No alle Romimpiadi: un esempio da seguire e diffondere

Luigi Oliveri 15/02/12
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Qual è il filo rosso che lega Roma al comune di Misterbianco? Due modi in apparenza antitetici di concepire la missione del governo della popolazione e dell’investimento del denaro pubblico.

Roma per mesi, anni, supportata da praticamente tutte le forze politiche, dal Coni, da Confindustria e banche, ha accarezzato la possibilità della candidatura per le Olimpiadi 2020: una spesa pubblica sicura, da coprire anche con garanzia del Governo nei confronti del Comitato Olimpico Internazionale, con un cofinanziamento privato molto eventuale.

Il comune di Misterbianco, invece, ha dovuto rinunciare, per rispettare il patto di stabilità, al proseguimento di una gara per l’affidamento in appalto del servizio di gestione dell’asilo nido comunale, come si evince dalla vicenda emergente dalla sentenza del Tar Sicilia-Catania 2490/2011.

Insomma, in tempi di patti di stabilità, rating, spread, tagli, risparmi e contenimento della spesa pubblica si può, contemporaneamente, ambire alla megaspesa per il megaevento (e ricordiamo che già in Italia alcune istituzioni pubbliche si stanno svenando per l’Expo 2015) e, simmetricamente, posticipare l’attivazione della gestione di un servizio di base, fondamentale, come l’asilo nido.

Queste due situazioni possono verificarsi contemporaneamente solo in un Paese nel quale le istituzioni invece di badare esclusivamente all’amministrare nella ricerca dell’interesse comune, cercano, al contrario, il “consenso” e la collateralità di grandi elettori e di lobbies e, dunque, rinunciano alla funzione fondamentale del governare: scegliere, tra risorse limitate, quell’obiettivo e quel beneficio che risulti maggiormente utile per la popolazione amministrata.

Per anni, si è scelto di non scegliere e di destinare la spesa indifferenziatamente per tutto: dalle pensioni all’Alta Velocità, dalle sagre di paese al ponte sullo Stretto di Messina.

Il “no” che il Presidente del consiglio ha pronunciato alla richiesta che il Governo si facesse garante della candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020 è un esempio che va, per la prima volta, in direzione del tutto opposta alle inveterate abitudini.

Con risorse limitate non si può fare tutto, finanziare tutto. Il prezzo da pagare, oltre ai rischi di mala amministrazione, di appalti che finiscono in mano a cricche e tangentari o, nella migliore delle ipotesi, il cui prezzo triplica o decuplica, di creazione di cattedrali nel deserto, è l’incremento dell’indebitamento e l’attivazione di percorsi di spesa privi della basilare condizione: la certezza dell’ammontare.

In presenza di manovre economiche “lacrime e sangue” (comunque nulla rispetto a quanto è chiamata a decidere la Grecia), di tagli alle pensioni, di riforme dure per i lavoratori, di incrementi delle tasse, era giusto “scegliere” se investire ingenti risorse per le Olimpiadi, oppure risparmiarli e dedicarli ad altro?

La risposta l’ha fornita il Presidente del consiglio. Sarebbe importante che tutti gli altri amministratori pubblici, di qualsiasi livello, sapessero “scegliere” e dire i loro “no” alle loro piccole “olimpiadi” quotidiani.

Luigi Oliveri

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