La Corte Europea condanna l’Italia a risarcire la Tv Europa 7

Redazione 08/06/12
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Si è conclusa la vicenda giudiziaria decennale che vedeva protagonisti Europa 7 e lo Stato italiano.

L’emittente televisiva nel 1999 aveva ottenuto la concessione legale a trasmettere su 3 frequenze per una copertura di circa l’80% del territorio nazionale, ma solo nel 2009 ha potuto iniziare a trasmettere, e su una sola frequenza.

Per questo, il rappresentante legale di Europa 7, Francescantonio Di Stefano, ha intrapreso un lungo percorso giudiziario, terminato in Italia nel 2009 con la sentenza del Consiglio di Stato che ha condannato l’Italia ad un risarcimento di 1 milione di euro e proseguito poi presso la Corte Europea.

Nell’estate 2009, infatti, l’emittente televisiva ha inoltrato ricorso alla Corte Europea dei diritti umani, lamentando la violazione degli articoli 10 (libertà di espressione e informazione) e 14 (interdizione della discriminazione) della Convenzione europea. Sosteneva di aver subito una limitazione al proprio diritto di comunicare, oltre che una discriminazione, e avanzava una richiesta di risarcimento pari a 2 miliardi di euro. Ad avviso della ricorrente il ritardo era stato causato da alcune norme transitorie che avevano prolungato l’uso di frequenze ad emittenti già esistenti.

I giudici del Lussemburgo, con la recentissima sentenza del 7 giugno, hanno accolto il ricorso condannando l’Italia a risarcire all’emittente televisiva, 10 milioni di euro a titolo di risarcimento per danni materiali e morali e 100 mila euro per le spese legali. A giudizio della Corte Europea “le autorità italiane non hanno rispettato l’obbligo prescritto dalla Convenzione europea dei diritti umani di mettere in atto un quadro legislativo e amministrativo per garantire l’effettivo pluralismo dei media”. Si legge nella sentenza, che Europa 7 avendo ottenuto la licenza nel 1999, avrebbe potuto trasmettere entro massimo due anni, ma, non ha potuto farlo perché “Le autorità hanno interferito con i suoi legittimi diritti, con la continua introduzione di leggi che ridimensionato hanno via via esteso il periodo in cui, le televisioni che già trasmettevano, potevano mantenere la titolarità di più frequenze”.

Dura condanna questa per l’Italia, colpevole di aver violato alcuni diritti fondamenti quali il diritto alla libertà d’espressione e d’informazione (articolo 10 della Convenzione) e la tutela della proprietà (articolo 1 del protocollo 1).

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