Si attendono sviluppi importanti in giornata, dopo le tensioni registrate anche nelle ultime ore sulla possibile questione di fiducia che il governo potrebbe mettere a protezione del provvedimento, allo scopo di portare a casa un’importante ma soffertissima vittoria.
Come noto, infatti, non mancano affatto le resistenze al Jobs Act, sia sul fronte sindacale che in quello prettamente politico. E non è certo un mistero che i mal di pancia più forti si siano avvertiti proprio all’interno del Partito democratico, dove la componente più vicina alla vecchia guardia Ds ha dimostrato di non poter digerire nuove modifiche all’articolo 18 e alla protezione dai licenziamenti illegittimi.
Nel frattempo, però, il presidente del Consiglio dovrà vedersela con le sigle sindacali, già sul piede di guerra sul tema dell’articolo 18, benché su di esso non abbiano saputo trovare una posizione unitaria. E mentre impazza la bufera sui licenziamenti, il governo cerca di sparigliare il campo con la proposta del riconoscimento di parte del Tfr in busta paga, altra proposta controversa che sicuramente non piacerà ai sindacati.
Il Jobs Act alla prova del voto
Da stamane, dunque, si inizia a fare sul serio al Senato, dove si è cercato di rinviare il più possibile la conta sui singoli emendamenti – specie quello presentato dal governo all’articolo 4, che rivede la normativa contrattuale – per trovare un compromesso con le anime più oltranziste.
Accordo che, al momento, non sembra però all’orizzonte, tanto è vero che ieri, al diffondersi di voci relative al possibile voto di fiducia sul Jobs Act, Stefano Fassina, della minoranza di dissidenti interni al Pd, ha annunciato “conseguenze politiche”.
Tutto ciò, è bene ricordarlo, nonostante nei giorni scorsi la direzione del Partito democratico abbia votato a larghissima maggioranza un documento che impegna gli esponenti del partito, in Parlamento e fuori, a difendere la posizione del governo sul Jobs Act.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento