Medici specializzandi: il cerchio si chiude

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La sentenza della Corte di Cassazione, terza sezione civile, n. 10185 del 27 maggio 2011 ha definitivamente risolto tutte le questioni sulla remunerazione dei medici specializzandi.

La questione è generalmente molto nota agli interessanti, quindi si può riassumere in poche battute.

Due direttive europee del 1975 e del 1976 avevano previsto un sistema di specializzazione post-laurea dei medici, che doveva essere seguito da tutti gli stati membri.

A fronte dell’impegno professionale richiesto ai medici, le direttive prescrivevano l’erogazione di una “adeguata remunerazione”.

Le direttive dovevano essere recepite dagli Stati membri entro il 1982, ma lo Stato italiano è rimasto inadempiente sino al 1991, quando emanò il decreto legislativo n. 251.

Da allora, sorse un vasto contenzioso da parte di quei medici, che avevano frequentato le scuole di specializzazione dopo il 1982 e non avevano ricevuto la “adeguata remunerazione”.

Un primo orientamento della giurisprudenza amministrativa aveva ritenuto che il diritto alla remunerazione, previsto dalle direttive, fosse sufficientemente specifico, tanto che gli interessati potevano azionarlo direttamente contro lo Stato.

In esecuzione di alcune sentenze del TAR Lazio, rese sulla questione, fu emanata la legge 370/1999.

Dopo un lungo itinerario, ed il confronto con la giurisprudenza comunitaria, la questione è stata fissata dalle Sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 9147/2009, la quale ha stabilito che:

– le direttive non attribuivano un diritto specifico, cioè non erano tra quelle cosiddette autoesecutive;

– il ritardo dello Stato italiano nell’attuazione delle direttive va qualificato antigiuridico alla stregua dell’ordinamento comunitario;

– tale ritardo dà diritto del danno al risarcimento a vantaggio dei medici specializzandi, di tipo contrattuale;

– la prescrizione del diritto è di dieci anni.

Restava da stabilire da quando decorresse questo termine di dieci anni.

Con la sentenza n. 10185 del 2011, la Corte di Cassazione ha stabilito che questo termine decorre dall’entrata in vigore della citata legge n. 370/1999, cioè dal 27 ottobre 1999.

Infatti, solo con quella legge lo Stato italiano ha regolato definitivamente la situazione dei “vecchi” specializzandi, cioè di quelli che avevano frequentato le scuole prima dell’entrata in vigore del nuovo sistema con il decreto legislativo n. 257/1991.

L’ha regolata in modo improprio e parziale, perché ha attribuito la remunerazione soltanto a coloro che avevano vinto determinati ricorsi al TAR Lazio, quindi non ha disposto per tutti i soggetti che ne avrebbero avuto titolo secondo le direttive comunitarie.

Il risultato finale è che gli interessati possono citare in giudizio lo Stato italiano (e per esso la Presidenza del Consiglio dei ministri) se hanno esercitato il loro diritto al risarcimento entro dieci anni dal 27 ottobre 1999, con qualsiasi mezzo: un ricorso, una citazione, una lettera raccomandata, purché sia stata chiara la loro intenzione di fare valere quel diritto.

Dario Sammartino

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