Sembra capovolta la situazione della riforma del lavoro di Renzi: meno di ventiquattro ore fa, il Jobs Act era alla commissione Lavoro di Montecitorio sommerso da una mole di oltre 500 emendamenti, presentati da forze disparate su vari argomenti, inclusi ovviamente anche l’articolo 18 e i licenziamenti.
Proprio il tasto dolente che ha incrinato i rapporti tra governo e sindacati, da un lato, e tra renziani e minoranza all’interno dello stesso Pd, sembra infine arrivato a soluzione dopo l’accordo stretto nella riunione che ha visto coinvolti i responsabili Pd in commissione Lavoro, guidati dal presidente ed ex ministro Cesare Damiano, con il responsabile Economia e Lavoro della segreteria Filippo Taddei.
Le ricostruzioni dell’incontro darebbero per concluso un accordo di massima sul cammino della riforma alla Camera, con alcune modifiche che verranno apportate sui licenziamenti e, soprattutto, l’accantonamento della questione di fiducia, che il governo non aveva escluso di replicare dopo il successo del Senato.
Cosa cambia per i lavoratori
L’accordo stretto tra le due anime del Partito democratico, dovrebbe costituire una base da cui intervenire in materia di licenziamenti, purché si mantenga in vigore la previsione del reintegro per i licenziamenti disciplinari, così come chiesto a gran voce nelle scorse settimane da Gianni Cuperlo, Pippo Civati e gli altri critici verso il Jobs Act.
In aggiunta, il governo si è impegnato a garantire il rientro in azienda per quei lavoratori che abbiano subito licenziamenti per motivi discriminatori, o ingiustificati per natura disciplinare, “previa qualificazione specifica nella fattispecie”.
QUI TUTTO SUI LICENZIAMENTI NEL JOBS ACT
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi si è sbilanciato, prevedendo l’approvazione del Jobs Act, senza voto di fiducia per mercoledì 26 novembre. Una scadenza che, comunque, essendo in arrivo modifiche al testo licenziato ni Senato, necessiterà di un ulteriore passaggio parlamentare per il via libera definitivo. Così, come auspicato dal presidente del Consiglio, “dal primo gennaio avremo chiarezza sulle regole del mercato del lavoro, minori costi per gli imprenditori, più soldi in busta paga per i lavoratori, una riduzione delle forme contrattuali. Non si tolgono diritti ma si riducono gli alibi”.
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