Rimborsi spese dipendenti: le regole per inserirli in busta paga

Redazione 01/03/19
Scarica PDF Stampa
Quando ci si ritrova in fase di rendicontazione, i rimborsi spese per i dipendenti si rivelano sempre una delle voci più difficili da gestire. Districarsi tra le loro molte sfaccettature può risultare complicato anche per i migliori commercialisti.

Ogni dipendente che anticipa denaro di tasca propria per motivi di lavoro, ha diritto ad un rimborso spese aggiunto in busta paga. Per gli impiegati che viaggiano per lavoro, i rimborsi spese a disposizione sono molti. Tra questi troviamo spese di pernottamento, costi carburante, pedaggi e altre spese collegate al veicolo utilizzato, vitto e spese telefoniche.

Il valore e il tipo di rimborso variano a seconda del contratto a cui è sottoposto il collaboratore.

Andiamo ora più in dettaglio sui tipi di rimborso collegati ai diversi tipi di contratto e trasferta.

Trasferte all’interno nel comune della sede aziendale

Uno dei punti più importanti per calcolare i rimborsi delle trasferte dei dipendenti è quello di controllare dove vengono svolte.

Quando le trasferte avvengono nello stesso comune della sede di lavoro, i rimborsi coprono il carburante o il costo dei mezzi pubblici e, se il contratto lo prevede, anche il vitto come ad esempio per i pranzi con clienti. In questo caso, essendo all’interno del comune della sede aziendale, le indennità sono sottoposte alla tassazione ordinaria con la possibilità di avere una deduzione fino al 75% del totale.

Ricordiamo però che le ultime normative introdotte a Luglio 2018 richiedono il pagamento del carburante con strumenti tracciabili, come ad esempio carte prepagate o di credito, per poter accedere ai rimborsi.

Trasferte fuori dal comune della sede di lavoro

Quando le trasferte avvengono al di fuori del comune della sede, si può accedere a tre diverse modalità di rimborso:

  • Rimborso forfettario
  • Rimborso a pié di lista, anche detto analitico
  • Rimborso misto

Il rimborso spese forfettario

I rimborsi forfettari funzionano allo stesso modo degli straordinari forfettari, ovvero l’azienda paga al dipendente un rimborso prestabilito, indipendentemente dalle spese reali.

Con il rimborso forfettario, si può escludere dall’imponibile del dipendente un massimo di 46,48€ al giorno per trasferte all’interno del territorio italiano e fino a 77,47€ per trasferte estere. Queste cifre sono completamente deducibili senza alcun limite ma, a differenza di quelli a pié di lista, non sono scalabili ai fini Irap. Nel caso il rimborso pattuito fosse maggiore delle cifre massime, la differenza diventerà imponibile ai fini Irpef.

I dipendenti non sono quindi tenuti a giustificare le spese e nemmeno a compilare una nota spese.

Rimborso a piè di lista o analitico

Nel caso dei rimborsi a piè di lista, le spese devono essere debitamente documentate, giustificate e riassunte in una nota spese includendo anche i rimborsi chilometrici sempre basandosi sulla tabella Aci. Le note spese dovranno contenere queste informazioni per essere accettate:

  • informazioni anagrafiche del dipendente
  • tipo e valore della spesa
  • data e luogo
  • note aggiuntive per giustificare la spesa

I rimborsi a piè di lista non vengono mai tassati al dipendente poiché le spese sono sostenute all’esterno del comune della sede di lavoro. È possibile riportare anche spese non documentate ma, in questo caso, non contribuiranno al reddito solamente se di valore inferiore ai 15,49€ per le trasferte in Italia e 25,82€ per quelle estere.

Rimborso misto

L’ultimo tipo di rimborso è quello misto. Se il dipendente richiede un rimborso che riguarda solamente il vitto o solamente l’alloggio, le indennità forfettarie vengono ridotte di 1/3. Se il rimborso prevede sia vitto che alloggio, le spese vengono invece ridotte ai 2/3.

Con un rimborso misto, tutte le altre spese, anche se documentate, vengono tassate in capo al dipendente.

Può esserti utile questo volume:

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento