Jobs Act e licenziamenti: a chi conviene il nuovo contratto

Redazione 06/03/15
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Il Jobs Act è pronto a entrare in vigore. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato i primi due decreti legislativi di attuazione della riforma del lavoro e, già oggi, è attesa la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Siamo dunque alle battute finali, almeno di una parte dell’intervento del governo sulla legislazione relativa ai contratti e agli ammortizzatori sociali. Sono questi, infatti, gli unici due provvedimenti che il Quirinale ha deciso di emanare, riservandosi, dunque, più tempo per l’esame degli altri due testi.

Sono quattro, si ricorderà, i decreti attuativi approvati nel Consiglio dei ministri dello scorso 20 febbraio, che sarebbero dovuti entrare in vigore lo scorso primo marzo, ma sono in ritardo sulla tabella di marcia.

I quattro testi riguardavano: la riforma dei contratti di lavoro, l’introduzione della Naspi e della Dis-Coll per i lavoratori precari, le novità su maternità e congedo parentale e abolizione del precariato nelle forme delle collaborazioni coordinate e continuative.

Per questi ultimi due provvedimenti, dunque, ci sarà da attendere qualche giorno in più. Ma ciò che conta, è l’imminente entrata in vigore del contratto a tutele crescenti e delle relative modalità di licenziamento, che vanno a rivedere l’articolo 18, quantomeno sul fronte dei licenziamenti disciplinari ed economici.

Vai al testo del decreto sugli ammortizzatori sociali

In proposito, gli esperti stanno stilando alcune simulazioni sugli effetti concreti della riforma per le casse delle aziende, le quali, a una prima occhiata, dovrebbero risultare le maggiori beneficiarie delle innovazioni, ma in realtà potrebbero pagare dei costi molto elevati per interrompere un rapporto di lavoro in presenza di giustificato motivo oggettivo.

Chi ci guadagna. A ottenere i maggiori vantaggi delle novità contenute nel Jobs Act saranno certamente le imprese di grosse dimensioni, le quali potranno evitare il reintegro del dipendente ritenuto non più all’altezza di svolgere le mansioni assegnate. IN aggiunta, le compagnie più estese vedono ridotta la misura delle indennità riconosciute ai licenziati.

Per chi si applica. Coinvolti nelle misure del Jobs Act, come noto, saranno tutti i lavoratori dipendenti assunti a partire dall’entrata in vigore del provvedimento e in particolare impiegati, operai e quadri. Esclusi i lavoratori domestici, gli sportivi, i lavoratori in prova, quelli in età pensionabile e, naturalmente, i dipendenti pubblici, per i quali il Jobs Act non ha efficacia.

Quando c’è reintegra. Esclusi i casi di licenziamento discriminatorio, il cui regime è rimasto immutato, viene stabilito come sia il lavoratore a dover dimostrare in giudizio l’errata valutazione del datore di lavoro nell’attribuzione del fatto materiale alla base dell’allontanamento. Se l’operazione riesce, allora il giudice dovrà decretare la reintegra immediata con attribuzione di indennità basata sull’ultima retribuzione, senza superare le 12 mensilità.

Quando c’è indennizzo. Per tutti gli altri casi, stante il limite minimo di tre anni di lavoro per l’ottenimento delle tutele crescenti, il lavoratore si vedrà corrispondere, in luogo del reintegro, un’indennità esente da contributi previdenziali che corrisponde a 2 mensilità dell’ultimo stipendio per anno di servizio, dal minimo di 4 al massimo di 24.

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