrere dal 30 aprile scorso, poi confermata dal D.l. numero 52, è l’eliminazione della percentuale minima del 50% di lavoratori pubblici in smart working.

Il citato articolo 263 del Decreto “Rilancio” prevedeva infatti il ricorso al lavoro agile “semplificato”, in favore di almeno il “50 per cento del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità”.

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Smart working Pa: come evitare i disservizi

Sempre in tema di lavoro a distanza, l’articolo 263 del D.l. “Rilancio”, come modificato ad opera del Decreto 52, prevede in capo alle amministrazioni pubbliche l’onere di organizzare il lavoro dei propri dipendenti e l’erogazione dei servizi:

  • Attraverso la flessibilità dell’orario di lavoro, rivedendone l’articolazione giornaliera e settimanale;
  • Introducendo modalità di interlocuzione programmata con l’utenza (eventualmente grazie a soluzioni digitali e non in presenza);
  • Applicando lo smart working “semplificato”;

a condizione che l’erogazione dei servizi rivolti ai cittadini ed alle imprese, si legge nel testo, avvenga “con regolarità, continuità ed efficienza nonché nel rigoroso rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente”.

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Smart working Pa: novità 2022

Come previsto dall’articolo 14 della Legge numero 124/2015, entro il 31 gennaio di ogni anno le amministrazioni pubbliche sono tenute a redigere, sentite le organizzazioni sindacali, il cosiddetto “Piano organizzativo del lavoro agile” (in sigla POLA).

Scopo del Piano è fissare gli obiettivi annuali per l’attuazione di telelavoro e lavoro agile. Per quest’ultimo, in particolare, il POLA è tenuto a regolamentarne il ricorso alla luce del limite percentuale minimo di lavoratori che possono accedervi, pari al 60%. Proprio questa percentuale è stata modificata ad opera del Decreto numero 52, riducendola al 15%. Posto che i POLA devono essere adottati entro il 31 gennaio di ciascun anno, la modifica produrrà i suoi effetti dal 2022.

L’articolo 14 prescrive inoltre che l’utilizzo del lavoro a distanza:

  • Non comporti penalizzazioni per i lavoratori ai fini del riconoscimento della professionalità e della progressione di carriere;
  • Venga definito in termini di misure organizzative, requisiti tecnologici, percorsi formativi del personale (anche dirigenziale), oltre a “strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative”.

In caso di mancata adozione del Piano, afferma l’articolo 14, il “lavoro agile si applica almeno al 30 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano”. Percentuale, quest’ultima, ridotta sempre dal Decreto numero 52 al 15%.

Smart working Pa: stop con Green pass obbligatorio?

Il ritorno all’attività in presenza come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa, pone naturalmente l’accento sul tema del Green pass, in particolare nell’ottica di contenere la diffusione del virus COVID-19, a fronte del progressivo aumentare di persone presenti in uffici e spazi comuni.

Sul punto si registra da un lato la situazione nel settore privato dove al momento le certezze sono:

  • Competenza esclusiva del medico aziendale sui dati relativi alla vaccinazione dei dipendenti ed al possesso o meno del Green pass;
  • Divieto al datore di lavoro di avere notizie sulla vaccinazione dei lavoratori, eccezion fatta per il giudizio di idoneità o meno alla mansione espresso dal medico competente;
  • Obbligo di esporre il Green pass per accedere alle mense aziendali ovvero in tutti i locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione a lavoratori pubblici e privati;

dall’altro le già note disposizioni eccezionali previste in tema di:

  • Obbligo vaccinale (previsto dal Decreto legge n. 44/2021) per gli esercenti professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario i quali svolgono la loro attività in strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private, farmacie e parafarmacie nonché studi professionali;
  • Possesso ed utilizzo del Green pass obbligatorio dal 1° settembre 2021 per il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione ed universitario nonché gli studenti universitari.

Un’eventuale introduzione dell’obbligo del Green pass sarebbe naturalmente accompagnata dal nodo su:

  • Controlli;
  • Sanzioni;
  • Obbligo generalizzato o limitato a taluni uffici e servizi (ad esempio quelli a contatto diretto con il pubblico).

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Paolo Ballanti

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