Sfatiamo un mito

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Caro cittadino, cara cittadina,
sono un’impiegata statale da quasi trent’anni.
Non ho vinto un concorso grazie alle “spinte” di qualcuno, e di questo ne vada molto fiera; ho semplicemente studiato molto, di giorno, di notte, imparando pagine e pagine di diritto pubblico e privato e sono risultata idonea. Il mio nome è stato inserito in una graduatoria. Dopo due anni dalla domanda ho sostenuto l’esame scritto, poi quello orale e dopo altri due anni sono stata finalmente assunta. Quattro anni per ottenere un impiego pubblico.
Un lavoro dalle 08.00 alle 14.00. Meraviglioso, direte voi. Lo dico anch’io. Ma ricordo che molti, che magari criticano e forse invidiano questa cosa, avevano la possibilità di provare anche loro, come ho fatto io. Che ho sostenuto diverse prove, che mi sono vista passare davanti i raccomandati, ma che non ho mollato! Lavorare per lo Stato era un vanto – cosa che oggi forse farà un po’ sorridere – anche se lo stipendio era modesto. Ed è proprio a causa dello stipendio basso che molti hanno rifiutato questo tipo di impiego.
La mia competenza, il mio bagaglio lavorativo, tutto cio’ che ho imparato in questi anni e traduco ogni giorno in ufficio, non servono a nulla, se non per la mansione che svolgo; nessuno riconosce il merito, nessuno sa che dopo tanto tempo una persona acquisisce una certa padronanza della sua materia, e avrebbe magari anche diritto ad un aumento stipendiale. Negli ultimi anni il mio stipendio è anzi calato, il mio CUD è diminuito, e sfato il mito che “gli statali guadagnano molto”. Attualmente non arrivo a prendere 1.300 euro al mese (e sono un VI livello!); dopo trent’anni è giusto avere gli stipendi bloccati ed il contratto perennemente non rinnovato? E’ giusto che invece i manager statali prendano cifre da capogiro? E sono commisurate al loro valore?
Mi piacerebbe che periodicamente lo STATO mettesse alla prova i suoi impiegati; mediante quiz, prove scritte, orali, pratiche, in modo da rendersi conto se veramente si lavora sul serio (e si impara) oppure si occupa e ….si scalda una sedia. Per poi premiare chi veramente se lo merita, magari con la quattordicesima (che noi non abbiamo).
Vorrei sfatare anche un altro mito: quando devo assentarmi (per una visita medica o anche per andare di corsa in farmacia) io timbro il cartellino; e quando rientro lo timbro di nuovo. I minuti di permesso vengono recuperati. Ogni mio spostamento è accuratamente monitorato così da non “rubare” sull’orario; cosa sacrosante e giusta. Ma in quanti altri luoghi di lavoro si fa altrettanto?
Altro mito da sfatare; nel mio ufficio facciamo le pulizie per conto nostro. A furia di tagli ci svuotano solamente i cestini una volta la settimana e danno lo straccio sì e no una volta al mese.
Quindi ognuno di noi si pulisce la sua scrivania. Ah, dimenticavo … non abbiano carta igienica, sapone per le mani e carta per asciugarle; quindi ci tassiamo e provvediamo noi.
Cosa abbiamo fatto di male, noi statali, per meritarci il rancore e il disprezzo di molti cittadini?
Non siamo una casta ed una categoria di lavativi! E’ ora di sfatare il mito che lo statale è un peso per la società. Venite a vedere come lavoriamo, con p.c. fatiscenti e obsoleti, strutture precarie, archivi cartacei traboccanti che ormai ci inglobano, carta e materiale di cancelleria che scarseggia…
E da ultimo lascio la cosa più importante: dobbiamo dare un servizio al cittadino. Che spesso è arrabbiato, arrogante, che non vuole fare la fila, che si spazientisce, che ti tratta male, che a volte alza la voce, che se la prende con te anzichè con la burocrazia e le leggi, che noi dobbiamo applicare e far rispettare. Un impiegato pubblico non deve perdere le staffe, deve cercare di essere sempre disponibile e gentile. Poi ci sono anche quelli che si spazientiscono …. ma non mi ritrovo in questa immagine.
Quando sono stata assunta ho giurato sulla Costituzione fedeltà alla Repubblica, cosa che oggi non si fa più. Questo vi fa sorridere? Io ho provato un’emozione indescrivibile; mi sentivo utile, parte integrante della società, pronta a servire veramente lo Stato e le sue leggi.
E ora un messaggio ai nostri governanti: andate a visitare non solo i Ministeri, ma soprattutto gli uffici periferici, parlate con gli impiegati, ascoltate i loro bisogni, finalmente riconoscete il merito a chi lo merita e licenziate chi non fa il suo dovere! Forniteci di strumenti informatici all’avanguardia, informatizzate gli archivi, date a tutti la possibilità di usare la posta elettronica in modo da eliminare quintali di carta! Il lavoro sarebbe più veloce e preciso, gli impiegati più motivati e, da ultimo, avremo salvato migliaia di alberi.

Maria Grazia Galbiati

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